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Anniversari

Robert Siodmak, 50 anni dalla scomparsa del grande regista noir

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Robert Siodmak

Robert Siodmak, scomparso il 10 marzo del 1973, è stato uno dei più importanti registi che ha caratterizzato l’epoca d’oro del noir americano.

Nato a Dresda, l’8 agosto 1900, di origine ebraica, fratello maggiore del regista Curt, Robert Siodmak diresse qualche regia teatrale e numerose pellicole, a partire dal 1930. Dopo l’avvento del nazismo, fu costretto a trasferirsi in Francia, dove firmò due pellicole: La crise est finie (1934) e Pieges (1939). Volò poi in America dove diresse alcuni capolavori del cinema noir.

Quali le caratteristiche dei film noir?

Il noir nacque in America negli Anni Quaranta ed anche se la sua produzione durò meno di due decenni, il suo stile innovativo influenzò profondamente la cinematografia successiva fino a dar vita ad un nuovo filone etichettato come “post-noir”.

Come affermò, spiritosamente, lo scrittore Daniel Fuchs:

 “Come sia nato il noir lo sa solo Dio. Doveva essere nell’aria, forse la politica, forse per via di Hemingway, di Hammett, di Chandler. Ci siamo nutriti di loro, come dell’esistenzialismo.” 

Al di là degli influssi provenienti dal cinema espressionista tedesco, dal realismo sovietico, dal neorealismo italiano,  il successo del noir sia legato all’uso raffinato del bianco e nero, al magistrale contrasto di luce-ombra, agli spericolati tagli obliqui delle luci, alla sofisticata illuminazione “a bassa definizione” e a due artifici stilistici: la voce fuori campo (espediente narrativo che rimanda lo spettatore a qualcosa d’invisibile che non si può catturare con lo sguardo) e all’uso del flash-back (gli eventi passati irrompano all’improvviso nella storia spezzando la linearità della narrazione).

Il cinema hollywoodiano e la scoperta dell’inconscio

Questa particolare attenzione dei registi e degli sceneggiatori allo scavo psicologico dei protagonisti non era affatto casuale ed era la conseguente del massiccio esodo di psicoanalisti ebrei (Freud, Fenichel, Simmel, Rapaport, Hartmann, Rado, Federn) e di registi e sceneggiatori (oltre a Robert Siodmak, Fritz Lang, Ernst Lubitsch, Billy Wilder, Otto Preminger) che si erano rifugiati negli Stati Uniti dopo l’avvento del nazismo.

La psicoanalisi con la sua attenzione alle zone d’ombra dell’inconscio, con il suo ossessivo interesse per un passato rimosso e dimenticato fornì a registi e sceneggiatori hollywoodiani l’ispirazione per decine di trame.  Non c’è noir, infatti, la cui ambientazione non ci ricordi che la notte è il luogo popolato da sogni, da incubi e da ossessioni.

Al di là delle atmosfere oniroidi, i “noir” mostrano sullo schermo dei personaggi che vagano, nella notte, incerti, come ombre. Disorientati e confusi in un mondo violento e corrotto che non possono accettare, i personaggi dei noir si aggirano di notte tra strade poco illuminate cercando di liberarsi da un passato che vorrebbero dimenticare, ma dal quale non è possibile sfuggire. Al fianco del tema del tema del doppio, altre icone simbolo del noir sono i dipinti, che ritraggono i volti inquieti delle protagoniste, e gli specchi, che rinviano i personaggi costantemente alla realtà ed alla sua vanificazione.

