Striscia di Gaza, 6 gennaio 2009: un razzo israeliano colpisce una scuola Onu adibita a rifugio per civili, facendo 40 morti e 50 feriti. È l’operazione “Piombo fuso”, che dal 27 dicembre 2008 le forze armate israeliane conducono a Gaza, con l’intento di “colpire duramente l’amministrazione di Hamas”.
Lo stesso giorno in cui Tsahal bombarda l’Onu, Stefano Savona (1969) riesce ad entrare nella Striscia – fino ad allora off limits per tutti – con la sua piccola telecamera. E incontra, tra le macerie, bambini che sembrano anziani, donne in lacrime, predicatori e padri di famiglia: tutto con sullo sfondo bracieri e lampadari, muri portanti e divani lacerati, galline, pecore e tanto cielo. Lo stesso nel quale i militanti di Hamas credono di accompagnare i “martiri” caduti per mano israeliana, lo stesso che i soldati dell’esercito di Tel Aviv pensano accompagni ogni loro bombardamento. Il cielo e la guerra.
Savona è un filmaker esperto, puntiglioso. A volte troppo. Indugia spesso su immagini quasi fisse, su deserti di macerie che rendono bene l’idea anche se inquadrate per poco. Meglio quando il viaggio attraverso i palazzi distrutti ha come guida un piccolo palestinese, che mostra al regista le abitazioni distrutte come se fossero le attrazioni cittadine. La guerra in Palestina si chiama vita quotidiana: Savona riprende abilmente la disperazione fredda di una famiglia che piange il figlio dodicenne mentre un medico fa i calcoli tra morti, feriti e “quasi-morti”. Un abisso dove la violenza ideologica mette salde radici, durevoli.
Gaetano Veninata