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IFF Integrazione Film Festival

‘My Dear’ di Aragon Yao la recensione

Il documentario sullo stesso Yao è all'Integrazione Film Festival di Bergamo e racconta con uno speciale tocco la storia di Yao che tenta di affermarsi con la sua personalità in un posto molto lontano dalla sua Cina

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My Dear

Alla diciassettesima edizione dell’Integrazione Film Festival, a Bergamo dal 9 al 14 maggio, My Dear, un documentario diretto da Aragon Yao. Il film è prodotto da Filmes do Gajo e distribuito da Gonella Productions. La sceneggiatura è dello stesso regista.

Il film è stato premiato al San Francisco International Film Festival, nel 2022.

Un film delicato e intimo sul mondo interiore di un cinese in Europa.

My Dear la trama

Il documentario racconta la storia di Aragon che si trova in Europa con un visto da studente e deve decidere del suo futuro tra la Cina, dove ci sono la sua famiglia tradizionalista e il suo ragazzo, e l’Europa aperta e plurale, ma con le difficoltà che gli impediscono di trovare un lavoro soddisfacente. Così la sua personalità cerca di venire fuori ed esprimersi attraverso i vestiti di una drag queen e nelle forme di una performance da palco che però sono tutti da imparare, come crede lui, o da cercare dentro di sé, come il suo mentore prova a fargli capire.

My Dear

La ricerca di sé nel mondo e l’affermazione di sé nel mondo sono gli assi portanti di questo documentario. Documentario che diventa esso stesso strumento di cui si serve Aragon per trovare, forse, alla fine, se stesso. Nel corso del film Aragon parla del documentario che sta girando e che lo spettatore guarda. In questo modo crea un discorso metacinematografico interessante e stratifica la narrazione in livelli multipli di lettura e di intrecci narrativi. Lo spettatore può addirittura scegliere dove posizionarsi rispetto a questo film.

L’aspetto di trama è molto presente e comprensibile, ma gli aspetti secondari che lascia emergere sono altrettanto plastici.

My Dear inizia con il nero e una voce over. È il primo momento in cui si entra in contatto con l’interiorità del protagonista benché in forma di finzione. Questo è un altro dei multipli livelli stratificati dal film: la mescolanza tra finzione e documentario è un connubio interessante, benché avrebbe funzionato perfettamente anche il solo documentario. In questo discorso si inseriscono degli intermezzi realizzati nella forma di burattini di carta o ombre cinesi in cui emergono tutti gli aspetti della backstory del protagonista: paure, aspettative, sogni e pregiudizi.

La regia e il linguaggio di espressione di Aragon

Da quel nero emerge subito Aragon con la macchina da presa che gli sta davvero vicino, ce lo porta in primo piano e possiamo subito prendere confidenza con la sua interiorità. È tanto vicino a noi quanto lontano dalla Cina e dalla sua famiglia che sogna un nipote da accudire e un “uomo vero” in casa.

My Dear

Qui si inserisce un ulteriore stratificazione di My Dear: il livello del conflitto tra il ritorno in Cina o stare in Europa; il conflitto famiglia tradizionale o relazione omosessuale. Aragon è stretto tra queste due pareti e non riesce a emergere. Timidamente si affaccia il suo reale desiderio che quasi nessuno, nemmeno chi gli sta più vicino riesce a capire fino in fondo: lui vuole essere una drag queen e esibirsi nei club. Questo aspetto è presentato in maniera estremamente delicata e toccante. Aragon mostra un modo di esprimere la propria identità mai eccessivo, sempre delicato e tenero. Mostra anche un po’ di sana ingenuità, Aragon, quando è lì ad ascoltare le indicazioni del suo mentore che prova con più decisione a tirare fuori la sua anima.

Un aspetto interessante è quello dell’uso della musica fatto nel documentario. L’aspetto musicale si apprezza proprio nelle immagini dei club dove ci sono le performance artistiche. La musica parte, o pare, sempre diegetica e poi si scolla completamente dalle immagini che iniziano a essere mostrate al rallentatore. Si crea un doppio binario in cui lo spettatore si muove e cerca di stare in equilibrio.

Un ultimo aspetto vale la pena segnalare in My Dear: la lunga scena della videochiamata tra Aragon e il suo ragazzo. Non solo per i contenuti narrativi legati alla storia principale, ma anche per la scelta stilistica di mostrare le immagini tratte dal computer attraverso il quale avviene la videochiamata. Quasi un tentativo di avvicinarsi all’idea del desktop documentary che è per lo più realizzato in proprio e fa uso interamente di immagini tratte dai dispositivi digitali.

Conclusione

My Dear ci mostra un uomo diventare uomo, anche se in modo diverso da quello che intende suo padre, e lo fa orgogliosamente e deciso, senza mai essere dirompente, ma al contrario con molta delicatezza. La necessità di emergere con il proprio orientamento sessuale da una famiglia tradizionale può risultare non nuovo, ma la tenerezza che tira fuori Aragon dalla sua esperienza privata è ammirevole e commovente.

 

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  • Anno: 2022
  • Durata: 60'
  • Distribuzione: Gonella Productions
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Portogallo
  • Regia: Aragon Yao