A quei pochi che dovessero avere qualche tentennamento dico subito di sì, è proprio lui, lo stesso autore del celebre “Dizionario dei Film” edito da Zanichelli: Morando Morandini, classe 1924, una delle pietre miliari della critica cinematografica italiana.
Ho avuto modo di partecipare alla presentazione di questo suo nuovo libro durante la scorsa edizione del Festival del Cinema Europeo a Lecce. Si tratta sostanzialmente di una lunga chiacchierata tra il noto critico e il suo nipote omonimo, Morando Morandini jr, sceneggiatore e documentarista, che attraversa il cinema italiano dal 1945 ai giorni nostri, puntando i riflettori sulle donne: attrici, produttrici, registe, sceneggiatrici, tutte (o quasi) le donne che hanno animato e che continuano ad animare la storia del nostro cinema. Di queste donne i Morandini ripercorrono le carriere, chiamando in causa decine e decine di titoli di altrettanti film, e ne tracciano in maniera sintetica un profilo, non solo professionale ma anche umano, arricchito da aneddoti e riflessioni private.
Ma c’è dell’altro. Dalla lettura, infatti, emerge anche un interessante quadro di insieme su come il cinema abbia raccontato la figura della donna nell’evolversi della nostra società, ed è questo l’aspetto sul quale vorrei soffermarmi.
Nel capitolo riguardante gli anni ’70 Morandini sr cita una ricerca effettuata nel 1977 da due studentesse universitarie dal titolo “L’uso esemplare e vicario dei modelli femminili nella comunicazione cinematografica”; dall’analisi di 2640 film prodotti in Italia tra il 1960 e il 1971 risultò che il 53% della produzione non offrisse alcun ruolo femminile di rilievo e che i modelli proposti dal restante 46,5% potessero essere così suddivisi: 1) la donna oggetto inconsapevole (60,4%); 2) la donna oggetto inconsapevole attivo (17%); 3) la donna oggetto di perdizione (7,1%); 4) la donna oggetto consapevole (6,4%); 5) la donna angelicata (4,2%); 6) la donna viriloide (4,2%); la donna problematica (0,7%).
Affrontando, poi, i capitoli inerenti i decenni successivi, dagli anni ’80 fino al nuovo millennio, si registra un progressivo cambiamento di rotta a riguardo. Evidentemente in senso positivo.
E fin qui i conti tornano: la lotta per l’emancipazione e i diritti acquisiti dalle donne nel corso degli anni hanno fruttato gli importanti cambiamenti sociali che tutti conosciamo, verso i quali anche il grande schermo non può che mostrarsi sensibile.
Tuttavia, valutando le trame e i contenuti dei tanti film menzionati nelle ultime pagine, quello che mi sono chiesta è se il nostro cinema non avrebbe potuto compiere uno sforzo maggiore in questa direzione, proponendo personaggi femminili meno imbrigliati in dinamiche relazionali e sociali sorpassate e più rappresentativi di questo profondo mutamento. Credo di sì e credo anche che potrebbe essere una bella sfida da cogliere guardando al futuro della nostra produzione.