Sul portale per cinefili Mubi, da qualche settimana è possibile recuperare o rivedere Il vestito da sposa, ovvero il film della maturità della brava regista Fiorella Infascelli, dopo l’esordio in costume ne La maschera (1988), e il semi-autobiografico Zuppa di pesce (1991).
La sposa era bellissima
La venticinquenne Stella sta per sposarsi con Andrea e, felice e galvanizzata dal vicino evento, si reca nella sartoria dove ha ordinato l’abito di nozze per gli ultimi aggiustamenti.
Di ritorno verso casa, si attarda in un prato non distante dalla propria dimora, ma poco dopo viene assalita da un gruppo di cacciatori incappucciati che la immobilizzano e la stuprano senza pietà.
La giovane torna a casa e riferisce la tremenda azione subita alla madre e al fidanzato. Scopre nel frattempo di non amare più quest’ultimo e, per questo, è risoluta a lasciar perdere tutto. Ma è anche piuttosto propensa a tenere per sé quel devastante episodio, senza invece sporgere denuncia riguardo all’accaduto.

Col passare del tempo, Stella rincontra il titolare del negozio di abiti da sposa, e, con la scusa di andare a ritirare il vestito mai utilizzato, la donna scopre di provare attrazione per il bel titolare della boutique, che ricambia affettuoso e premuroso di attenzioni da tempo non godute.
Lo spettatore, a differenza della protagonista, nel frattempo riesce ad apprendere particolari importanti e inquietanti circa l’identità e le attitudini del nuovo fidanzato di Stella: particolari che salteranno all’evidenza della donna solo durante il finale teso e incalzante con cui la storia si conclude.
Il vestito da sposa: la recensione
Impegnata nel suo terzo film destinato alle sale, Fiorella Infascelli, autrice, assieme a Patrizia Pistagnesi, altresì dello script teso e senza fronzoli che descrive la vicenda, dirige quello che probabilmente risulta a oggi il suo film più compiuto e convincente.
Maya Sansa, fresca reduce del successo personale ottenuto interpretando la “vivandaia” di Aldo Moro nel gran film di Marco Bellocchio, Buongiorno, notte (2003), ha il volto e l’espressione che trasforma il sorriso della felicità in una smorfia di dolore e amarezza, che risultano perfetti per il ruolo centrale del film, ovvero quello di Stella.
Una donna che passa dalla felicità all’incubo di una violenza indicibile, che le fa rimettere in discussione anche i legami buoni sui quali avrebbe altrimenti potuto aggrapparsi per salvarsi e recuperare i cocci di una vita finita in frantumi nel giro di pochi, ma interminabili minuti di violenza di gruppo senza remore e dai contorni bestiali.
La Sansa in effetti si rivela la vera chiave di riuscita di un film che si presenta coerente e secco fino ad almeno tre quarti del suo racconto, per poi cedere e piegarsi a un finale eccessivamente affrettato che suggerisce una mancanza di alternative più plausibili e convincenti.
Nel cast si apprezza anche la presenza di Piera Degli Esposti, nel ruolo della madre parrucchiera della protagonista, e il tenebroso Andrea Di Stefano (ora più apprezzato regista di produzioni internazionali che attore, e pure lui una conoscenza di Bellocchio dai tempi del valido Il principe di Homburg), impegnato nel ruolo del negoziante di abiti, nonché cacciatore efferato e vigliacco di prede di vario genere, natura e provenienza.