‘La battaglia dimenticata’ su Netflix, tre storie nella palude del cinema di guerra
Il film di Matthijs van Heijningen Jr., prima produzione olandese della piattaforma, recupera l'episodio poco noto della battaglia della Schelda, sul cui sfondo ambienta tre storie personali. Cinema di guerra solido, ricco di budget e mestiere, ma non indimenticabile nello script
La ricorderemo come la prima produzione olandese sbarcata su Netflix. La battaglia dimenticatadi Matthijs van Heijningen Jr. è un esempio efficace di cinema di guerra, tutto un fioccare di proiettili e bombe, ma anche imploso nel dolore di storie individuali. Che il titolo pretenzioso vorrebbe collocare sullo scenario di un episodio poco noto della Seconda Guerra Mondiale: la battaglia della Schelda. Ma la Zelanda, provincia dei Paesi Bassi che ambienta le operazioni militari, non è poi così nuova al cinema. Lo stesso contesto, tutt’altro che dimenticato, faceva già da sfondo alla liberazione del Paese con l’Operazione Market-Garden in un film del ’77, Quell’ultimo pontedi Richard Attenborough. Fu accolto tiepidamente, ma schierava attori del calibro di Dirk Bogarde, Michael Caine, Sean Connery, Gene Hackman, Anthony Hopkins, Laurence Olivier e Robert Redford.
Ne La battaglia dimenticata il cast è più anonimo, ma il rigore del soggetto storico non è da meno. La battaglia della Schelda vide gli Alleati, guidati dalle forze canadesi, tentare di liberare il fiume omonimo dalle forze naziste. L’obiettivo era quello di aprire la strada al porto di Anversa, la cui conquista avrebbe sbloccato cruciali problemi logistici. Il film mette in campo un budget secondo solo, nel cinema di guerra olandese, a Black Bookdi Paul Verhoeven (2006). Poi, è chiaro, oltre ai libri di Storia, ai finanziamenti e a una tecnica cinematografica perfettamente addestrata, servono anche buone idee.
La trama e il trailer
Tre storie sotto il grigio cielo d’Olanda, durante gli ultimi mesi della Seconda Guerra Mondiale. Teuntje (Susan Radder) è segretaria del sindaco collaborazionista di una delle città dell’isola di Walcheren. Suo padre è il medico della città, che cura per spirito di missione sia gli Alleati che i Nazisti. Il fratello ventenne Dirk (Ronald Kalter) è invece schierato senza remore per la Resistenza, a cui fornisce foto scattate clandestinamente. Uno scatto di rabbia, però, gli costerà la reazione implacabile di Berghof, comandante nazista, da cui sorella e padre cercheranno di salvarlo.
Marinus (Gijs Blom) è un soldato tedesco-olandese, recluta precoce in Baviera e presto soldato disilluso tra le crudeltà del fronte e quelle anche peggiori degli uffici dei gerarchi.
William (Jamie Flatters) è un pilota sergente della Royal Air Force. Il suo reggimento è costretto a separarsi dalla truppa dopo che l’aliante Airspeed Horsa viene abbattuto dalle forze nemiche e cade in un estuario della Zelanda. Comincia una fuga tra le paludi, per unirsi alle forze che assalteranno l’isola di Wacheren. Dove anche Teuntje e Marinus, su diversi sentieri di guerra, finiranno per ritrovarsi.
L’immersione nella guerra
Da Salvate il soldato Ryan in avanti – o quantomeno, dai suoi primi famosi 24 minuti – fare un film di guerra ha implicato, una volta di più inevitabilmente, la necessità di far sporcare le mani agli operatori. Ovunque, camera a spalla, polvere che insozza l’obiettivo, pozze o trincee in cui tuffarsi con mani e piedi. Anche regie più raffinate – Dunkirkdi Christopher Nolan – o artificiosamente studiate, nell’abuso del piano sequenza – 1917 di Sam Mendes – non hanno potuto rifiutare la chiamata alle armi dell’estetica bellica del millennio: l’immersività ad ogni costo.
