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Festival dei popoli

‘Hypermoon’, la malattia nel racconto di una vita

Passano i giorni, i mesi, gli anni e tutto si riconduce al momento in cui il domani è un'incognita che va oltre le mura di un ospedale, gli affetti e i ricordi per diventare un sogno disperso tra le stelle

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La regista svedese Mia Engberg narra se stessa e la storia della sua malattia attraverso le immagini di un documentario fatto di simboli e di racconti paralleli. Approdo finale della cosiddetta Belleville Trilogy, Hypermoon è una sintesi di voci del presente che allineano su di un unico fronte temporale fatti e suggestioni del passato e della propria memoria personale. Immune da ogni enfasi o ispirazione retorica, l’opera testimonia il ventaglio di sensazioni di cui si compone l’animo di una donna al cospetto della propria umanità. Presente nel sessanquattresimo fiorentino Festival dei Popoli , Hypermoon è prodotto da Story AB.

Hypermoon, la vita è adesso

Un unico atto sincronico carico di simbolismo, distillando il tempo della vita attraverso i ricordi: dell’infanzia, di quando ancora c’era un mondo da costruire, di Vincent, un amore francese pericoloso e mai dimenticato, di una donna capace di conquistare il cielo, la cosmonauta sovietica Valentina Tereskova, di un’amica persa nella stessa battaglia per la vita, della presenza dei propri figli. Tutto si concentra in una sintesi che è pensiero, immagini di repertorio, filmati amtoriali, il formato super 8 che tradisce e invecchia le cose del mondo, tratti indistinti di natura, di movimento, di luci, di volti. Panorami fermi nella loro indissolubile bellezza del dire, creando percezioni e infiniti mondi astratti, aspettando a piè fermo il verdetto che nelle carte del Destino è già stato scritto.

Non possiamo andare indietro, non possiamo cambiare il tempo

Mia Engberg

Il racconto off

L’indefinito è uno dei protagonisti di questo documentario intimo, narrato a bassa voce, lasciando molto spazio alle immagini che solo il presente sembra in grado di conformare in un prospetto nitido. Gli interni dell’ospedale interrompono i voli pindarici, le trasfigurazioni del reale, i fuorifuoco, le scie, il dialogo con il passato, le telefonate tra Mia e Vincent, le storie di famiglia; è la rincorsa verso una meta che, fuori dalle pareti aride di quel luogo di dolore e forse di salvezza, resta pur sempre avvolta da un indeterminato immaginario di un futuro ancora possibile. L’amalgama visivo, costantemente imbastito dalle voci off, si condensa e si struttura nell’apparizione diegetica dei figli, il tramite tangibile con la quotidianità del tempo.

Lo Spazio

Lo Spazio incommensurabile è una dimensione di apparente assoluta libertà e declinazione del corpo, rivelato dalla sua totale commistione con l’universo. Valentina Tereskova è una delle protagoniste di un racconto  sempre sull’orlo di un precipizio di là a venire. La figura di questa cosmonauta, la prima donna in assoluto in grado di infrangere le colonne d’Ercole dell’inesplorato, trasmette la consistenza di una volontà ferrea a fronte di una sfida ricca di insidie e di imprevisti. Non si lotta contro il Destino ma lo si accetta piegando le ali per lasciarne defluire l’impeto, cercando, in qualche modo, di governarne le suggestioni. La Engberg cristalizza nel passato la figura della Tereskova e ne annulla il presente e il futuro, compreso in una realtà assolutamente conformista e di regime. Il primo piano è concentrato sulla semplicità dell’essere e si astiene dal giudizio della Storia.

Ogni anima è una melodia che si sforza di rinnovarsi

Stephane Mallarmé

 

L’idea

Più che cinema afasico, teso a far recedere la parola per dare spazio preminente al ruolo espressivo del suono ambiente e dei rumori, Hypermoon rappresenta il tentativo riuscito di coniugare il mondo dei segni iconici con quello dei segni convenzionali. Un esperimento che deve molto al montaggio della stessa Engberg, efficace nella sua sensibilità artistica tale da combinare il reale, l’immaginario e l’artefatto in un unico irreprensibile significato: la vita. Un modello narrativo che non può prescindere dall’elogio per il lavoro svolto dalla fotografia di Milja Rossi e dall’applicazione del colorist Axel Rundquist, alfieri di una tecnica indispensabile per la riuscita dell’idea .

 

 

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  • Anno: 2023
  • Durata: 78 minuti
  • Distribuzione: Tri Art Film
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Svezia
  • Regia: Mia Engberg