Dal 21 al 30 gennaio, torna in presenza, nelle intenzioni dei direttori artistici Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo, il Trieste Film Festival 2022, il primo e più importante appuntamento con il cinema dell’Europa centro orientale. Qui per il sito del festival
Come si arriva al Trieste Film Festival 2022
Nato alla vigilia della caduta del Muro di Berlino, il TFS è da più di trent’anni un osservatorio privilegiato su cinematografie e autori spesso poco noti – se non addirittura sconosciuti – al pubblico italiano, e più in generale a quello occidentale. Quest’anno tre sono le sedi in cui si svolgeranno le proiezioni e gli incontri: il Politeama Rossetti, il Teatro Miela e il Cinema Ambasciatori. A partire dal 26 gennaio, si aggiunge l’edizione online su MYmovies.
La cerimonia di apertura del Trieste Film Festival 2022
Il 21 gennaio, nel corso della cerimonia di apertura della kermesse, il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani, consegnerà i premi ai migliori film del 2021. Due i riconoscimenti, al miglior film italiano e al miglior film internazionale: tra gli italiani, a imporsi come più votato nel referendum promosso dal Sindacato tra tutti i propri soci è stato Ariaferma di Leonardo Di Costanzo. Mentre Drive my car del giapponese Ryûsuke Hamaguchi è risultato il miglior film in assoluto fra tutti quelli distribuiti in sala nel nostro Paese nel corso del 2021. Leggi qui la notizia
Alcuni dei titoli della kermesse
Ad aprire il Festival il 21 gennaio, il nuovo lungometraggio della coppia ungherese Kornél Mundruczó e Kata Wéber Quel giorno tu sarai che esce nei cinema italiani il 27 gennaio e segue il successo del precedente Pieces of a Woman, premiato a Venezia e candidato all’Oscar.
Tra i lungometraggi in concorso al Trieste Film Festival 2022, il croato Murina di Antoneta Alamat Kusijanović (produttore esecutivo Martin Scorsese). Caméra d’or come migliore opera prima all’ultimo Festival di Cannes, il film, nella tensione tra una figlia adolescente, un padre ossessivo e l’arrivo in casa di un estraneo, legge le derive scioviniste (camuffate da “tratti culturali”) di un intero paese. E poi c’è un’altra storia di famiglia Stavolta più corale e tutta al femminile. Essa permette alle registe bulgare Mina Mileva e Vesela Kazakova (e alla protagonista Maria Bakalova, diventata una star internazionale con Borat 2) di raccontare, in Women Do Cry, una società costituzionalmente maschilista e patriarcale, scossa dalle proteste nazionaliste contro la parità di genere.
Due autori al festival
Tra favola ed epica, realismo e metafora, si muovono due autori già apprezzati a Trieste. Stefan Arsenijević, che in As Far as I Can Walk (vincitore del Grand Prix Crystal Globe) adatta nella Belgrado di oggi, snodo della rotta migratoria dei Balcani, il poema medievale Strahinja Banović. In questo modo fa di un giovane del Ghana l’eroe nazionale serbo.
E il rumeno Radu Muntean, che in Întregalde usa una struttura drammaturgica da fiaba (con tanto di viaggio iniziatico). Questo per mettere in discussione le certezze sulla solidarietà e l’empatia di un gruppo di amici in partenza per una missione umanitaria di fine anno. Mentre la presenza in concorso di Bebia. À mon seul désir di Juja Dobrachkous apre all’omaggio alle registe del cinema georgiano. Le stesse che saranno protagoniste quest’anno della sezione Wild Roses. Registe in Europa. Il film è il ritorno a casa di una giovane modella costretta a confrontarsi con il ruolo complesso e talvolta crudele che la nonna appena scomparsa ha avuto nella sua infanzia.
Anche documentari al Trieste Film Festival 2022
Tra i documentari in concorso 1970 di Tomasz Wolski. Esso ricostruisce le proteste scoppiate nella Polonia comunista del 1970, raccontate però da una prospettiva inedita, quella degli oppressori. Così facendo rende vivida e vera (grazie all’aiuto dell’animazione in stop motion) l’atmosfera che si respirava in quel momento al Ministero degli Affari Interni. Sbirciando tra le conversazioni telefoniche e dietro le porte chiuse degli uffici dei funzionari di governo.
Da Varsavia a Praga con Reconstruction of Occupation di Jan Šikl. Il documentario scava negli archivi cinematografici privati e amatoriali per mostrare – attraverso gli sbiaditi “home movies” d’epoca – l’invasione da parte delle truppe del Patto di Varsavia. Immagini uniche, a lungo invisibili, in cui i volti di cittadini anonimi si trasformano in testimoni viventi di quei drammatici giorni della storia cecoslovacca.