“Arrietty” è alta 10 cm ed è uno gnomo, per gli umani, anche se lei e la sua specie amano definirsi “prendinprestito”, perché vivono dei piccoli prestiti che riescono a sgraffignare dentro le nostre case
Tokyo, oggi. Arrietty è una tredicenne come tanti. Bambina un po’ cresciuta, vive con i genitori e guarda il mondo con la curiosità di chi lo sta scoprendo da sola per la prima volta. Coscienziosamente disobbedisce ai grandi e affronta le insidie che si nascondono là fuori senza essere ancora contaminata dai giudizi e pregiudizi che offuscano lo sguardo disincantato di chi ha vissuto molto più di lei. Arrietty passa il suo tempo ad aiutare la madre nei lavori domestici e ad arredare la sua bellissima e disordinatissima cameretta, una sorta di serra dai colori più vivaci. Non va a scuola, non ha amici, usa uno spillo come spada e vive sotto il pavimento di una villa di campagna. Arrietty è alta 10 cm ed è uno gnomo, per gli umani, anche se lei e la sua specie amano definirsi “prendinprestito” perché vivono dei piccoli prestiti che riescono a sgraffignare dentro le nostre case. Il giorno del suo svezzamento, in una missione dentro la villa alla ricerca di una zolletta di zucchero, viene vista da Sho, un nuovo inquilino di 12 anni che deve sottoporsi di lì a breve a urgenti cure mediche in città. La sua vita e quella della sua famiglia ormai sono in pericolo, non ci si può fidare degli umani. Ma Arrietty non la pensa propriamente così…
“Io credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire a educare la mente”, diceva Gianni Rodari. Lo studio Ghibli sembra aver preso spunto dalle parole del grande “favoliere”, incentrandoci, probabilmente inconsapevolmente, la filosofia di base di un’intera casa di produzione per quasi trent’anni. A proposito di date, proprio quarant’anni fa, il fondatore e regista Hayao Miyazaki,insieme al co-fondatore Isao Takahata, scrisse l’adattamento di Karigurashi no Arrietty (Arrietyy colei che prende in prestito) basandosi sul classico The Borrowers di Mary Norton. Passati quattro decenni, Miyazaki rispolvera questa magica storia affidandola alla regia dell’esordiente Hiromasa Yonebayashi, già conosciuto nel mondo anime per la sua collaborazione da “In-between” Animator nei più famosi lungometraggi dello Studio Ghibli.
“L’ambientazione cambierà dall’Inghilterra degli anni 50 al Giappone di oggi. (…) La famiglia in miniatura si procura il fabbisogno quotidiano prendendolo in prestito dagli umani. Non si tratta però di una famiglia di creature soprannaturali o dotate di poteri magici. (…) La storia sarà il ritratto della loro vita quotidiana”. Parole di Miyazaki, che pianifica la sceneggiatura affidandola a Yonebayashi che porta sullo schermo un incantevole e poetico ritratto di quotidianità su misura, sublimato dalla musica di Cécile Corbel, arricchito da minuziose ambientazioni dai colori pastello e da uno sguardo trasognato sulla realtà. Protagonisti? I ragazzi, come sempre eroi tra realtà parallele, custodi di segreti e consapevolezze che svaniscono con gli anni.
Come in Nausicaä della valle del vento, La città incantata, Il castello errante di Howle la maggior parte dei lungometraggi firmati Ghibli, troviamo una ragazza a vestire i panni dell’eroina coraggiosa fuori dal tempo. Stavolta però, non ci sono castelli ottocenteschi, streghe malvagie, effetti pirotecnici o deviazioni fantastiche, ma solo piccoli uomini che si affannano a tirare avanti facendo del riciclo. Come Ponyo sulla scoglieranascondeva i fili di una metafora ecologica sottointesa sotto i fili della narrazione, così Arrietty e il suo prendere in prestito (sottolineato proprio per questi motivi nella titolazione originale) diventano un espediente per responsabilizzare e rassicurare in questi tempi di crisi sugli sprechi. Usando le parole del suo ideatore: “nella speranza che questo lavoro offra conforto e coraggio alle persone che vivono in questi tempi caotici e insicuri…”.
Chiara Napoleoni
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