‘GIRLS 6’ La recensione del disagio di una generazione
Le ragazze sono cresciute. Su Sky il finale dell’iconico dramedy con protagonista Lena Dunham. L’irrimediabile Hannah ha trovato il suo posto nel mondo. Insieme a lei, l’affresco disturbante sui millennials americani
La serie HBO, con protagonista Lena Dunham, trova il suo cerchio conclusivo con la sesta stagione, disponibile da noi su Sky. Prodotta da Judd Apatow e da Lena Dunham, quest’ultima nella tripla veste di sceneggiatrice, interprete principale e regista. Direzione che spesso condivide con Richard Shepard. Nel cast troviamo interpreti diventati poi star a tutto tondo come Adam Driver e Allison Williams. Inoltre, Jemima Kirke, Zosia Mamet e Jake Lacy.
GIRLS 6 – IL TRAILER
Diventare Madre?
Hannah, dopo l’inaspettato successo di un suo articolo sulla relazione tra Adam e Jessa pubblicato sul New York Times, si trova negli Hamptons per scrivere un altro pezzo su un lussuoso surf camp femminile. La vita di Hannah viene scombussolata dall’imprevisto di una gravidanza con l’istruttore di sci nautico Paul Louis. Da qui in poi Hannah, dopo aver deciso di tenere il bambino, cercherà di capire con chi farlo crescere. Escludendo l’amico di sempre, Elijah, la prossima nuova mamma cerca di convincersi a dare una conclusione felice alla sua eterna love story con Adam.
Quest’ultimo infatti è pronto a lasciare Jessa per Hannah , con la ragazza pronta a dimenticare il tradimento avvenuto qualche anno prima dopo il suo ritorno dall’Iowa. Ma dopo aver comprato biberon e pannolini, entrambi si accorgono che non è il finale che vogliono. Intanto, il rapporto travagliato tra Hannah e le amiche Jessa, Marnie e Shoshanna arriva al punto di rottura definitivo: chi più e chi meno capisce che il proprio legame è ormai spezzato e irrecuperabile. Hannah alla fine decide di far crescere il suo bambino da sola insieme alla madre e nella coabitazione forzata con Marnie.
L’affresco generazionale sulla serialità
É difficile e complesso spiegare cosa ha rappresentato Girls fin dal lontano esordio estivo del 2012. Due sono probabilmente le parole che rappresentano meglio la serie creata dalla Dunham. Anticipatrice e Provocatoria. Girls ha anticipato tanti temi sul realismo generazionale dei millennials e dei loro tabù, stilemi e modi di fare a cui oggi siamo abituati nelle innumerevoli rappresentazioni in tv, ma che per i canoni dell’epoca costituivano indubbiamente un folle azzardo. Perché Girls, pur avendo nella struttura il modello di Sex And the City e Gossip Girl, rifuggiva da una immedesimazione plastica e fittizia dei giovani americani. E lo faceva innegabilmente con una dose massiccia di provocazione. Il linguaggio al limite dello scurrile e le scene di sesso oltre la misura erano solo il contorno di un messaggio più grande: rappresentare il travaglio dei millennials.
Il disagio di una generazione
Perché infatti la Dunham, costola com’era dell’avanguardia cinematografica del Mumblecore, attraverso l’instabilità sua e dei suoi co-protagonisti, ha sottolineato un disagio di una generazione allo sbando. Tra eccessi e speranze che facilmente si scontravano con la crudità precaria del sogno/incubo americano. Ma Girls e Dunham sono anche stati fortemente anticipatori soprattutto di un’immagine femminile che prima di allora era impensabile in una serie tv.
Il personaggio di Hannah passava nuda tra una stanza e l’altra non avendo paura di mostrare le sue forme e sottolineando, certo nella propria irruenza, problematiche da sempre attuali per la crescita di una donna e il suo rapporto col sesso. Ciò a partire dalle malattie veneree e finanche a quelle croniche di cui soffre la stessa Dunham. Un debito enorme che l’intera serialità nel campo del dramedy e della black comedy deve al lavoro fatto da Girls, e senza il quale probabilmente non avremmo serie come Fleabag e Russian Doll.
Hannah è cresciuta
Uno dei limiti evidenti della sesta stagione è aver cercato di non procedere per gradi ma di velocizzare la maturazione del personaggio di Hannah. La serie in effetti passa dalla sboccata protagonista festaiola e menefreghista verso tutti e tutti, ad una elevata consapevolezza del suo vissuto. Di certo ciò avviene per la maternità con cui si è decisa di far evolvere definitivamente il personaggio, ma non si può non notare come ci sia qualcosa che non va.
Quadra tutto cioè nel tentativo di sbloccare un personaggio a cui sembrava non importare nulla, passando dall’eterno Adam al timido romanticone Fran, così come litigava con Jessa. La maturazione era necessaria ma forse non così repentina. Sin dalle prime scene della stagione finale e già da prima che Hannah rimanga incinta, si avverte questa serietà massiccia che avvolge l’alter-ego della Dunham. Come se fosse già dentro di lei la voglia di crescere e di un cambiamento, a prescindere dalla maternità. Una drastica evoluzione che rende il personaggio della Dunham cupo e quasi depresso.