I capolavori di Robert Siodmak: Lo specchio scuro (1946)

Olivia de Havilland ne Lo specchio scuro

Lo specchio scuro

(Nella foto Olivia de Havilland ne Lo specchio scuro, nel doppio ruolo di Ruth e Terry)

Tratto da un racconto di  Vladimir Porner, nelle prima battute mostra un medico pugnalato al cuore. Diversi testimoni individuano nella signorina Collins (Olivia de Havilland) l’artefice del delitto. Ma quale delle due gemelle Collins è realmente l’assassina: Ruth o Terry? Data l’estrema somiglianza delle due, nessuno è in grado di distinguere l’una dall’altra. Il giudice non può incriminare per lo stesso delitto due persone e le gemelle sono rilasciate. Uno psichiatra, il dottor Scott Elliott (Lew Ayres), esperto della psicologia dei gemelli, propone loro di sottoporle, per fini scientifici e di ricerca, a una batteria di test psicologici. Al termine della valutazione il dottor Scott formula la diagnosi: Ruth è una ragazza semplice e buona; Terry, perfida ed astuta, e da sempre gelosa della gemella, è la responsabile del delitto. Sul finale del film, l’astuto psichiatra, che nel frattempo si è innamorato di Ruth, complice il tenente Stevenson, per costringere Terry a confessare, simula il suicidio di Ruth. Allora che la gemella “cattiva”, dopo aver dichiarato che Terry era la responsabile del delitto, confessa d’essere Ruth. Smascherata, sarà arrestata.

E’ dello stesso anno La scala a chiocciola

 

La Scala a Chiocciola - 500 Film da vedere prima di morire - Recensione

(Nella foto Dorothy McGuire ne La scala a chiocciola)

1906. New England. Una donna (zoppa) è assassinata. Mentre le indagini seguono il loro corso, si scopre che il serial killer sceglie come vittime ragazze affette da infermità fisiche. Helen (Dorothy McGuire) è una ragazza muta e fa da governante ad una vecchia aristocratica signora che, vive in casa i suoi due figli: Stephan e Warren (George Brent). Il giovane Perry (medico curante della signora) è intenerito dalla condizione di Helen e cerca in tutti modi di scuoterla. Nel frattempo l’atmosfera in casa si fa sempre più minacciosa ed una notte, Bianca, la fidanzata di Stephan é trovata morta. Helen vuole chiedere aiuto e va all’apparecchio telefonico per contattare il dottor Perry, ma non riesce (naturalmente) ad emettere alcun suono. Nel corso della narrazione si scopre che il professor Warren è il responsabile degli efferati delitti. L’uomo, incapace di controllare i propri istinti omicidi ed è in preda alle allucinazioni deliranti. Helen cerca di trovare una via di fuga ma é salvata dall’anziana signora che uccide suo figlio.

Tratto dal romanzo “Some Must Watch” di Ethel Lina White, La scala a chiocciola è un film più d’atmosfera che di contenuto. Siodmak, con un bianco e nero da antologia, gioca stilisticamente non solo sul contrasto luce/ombra ma riesce a dar forma (con gli artifici e le distorsioni ottiche) alle immagini deliranti del protagonista. Il regista rispettando gli stilemi del “giallo”, mette l’omicida sullo sfondo, facendolo esplodere nel finale del film, in tutta la sua follia. Si scoprirà, solo allora che Warren, ossessionato dalle imperfezioni della propria mente, uccide le creature disabili che incontra nel suo cammino.. Conta uno sciatto remake Delitto in silenzio  diretto nel 1975 da Peter Collinson con Jacqueline Bisset.

Gli altri film di Robert Siodmak

Dopo il pregevole La donna fantasma (1943), Robert Siodmak ottenne con I gangsters, interpretato da Burt Lancaster e Ava Gardner, girato sempre nel 1946, la sua unica candidatura all’Oscar.

Dopo alcune pellicole di scarso successo, Robert Siodmak diresse nuovamente Lancaster ne Il corsaro dell’isola verde (1952). Ritornato in Europa, fu premiato con l’Orso d’oro al Festival Internazionale del cinema di Berlino per il film I topi (1955) e ottenne nel 1958 la nomination agli Oscar per il miglior film straniero per Ordine segreto del III Reich.