‘El Otro Tom’ (2021): La lotta di una madre per non perdere il figlio
Il film affronta la prescrizione smodata di psicofarmaci da parte dei medici in bambini affetti dal disturbo da deficit dell'attenzione ed iperattività negli Stati Uniti.
Alla 78a edizione della Mostra dell’Arte Cinematografica al Lido di Venezia, fuori concorso nella sezione “Orizzonti”, è la volta di El otro Tom, una struggente co-produzione messico-americana diretta dai registi Rodrigo Plá ed Laura Santullo.
La trama di El otro Tom
Elena (Julia Chavez) è una giovane madre single di origini messicane, che vive in California con il figlio di dieci anni, Tom, un bambino con evidenti problemi comportamentali e per questo segnalato dalla scuola e additato irresponsabilmente dalla maestra e dai compagni come problematico.
Al bambino viene diagnosticato un disturbo da deficit dell’attenzione ed iperattività (ADHD) e prescritta una cura farmacologica che lo rende uno zombie.
Il complicato rapporto con la madre è aggravato dall’assenza del padre, che il bambino adora. Dopo un episodio allarmante, che la madre attribuisce agli effetti collaterali dei farmaci, ella decide autonomamente di sospenderela cura al figlio. Tacciandola di negligenza, la scuola allerta i servizi sociali, che minacciano di portarle via il figlio, se non segue le indicazioni dei medici. Rifiutando ogni aiuto esterno, la madre agisce davvero per il bene di suo figlio?
Da una scena del film, il piccolo Tom e la madre Elena a colloquio con il medico.
Il tema di El otro Tom
Al centro della pellicola, vi è il tema della prescrizione smodata di psicofarmaci ai bambinicon il disturbo da deficit dell’attenzione ed iperattività negli Stati Uniti. La questione è da tempo considerata una piaga nel paese, dove i problemi di salute mentale sono ferocemente stigmatizzati. La soluzione a cui si ricorre in questi casi è sempre il farmaco, che non cura, ma controlla e seda i comportamenti causando effetti collaterali a breve e lungo termine ancora più gravi. Elena e Tom vivono questo dramma.
Il film non esplora le problematiche del bambino, ma il rapporto tra la madre ed il figlio, in cui si nasconde la chiave per aiutarlo a stare meglio.
É un percorso tra tentativi ed errori. La madre, a tratti egoista, frustrata e poco paziente, piano piano comprende che il disturbo di Tom nasce da una mancanza, quella del padre. Ma non solo. Capisce, grazie ad un giovane insegnante d’arte, che il bambino è un talento inespresso e, per questo, incompreso. C’è un mondo nascosto nell’animo di Tom, che si palesa attraverso quei disegni così dettagliati e pieni di colore, che un giorno l’insegnante le mostra. L’apprezzamento del giovane per le doti del bambino le donano speranza, ma i guai sono dietro l’angolo.
Le scelte cinematografiche
Le scelte cinematografiche del direttore della fotografia Odei Zabaleta sono curiose. La maggior parte delle sequenze sono statiche. I movimenti della telecamera rari e ridotti all’osso. Essa non è a servizio dell’azione dei personaggi, non li segue. Aspetta, che questi entrino o escano dall’inquadratura. Quindi, spesso ci si ritrova a fissare una messa in scena in cui non succede nulla. L’udito e l’immaginazione dello spettatore sono messi a dura prova. Egli deve cercare di immaginare sulla base di quello che sente che cosa la telecamera sceglie di non testimoniare. I momenti più drammatici sono relegati offscreen. In questo modo, è messa in luce la tematica del film, cioè il bisogno di nascondere problemi e stati d’animo, che sembrano irrisolvibili e intollerabili.
Da una scena del film, Elena, di spalle, vive un momento di introspezione ed agognato relax in un parco giochi acquatico in cui ha portato il figlio a giocare.
La performance
Il piccolo attore Israel Rodriguez recita in modo intenso la parte di Tom, un bambino estremamente intelligente e bellissimo, che nasconde il viso e la sua rabbia dietro una lunga cascata di riccioli scuri. La performance è magistrale e strizza l’occhio a quel method acting di Lee Strasberg, che ad attori navigati richiede anni di esplorazione interiore. Più statica ed insicura la recitazione di Julia Chavez, la madre. L’anaffettività della donna è caratteristica del personaggio, ma l’attrice risulta rigida nel corpo ed inespressiva nel volto. La gamma di emozioni che la turbano avrebbe potuto essere resa in ′′modo più efficace″. C’è un evidente squilibrio interpretativo tra i due protagonisti, che è forse l’unica nota negativa di questo film da Festival del cinema, intensamente triste, ma al contempo coinvolgente, destinato a piacere un po’ a tutti.
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