In cerca di un finale maturo
L’Hannah/Dunham in tutti i dieci episodi è continuamente in cerca di un partner con cui condividere la responsabilità del bambino. E lo fa cercando di chiudere varie storyline rimaste fin troppo aperte nel cammino di Girls. L’obiettivo della Dunham è concludere con l’autonomia della donna, e lo sottolinea con piccoli indizi dall’inizio per come rigetta ogni aiuto che le viene dato. Ma per arrivare all’emancipazione femminista nella sua totalità, la Dunham deve convincere anche Hannah a bastarsi da sola. Non va dimenticato che la maschera della Horvath , cinica e dissacrante, ha sempre celato a fatica il suo bisogno profondo di essere amata e di essere felice, evidenziando questa crepa tra le due Hannah già nella seconda stagione in quello straordinario episodio stand-alone che era One Man’s Trash.
Di certo il ricongiungimento con Adam sembrava il lieto fine perfetto. I due nel corso delle sei stagioni hanno dato forma all’amore folle, disperato, pieno di tradimenti anche insensati, distacchi sconclusionati in linea con i due protagonisti, ma per i quali era sempre viva l’opzione dell’eterno ritorno. La maternità di Hannah fa scattare la consapevolezza di non aver mai dimenticato , da parte di Adam. Quell’amore nato come sfizio sessuale e poi sfociato in un amore, di certo altalenante e rissoso, ma molto vicino a far sentire l’anima gemella l’uno per l’altro. Giocano quindi in un intero episodio a farsi andare bene il loro ruolo genitoriale.
Fermi ad una tavola calda a mangiare, Adam e Hannah scherzano, ridono, fanno progetti per il futuro, pensano addirittura alla culla per il loro bambino. Ma Girls non è mai stata una rom-com tra i due, anche se in certe stagioni poteva essere così. Girls è Hannah e il suo lungo viaggio nell’essere felice a suo modo. In una delle performance attoriali migliori dell’intera serie Hbo, la Dunham guarda fisso Driver e incomincia a piangere non distogliendo mai lo sguardo dal suo volto. Piange anche Driver/Adam: entrambi tornano alla realtà e al loro sogno irrealizzabile appena sfiorato.
Hannah, Marnie, Jessa e Shosh
E se Girls non è mai stato una love story tra Dunham e Driver, è invece stata una lunga storia di amicizia tra le ragazze di Manhattan. Tant’è che Goodbye Tour, il penultimo episodio, ne rappresenta forse il vero finale. Tutte le quattro amiche, comprese Jessa e Hannah che sono ai ferri corti, vengono riunite per l’improvviso fidanzamento di Shosh da cui nasce un definitivo confronto nel bagno della casa. È anche l’occasione per la Dunham per fare un resoconto involutivo sulle sue compagne di viaggio e il rapporto che Hannah ha sviluppato in questi anni con ognuna di loro.
Le quattro amiche tirano le somme di cosa non sono diventate, e di come la loro amicizia si sia scontrata con quattro personalità ormai lontane e apatiche. Manhattan ha nutrito, mangiato, e consumato la loro illusione di un legame di amicizia ormai dissoltosi completamente. La Dunham suggerisce allo spettatore un sottotesto riflessivo su cosa intendono i millennials come legami. Sembra volerci dire come le relazioni vengano alla fine soffocate dalla nostra individualità spietata e crudele. Un vero è proprio pugno allo stomaco nel vero stile di Girls.
Voglio essere Mamma
La Dunham, nel finale, quello vero, descrive la coabitazione forzata con Marnie, riprendendo la scena iniziale del pilot e ribaltandola. È ora Marnie che ha bisogno di Hannah per dare un senso alla sua vita ed è il personaggio della Dunham a scacciarla facendo in modo che si renda conto, anche e soprattutto attraverso la madre della protagonista, che non è questa la vita che vuole, suggerendole di lasciare Hannah con le sue responsabilità.
La Horvarth in realtà questo bambino sembra non volerlo, non è ancora pronta a lasciare l’Hannah menefreghista ed egocentrica per accudire un’altra vita che sembra respingerla e per la quale non sente vicinanza. Scappa nuda per le strade della villetta fuori Manhattan in cerca di qualche risposta e di qualche legame con la sua creatura. Lo trova tornando in casa e nella cameretta del bambino. Cullandolo sente tutto il suo essere madre e l’inizio di un attaccamento che verrà col tempo, seppur tra le mille difficoltà.
Una conclusione un po’ forzata
Una season finale sottotono con una chiusura del cerchio un po’ forzata. In effetti la Dunham/Hannah sembra aver esaurito tutta quella spigliatezza che ne aveva decretato la fortuna e tutta quell’immediatezza di scrittura che già barcollava da un po’ di stagioni. Il problema di Girls è sempre stato questa tendenza ad essere una sitcom e un dramedy d’autore e, nel contempo, la voglia di non essere Friends ma di esserlo nella sua versione grezza.
Nella sua conclusione altalenante, però, Girls ha saputo dare voce a una generazione. Una voce quella, della Dunham, seppur imperfetta e con toni alti e medi, che ha saputo dipingere i millennials interrotti e la loro voglia di ricominciare.
I due registi Fabio e Damiano D’Innocenzo raccontano della loro nuova miniserie ‘Dostoevskij’
Scrivere in una rivista di cinema. Il tuo momento é adesso!
Candidati per provare a entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi drivers