“Ascolta, se questo mestiere lo vuoi fare sul serio, una cosa la devi imparare, subito. E’ la giusta distanza, la misura che devi sempre tenere tra te che scrivi e le persone coinvolte nei fatti. Non troppo lontano, se no non c’è più pathos, ma neanche troppo vicino, porca bestia, perché se il giornalista si perde nell’emozione, è fritto.”
Era questo il consiglio che, nel toccante film “La giusta distanza” di Carlo Mazzacurati (2017), il navigato Bencivenga (Fabrizio Bentivoglio) fornisce a Giovanni, giovane aspirante giornalista.
Ed è proprio la “giusta distanza” la marca di riconoscimento di Andrea Purgatori, scomparso oggi, dopo una malattia fulminante. Saggista, autore e conduttore Rai, inviato per anni de “Il Corriere della sera”, ha sempre declinato, nella maniera più alta, la “missione” del giornalista d’inchiesta, e, invece di andare a caccia di facili scoop che avrebbero reso felici gli editori delle italiche riviste di pettegolezzi, ha speso la vita a far luce su alcuni dei misteri più oscuri del Bel Paese. Su tutti la strage di Ustica, il maledetto incidente aereo avvenuto il 27 giugno 1980 nei cieli nostrani, che costò la vita a ottantuno persone. Lo stesso Cossiga denunciò che l’aereo precipitò per un missile francese lanciato contro un aereo libico sul quale sembra viaggiasse Gheddafi. A distanza di anni, come per le altri stragi nostrane, dopo depistaggi e insabbiamenti, la verità non è ancora venuta alla luce.
Fu lo stesso Purgatori che sceneggiò con Stefano Rulli e Sandro Petraglia, (conquistando un Nastro d’argento), “Il muro di gomma”, per la regia di Marco Risi, (1991), interpretato da Angela Finocchiaro, Ivano Marescotti, film – denuncia su quella tragica vicenda. Risi, quasi per gioco, volle che comparisse anche in un piccolo cameo.
Se dovessi prendere a prestito un giornalista comparso sul grande schermo, più che Bob Wooward (Robert Redford) e a Carl Bernstein (Dustin Hoffman) di “Tutti gli uomini del presidente”, diretto da Alan J. Pakula, eroi del Watergate, penso a quei personaggi che hanno lavorato per lo più nell’ombra, lontano dai riflettori come Loughlin, personaggio di “Capricorn one” di Peter Hyams (1977) caporedattore pignolo, che passava ore e ore a controllare i fatti legati concreti a guerre, processi, inchieste.
In veste di sceneggiatore Purgatori ha annoverato altre collaborazioni: Marco Risi (“Nel continente nero”, “Cha cha cha”); Marcello Avallone (“Spettri” “Maya”,”Panama sugar”, “Last cut Ultimo taglio”); Alessandro Di Robilant (“Il giudice ragazzino”, film sull’assassinio del giudice siciliano Rosario Livantino e per il quale fu premiato come miglior sceneggiatura ai Globi d’oro); Carlo Verdone (“Posti in piedi in Paradiso”, “L’abbiamo fatta grossa”), nei quali compare anche in veste d’attore. A ben vedere, forse il film che lo lega, anche professionalmente, al cinema è “Fortapasc”, per la regia di Marco Risi, che narra la vile uccisione di Giancarlo Siani, interpretato da un magico Libero De Rienzo. giovane cronista napoletano ucciso dalla camorra.
Fortapash di Marco Risi con Libero de Rienzo
Con la sua scomparsa Purgatori lascia un vuoto enorme non solo nel giornalismo cosiddetto “d’assalto”, ma soprattutto, nel sempre più povero mondo culturale italiano. Spirito libero, ha ficcato il naso, come nessun altro, nei legami tra politica e mafia. “Una stampa libera è l’unica difesa contro la tirannia della stupidità.”, proclamava uno dei protagonisti de film “Star system.
Se non ci sei non esisti” di Robert B, Weide (2008). Buon viaggio, dunque, a uno degli ultimi “barricadieri” rimasti in circolazione.