C’è un posto dove accadono storie, si sentono voci, si sentono suoni; c’è un posto dove nascono memorie …
Inizialmente, nel teatro greco, il luogo dove avvenivano tutte le azioni drammatiche era la piazza; nell’epoca moderna la piazza accoglie a sua volta un altro luogo drammatico: il bar. Come una versione popolare, o meglio proletaria, del salotto borghese, il bar per certi versi potrebbe essere considerato uno schermo naturale dove mettere in scena il proprio spettacolo personale.
È in questo luogo magico che Stefano Benni colloca uno dei suoi romanzi di maggior successo, se non addirittura il più venduto: Bar Sport.
Siamo negli anni ’70, ma se i tempi dei jukebox o e le mode sono passate, i “tipi” sono sempre gli stessi e sempre attuali. C’è il Saputello, il prezzemolino, il mercoledì, insomma quello che sta sempre in mezzo e tutto sa. Sempre, qualunque argomento si affronti.
C’è lo Scontroso, il perennemente cinico che ben si bilancia con l’Entusiasta.
C’è il Fanfarone professionista, la cintura nera di caz..te, quello che ti racconta le sue rocambolesche avventure e conquiste amorose, quando in realtà non è neanche uscito di casa.
C’è la Bella che, su di sè, tutti gli sguardi convoglia; il Bello che sposa la Bella; il Brutto ma fortunato che ha sposato l’Altra Bella del paese quindi, per una legge universale non scritta, “tanto cornuto da avere tutti i soffitti graffiati” (citazione letterale).
Al Bar Sport ci sono giovani vivaci e vecchi, precisamente due vecchiette, campionesse di necrologi e di lugubri pettegolezzi.
Tutto avviene sotto l’attenta Supervisione del barista e proprietario del Bar, tale da non farsi sfuggire neanche un Crodino … sarà per questo che lo chiamano il Tirchio.
Con lui, impassibile, sul bancone, da dove tutto scorge e ascolta, bellissima, procace…e ripiena di crema c’è la Luisona, un maxi bignè, nato insieme, se non prima, del locale.
Insomma al Bar Sport ci sono tutti, anzi ci siamo tutti; con i nostri pregi e difetti, con le nostre manie e peculiarità, la nostra realtà e tutta la nostra fantasia.
La forza e la comicità iperrealistica irrompono dal libro di Benni e si materializzano in una sentita e affezionata trasposizione cinematografica. Nonostante la consueta ritrosità dell’autore nel concedere i diritti dei suoi lavori, Massimo Martelli ha tenuto duro tra moltissimi imprevisti e intoppi, tali da ostacolare la realizzazione e l’uscita del film per più di 2 anni.
Quello che vedremo al cinema è un Bar Sport piuttosto divertente, leggero e carico d’amore e riverenza verso l’archetipo letterario.
Gli attori che hanno fatto vivere il Bar Sport, oltre ad essere la creme de la cremedella commedia italiana contemporanea, interagiscono sulle scene come una vera banda di scanzonati fannulloni di paese, aspetto che è la vera forza di questo film: tra l’immenso Claudio Bisio, l’immancabile Giuseppe Battiston, tanto bravo quanto presente in ogni commedia di un certo livello, tra Antonio Catania e Angela Finocchiaro si vede nitidamente che c’è stato, è forse c’è ancora una fortissima amicizia.
I moltissimi affezionati di Benni troveranno sicuramente svilita, se non addirittura fallita, questa versione, specialmente in alcune vicende e situazioni ma, contando che ogni trasposizione è un tradimento di per sè, Bar Sport è un esempio piuttosto riuscito. Lodevole ed efficace è l’integrazione di intermezzi animati che accompagnano le vicende ancor più fantasiose, dove le figure “troppo umane” lasciano il campo ad immagini di pura fantasia, accompagnate dalle parole dello stesso libro per bocca di Bisio. Come se Stefano Benni ci stesse raccontando la favola della buona notte.
È proprio questo il punto, la missione di Bar Sport: recuperare il piacere di raccontare ed ascoltare delle Storie.
In tempi dove la comicità si poggia solo sul goffo, sulla banale macchietta e quasi viene estorta dalla battuta volgare e sboccata (ogni riferimento a pellicole concorrenti in uscita nello stesso weekend è puramente non casuale), questo “modo nuovo” di far ridere corpo, anima e anche cervello, fa ben sperare per il futuro della commedia leggera, di puro e semplice intrattenimento.
Chiuderei con le parole autorevoli del gelosissimo ed iper – autocritico autore Stefano Benni: “bello proprio perché non volgare”. Una garanzia per lo spettatore che vede il cinema come un’isola felice, un teatro dei sogni che gli permetterà di passare 93 minuti in totale spensieratezza, senza dover assistere a battute becere, sboccate e inutilmente volgari.
Detto papale papale, se volete divertirvi al cinema questo è il miglior film comico in uscita, quello che fa per Voi. Questo, non quell’altro.
Buon divertimento .
Giovanni Villani
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