La battaglia dimenticata: una scena di guerra nell’aliante
Anche La battaglia dimenticata si arruola nella stessa schiera, offrendoci, nella fotografia ostinatamente grigia, un campionario di situazioni e riprese da buoni soldatini del genere. Lo stormo di aerei che fende il cielo grigio della Zelanda, prima che piovano proiettili, è prepotente ed elegante. Nell’atterraggio di fortuna, poi, ci s’impaluda tra sterpaglie, fango e schegge di vetro. La casa in cui la pattuglia dei sopravvissuti trova un riparo di fortuna sembra quasi una palafitta umida che evoca le gabbie bagnate del Vietnam de Il cacciatore di Michael Cimino.
La battaglia dimenticata: il reggimento di Will precipitato nell’estuario in Zelanda
Quando arriva il nemico, c’è anche la variante, ancor più fisica, del combattimento corpo a corpo. Peccato, allora, che questo cinema giustamente sporco sia a volte inquinato da un eccesso di pulizia, come l’apposizione della pomposa colonna sonora. Nell’estuario del fiume, location perfettamente sfruttata con panoramiche di albe e tramonti, era davvero necessario aggiungere il soundtrack al rumore degli stivaloni inzaccherati che sciabordano nell’acqua?
La strategia della tensione
Allo scoppiettio delle mitraglie, anche quando le sequenze d’azione bellica deflagrano con impeccabile orologeria, ne La battaglia dimenticata si fa preferire la guerra tutt’altro che minore combattuta negli interni o tra le carte bollate. Come a casa di Teuntje e del padre dottore, le cui stanze sono definite dal gerarca nazista, con ruffianeria viscida, tastefully decorated, decorate con gusto. Qui, il primo colloquio tra Berghof e la famiglia di Dirk, con il militare tedesco a intimare che il ragazzo si autoconsegni, è un piccolo gioiello di suspense. Come nella penombra di un quadro di Vermeer a cui sia stata spenta la luce, visi minacciosi o angosciati sono ripresi con carrellate in avanti lente nel più risaputo – e sempre infallibile – lessico cinematografico della tensione. Persino versare un bicchiere d’acqua diventa un’operazione ad alto rischio, se la ragazza è inquadrata, tra gli stipiti di una porta, dall’occhio vigile di un soldato dall’aggressivo fucile in spalla.
Il nemico è nella sceneggiatura
Convincenti anche gli intrighi delle stanze dei bottoni dei nazisti, o l’avventura pianificata della resistenza. Quasi da rimpiangere che non abbiano pieno spazio, soffocate tra le scene di combattimento o melodramma. Ordini disumani, torture dal buco della serratura, foto clandestine, mappe da rubare, incursioni notturne tra le piante alte, coloriscono il racconto di sfumature da spy story.
Un contenitore di battaglie, allora: anche tattiche, burocratiche. Soprattutto, personali: da cui l’idea – ben gestita – dei tre filoni narrativi da unire nella stessa epica tragica. Purché non diventi troppo epica. Gli unici dialoghi memorabili si ricordano non perché brillino di originalità, quanto per la retorica di genere:
– Non ci arrenderemo mai. Sarebbe la nostra condanna. Preferisco annegare.
– È facile parlare per lei. In ogni caso è morto.
– Forse, John. Ma non oggi.
Per non annegare nella ripetitività dell’ennesimo soldato John e dei dialoghi anonimi, la contromisura che va a bersaglio è quella che il regista sceglie di usare nella storia di Marinus e del suo disincanto di nazista deluso: stargli addosso – in silenzio, spesso di spalle – cogliendone l’ombra di malinconia tra le mine e i plotoni. Ecco, in mezzo alle linee nemiche, meglio lasciar perdere le linee di un dialogo banale.
La battaglia dimenticata di Matthijs van Heijningen Jr., tra gli alti delle scene di guerra, gli altissimi di intrighi e disillusioni personali e i bassi di una sceneggiatura non sempre incisiva, costruisce su un episodio poco noto della Seconda Guerra Mondiale il suo onesto cinema bellico. Ma è davvero un film indimenticabile?