American Horror Story NYC: la recensione della nuova stagione
Un misterioso killer si aggira nei locali gay della New York degli anni Ottanta: la polizia non si occupa del caso, mentre una virologa scopre un misterioso virus che si sta diffondendo dai cervi...
American Horror Story: NYC è la nuova stagione dell’antologica di Ryan Murphy e Brad Falchuck, disponibile dal 28 dicembre 2022 su Disney Plus con i primi tre episodi, ed in seguito con un episodio ogni mercoledì’.
La Trama
Patrick Read (Russel Tovey) è un detective della polizia di New York non dichiarato che vive con Gino Barelli (Joe Mantello), reporter del Native dichiaratamente gay e vicino alla comunità: la sua strada si incrocia con quella di Adam (Charlie Carver), un ragazzo il cui coinquilino gay è scomparso dopo una cruising nel parco di notte, uno dei luoghi di ritrovo per chi non voleva far sapere le proprie preferenze sessuali.
Un killer travestito da sadomaso e soprannominato Big Daddy sembra stia facendo strage di omosessuali, mentre qualcun altro sta lentamente mettendo in atto un piano che coinvolge i gay. Per ultimo, una dottoressa (Billie Lourd) ha scoperto un misterioso e rarissimo virus che si sta diffondendo nella comunità a New York, e incrocia le sua informazioni con quelle di Fran (Sandra Bernhard) circa una malattia creata in laboratorio dal governo e un progetto militare (l’operazione paperclip, realmente esistita negli anni ’50).
La Recensione
La creatura più longeva e culturalmente influente di Ryan Murphy è sicuramente American Horror Story, la serie antologica dell’orrore nata nel 2011 che conta, ad oggi, undici stagioni, due spin-off e una marea di imitatori.
Cosa ancora più evidente nel cugino, American Crime Story, che con sole tre stagioni ha già lasciato un segno nell’immaginario dell’audiovisivo ma soprattutto ha saputo mostrare la violenza connaturata all’evoluzione storica e sociale degli Stati Uniti.
Murphy lo sa bene, e con AHS: NYC fa confluire l’una serie nell’altra con un colpo di classe non indifferente: tra chirurghi estetici, scuole piene di lustrini e orrore, l’autore è in continua evoluzione, rendendo la sua poetica sempre più densa e significativa, sottolineando le sue caratteristiche e rendendole ancora più marcate, conscio della valenza delle sue immagini.
Prende allora l’America puritana e in preda all’isteria di massa proprio quando viene fulminata dall’AIDS degli anni ’80 e vi innesta la paura strisciante, conturbante e inquieta del Rubber Man della prima stagione di AHS: quello che esce fuori è questo NYC, storia di un killer di omosessuali che trova le sue vittime nei bar gay di un paese in preda ad una crisi d’identità furiosa.
American Horror Story indaga sul rimosso dell’America tra orrori sociali e stragi culturali
Ma se cronologicamente la collocazione temporale è lontana da noi ben quarant’anni, dal punto di vista sociale la narrazione potrebbe venire da un qualsiasi quotidiano di oggi: perché la follia omofoba è viva oggi più che mai, ed è per questo che Falchuck e Murphy sanno che è ora di smettere le maschere e andare dritti al punto.
AHS:NYC – Pictured: Billie Lourde as Hannah . CR: Pari Dukovic/FX
Niente metafore questa volta, ma un giallo a tinte foschissime che mette in scena quello che li riguarda, e tra omosessualità e arte costruiscono la solita storia a più livelli che rinuncia alla patina luccicante per abbandonarsi a strade inquietanti e pulsioni irrefrenabili.
Il bello è che l’incrocio di AHS e ACS non si limita alla tematica, ma coinvolge anche l’apparato tecnico: scenografie, luci e fotografia seguono le linee parallele e convergenti delle diverse storyline, diversificando e appassionando, e sono allora diverse le piste a cui fare attenzione per un’insolita varietà di stili che restituisce un prodotto ancora più stratificato.
La speranza è che ovviamente gli episodi dopo il terzo continuino su questa strada luminosa: perché è stata una delusione la mousse sgonfiata AHS: Double Feature, che è partita a razzo ed è arrivata al traguardo senza fiato.
E perché abbiamo oggi più che mai bisogno delle sferzate di Murphy e soci: per specchiarci nelle loro storie, vergognarci delle nostre intolleranze, e sperare che giorno dopo giorno tutti possano capire sempre un po’ di più.
Di seguito, la sigla, ormai marchio di fabbrica della serie: