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80 anni di stelle, strisce e film: tanti auguri Capitan America

Nato negli anni '40 in piena Guerra Mondiale, Capitan America è una delle icone pop più riconoscibili al mondo, tra fumetti e grande schermo

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Protagonista di ben sette film di enorme successo, Capitan America è uno dei supereroi più iconici di sempre: probabilmente anche il costume ha fatto la sua parte, ma sta di fatto che insieme a pochissimi altri (come Spider-Man, Superman, Batman e Hulk) la sua immagine è un riferimento iconografico tra i più conosciuti al mondo, esondando i limiti della pagina stampata.

La sua fortuna è iniziata molto prima dei film dell’MCU, risalendo la sua creazione addirittura agli anni 40.

Un supereroe contro Hitler

Nel 1940 lo sceneggiatore Joe Simon creò un bozzetto del “Super American”: nome subito scartato a favore del più libero Capitan America, insieme al suo side kick che si sarebbe chiamato Bucky come il giocatore di basket amico dello stesso autore Bucky Pierson. Non lo sapeva ancora ma aveva creato una Leggenda.

L’editore della Timely Comics, Martin Goodman, uomo dotato di un fiuto sopraffino per ciò che intercettava i piaceri del pubblico, gli commissionò subito una serie dedicata al super soldato i cui disegni furono affidati a Jack Kirby, fortemente voluto dallo sceneggiatore Joe Simon.

A conferma del fatto che Cap non fu mai, così come non lo è adesso, un mero strumento di propaganda piacione e furbetto, nonostante il primo numero di Captain America del 1940 vendette un milione di copie gli autori ricevettero numerose lettere di critiche, perché molti erano contrari a quello che Cap rappresentava.

Capitan America divenne ben presto il fumetto più venduto della Timely, chiudendo solo dieci anni dopo con il numero 75, e tre anni più tardi l’Atlas Comics tentò di riproporlo insieme alla Torcia Umana Originale e il Sub-Mariner, i primi eroi che già formavano quello che sarebbe stato il Marvel Universe. L’esperimento durò solo una manciata di numeri.

Ma la storia era già scritta.

Successivamente, la Timely si trasformò nella Marvel, e nel 1961 aveva iniziato a colonizzare e definire l’immaginario pop con la testata Fantastic Four. Nel 1962 era uscito Spider-Man, nel 1963 The Avengers, L’Incredibile Hulk (che chiude dopo solo 6 numeri ma verrà subito ripreso su Tales To Astonish) Thor su Journey Into Mistery: è nato l’universo Marvel.

Nel 1964, nel quarto episodio degli Avengers, è proprio Sub Mariner a trovare un uomo ibernato nei ghiacci eterni del Polo: sarà il gruppo composto da Iron Man, Thor, Ant-Man e Wasp a trovare dentro la lastra ghiacciata proprio Capitan America, l’eroe dimenticato scomparso subito dopo la seconda guerra mondiale. Lentamente, l’eroe conquista il pubblico: e intanto, Lee e Kirby operano un’abile operazione di ret-con inserendo nella storia “ufficiale” tutto quanto successo al personaggio nei primi anni della Timely e della Atlas (viene così giustificata anche a posteriori l’assenza del suo compagno di guerra, il giovane sidekick Bucky Barnes, ufficialmente morto in un’operazione contro il barone Helmut Zemo. Nel 1968 le storie a fumetti di Cap, realizzate da Lee e Kirby, iniziarono ad alternarsi su Tales Of Suspense dal # 59, finchè nel # 100 guadagnò il titolo di testata.

Da lì in poi, una serie di grandi autori hanno messo mano allo scudiero: da Lee, appunto, a Steve Englehart, che negli anni ’70 fu il primo a trasformare Capitan America da simil-propagandista ad un personaggio che incarnava degli ideali eterni e che quindi, conseguentemente, poteva andare spesso in contrasto con la politica.

Englehart scrisse pagine memorabili che si riallacciavano alla contemporaneità più stringente, come la saga sull’Impero Segreto che ricalcava il Watergate o ancora la storia di Nomad, ovvero un nuovo alias inventato da Steve Rogers quando le direttive del governo degli stati Uniti erano diventate per lui intollerabili.

Quest’ultima fu particolarmente importante perché per la prima volta si scindeva l’uomo (Rogers) dalla maschera (Capitan America), con conseguenze fondamentali per entrambi.

Dopo Englehart, arrivarono Jean Marc De Matteis (scrittore lirico e profondo, che forse non tutti sanno essere di origini abruzzesi), Marc Gruenwald (che creò un lunghissimo ciclo di quasi dieci anni on the road, per le strade d’America), Mark Waid, Ed Brubaker (forse l’autore più importante per l’epoca moderna di Cap, tra l’altro artefice della saga del Soldato D’Inverno, alla base dei film canonici dell’MCU), Nick Spencer (che spinse di nuovo, e molto, molto sulla politica, arrivando ad immaginare un Capitano nazista di un’altra dimensione) e l’attuale Ta Nehisi Coates, romanziere e bravissimo giornalista d’attualità particolarmente impegnato nel sociale, nonchè primo scrittore di colore sulle pagine dello scudiero

La prima versione

Il primo film / tentativo di portare Cap al cinema fu fatto nel 1990, quando venne messo in cantiere un film live action dopo numerose serie d’animazione ante litteram. La sceneggiatura, i diritti e la regia del film passarono di mano in mano finché non arrivò la 21st Century Film Corporation e il regista Albert Pyun.

Rivedendolo oggi, il film Captain America regge il tempo meglio di tante altre cose, pagando però pegno per un protagonista maschile non in ruolo. Se infatti ad indossare la maschera fu Matt Salinger, in un primo momento si era invece pensato a Dolph Lundgren, che invece era impegnato sul set de Il Vendicatore, inspiegabile traduzione dell’originale Punisher, anti-eroe complesso e sfaccettato, sempre della Marvel Comics, creato nei turbolenti anni ’70 da Gerry Conway.

Il film non arrivò mai in sala, uscendo direttamente in home video: d’altro canto, nello stesso periodo in sala spopolava il Batman di Tim Burton, avversario contro cui sarebbe stato difficile confrontarsi.

L’opera risente molto del suo tempo produttivo: i tempi della narrazione non sono dilatati come i cinecomics di oggi, e la sceneggiatura puntava quindi ad inserire più situazioni nel più breve tempo possibile.

Il film Capitan America si apre durante la seconda guerra mondiale, in Italia per la precisione. Qui i nazisti sottopongono un bambino italiano, Tadzio De Santis (!), a un esperimento di mutazione genetica: ha così origine il villain Teschio Rosso, dotato di super forza.

Dell’equipe addetta all’esperimento fa parte la dottoressa Vaselli. La donna si oppone all’esperimento, ma senza risultati: riesce perciò a fuggire e in seguito entra a far parte delle forze militari statunitensi, aderendo al progetto del supersoldato. L’esperimento verrà attuato sul volontario Steve Rogers, giovane impossibilitato a servire la sua patria perché affetto da Poliomielite.

Ed ecco l’origine di Capitan America, un soldato perfetto, forte e “imbattibile”, anche se la sua nascita è macchiata da una vittima, la stessa dottoressa Vaselli che viene assassinata da una spia tedesca, morendo con lei il segreto per il supersoldato.

Cap debutta allora nella sua prima missione: impedire al Teschio Rosso di lanciare un missile sulla Casa Bianca.

Ma il primo incontro tra i due rivali super potenziati non è dei migliori per l’eroe a stelle e strisce: Cap viene sconfitto dal Teschio ma, legato al missile, riesce comunque a sventare il piano, deviando il missile in Alaska, dove Cap resterà intrappolato tra i ghiacci, mentre tutti lo credono morto.

Passiamo poi negli anni ’60: un gruppo di esploratori ritrova il corpo di Capitan America perfettamente ibernato, e il tempo è passato per tutti tranne che per Steve Rogers il quale risvegliatosi dal freddo sonno si ritrova in mondo che non gli appartiene.

La sua fidanzata di allora è tremendamente invecchiata e i suoi unici affetti riposano sotto terra. Questo non gli impedisce di indossare di nuovo i panni di Capitan America e di scontrarsi nuovamente col Teschio Rosso per la salvezza della libertà, della democrazia e del Presidente, un uomo che ha sempre creduto in Cap, sin da piccolo.

Soldato americano, soldato d’inverno

Di ben altro spessore i film moderni dedicate a Capitan America.

Come è ormai noto a tutti, nel 2008 la Marvel scende direttamente in campo per produrre i suoi film: avendo in passato dato i diritti per alcuni eroi (Spider-Man e mutanti) ad altre case di produzione cinematografica, inizia a creare su grande schermo un suo universo condiviso partendo dai personaggi sotto il brand degli Avengers. Spazio quindi ad Iron Man, con il film apripista di John Favreau, nel 2008; dopo un secondo capitolo dedicato al vendicatore d’oro, arriva Thor nel 2010 per la regia di Kenneth Branagh, mentre nel 2012 è finalmente il turno del personaggio creato da Kirby e Simon.

capitan america film

Captain America: Il Primo Vendicatore, girato da Joe Johnston, risente di tutti i pregi e difetti di una origin-story: molto spazio alla narrazione delle origini del capitano, con la narrazione decompressa tipica dei tempi moderni, un buon approfondimento, ma pochissime sequenze che entrano “nel merito” dell’azione, pur con un’ambientazione centrata e affascinante durante la Seconda Guerra Mondiale.

Cambia il passo il secondo film dedicato allo scudiero per antonomasia, un punto di svolta importante per tutto il Marvel Cinematic Universe.

Perché The Winter Soldier è probabilmente il primo cinecomic a far capire a tutti che si fa sul serio: il secondo capitolo dedicato allo scudiero a stelle e strisce propone una maggiore problematizzazione del supereroe Marvel, il cui nucleo è roso dal dubbio e galvanizzato da interessantissime rimuginazioni su concetti del calibro di fiducia.

Questa non è libertà… questa è paura”: i fratelli Russo debuttano nel MCU inserendosi nella sua maestosa continuity in maniera egregia, e nel loro film si respira un’aria sostanzialmente diversa dai film di tutta la Fase Uno, riportando il pubblico in parte agli anni ’70 e ’80 dei grandi film di spionaggio.

Non per niente, tra i protagonisti del film The Winter Soldier troviamo Robert Redford, uno dei più grandi cineasti viventi, sicuramente affascinato dalla ripresa in un contesto moderno di un genere molto intenso. A conti fatti, la nuova avventura di Cap, dall’accentuato sapore retrò, è più vicina all’action-spy che al film di supereroi, dosano però gli ingredienti in modo da non creare un anonimo blockbuster ma una pellicola densa di risvolti più che contemporanei e attuali, senza neanche risultare pedante con scene d’azione molto ben coreografate. Con The Winter Soldier, insomma, Feige si avvicina sempre di più alla formula perfetta del cinecomic.

La nuova avventura di Cap, dall’accentuato sapore cinematograficamente retrò anni ’70/’80, ricorda più un action-spy movie che un usuale film di supereroi, con un umorismo misurato e un buon concept alla base. I fratelli Russo hanno saputo ben dosare gli ingredienti di modo da non creare un anonimo “giocattolone” quanto, anzi, una pellicola densa e dagli interessanti risvolti, senza tuttavia risultare pedante grazie a scene d’azione molto fumettistiche e ben coreografate (benché, a volte, confusionarie).

Kevin Feige, perennemente alla ricerca del “tono” giusto per i suoi film, proprio con Winter Soldier si avvinca pericolosamente alla formula perfetta del cinecomic in grado di accontentare tutti.

L’MCU è diviso in fasi: se WandaVision ha aperto la quarta, la terza fu inaugurata invece con il botto: nel 2016 esce in sala Capitan America: Civil War, che non è solo il terzo capitolo dedicato all’eroe, ma un vero e proprio terzo capitolo degli Avengers.

Il riferimento è di quelli che più alti non si può: Civil War è la saga a fumetti, scritta da Mark Millar, che ha ridefinito il ruolo degli eroi Marvel per il nuovo millennio.

Nella miniserie di sei numeri viene in pratica stabilito un nuovo status quo dopo l’emissione dell’Atto di Registrazione dei Supereroi, altrimenti noti come Accordi di Sokovia: una legge discriminatoria che obbligava tutti coloro che volessero indossare una maschera a dichiararsi, con la conseguenza che qualunque eroe sarebbe diventato una specie di bersaglio umano per tutti i suoi nemici, sottostando contemporaneamente alla volontà dello Stato che avrebbe, d’ora in poi, deciso quanto intervenire e dove.

Stessa cosa nel film: anche il terzo film di Capitan America prende le sembianze di un film dai marcati connotati politici, con da una parte Cap che, nonostante la sua “uniforme” a stelle e strisce decide di schierarsi contro la legge, dall’altra un Iron Man filogovernativo. Civil War è un tassello fondamentale dal punto di vista narrativo, ma soprattutto un ottimo cinecomics con tutte le caratteristiche ormai canoniche: azione che scorre perfetta e affilata come un meccanismo ad orologeria precisissimo, approfondimenti dei caratteri in linea con le controparti cartacee e mai banali.

Ed ora?

Il futuro di Capitan America è enigmatico, al cinema con i film e in tv.

Nel trionfale, Avengers: Endgame, film attualmente che detiene il titolo di film più visto della storia del cinema, Steve Rogers ha deciso di tornare indietro nel tempo (non è ancora ben chiaro se nella sua linea temporale o in un’altra, alternativa) e vivere una vita piena con la sua amata Peggy Carter. Questo non senza prima aver donato il suo scudo, e quindi aver simbolicamente consegnato il titolo di Capitan America, al fido Sam Wilson, prima il supereroe Falcon e nei fumetti primo personaggio afroamericano ad aver conquistato il titolo di testata -proprio insieme a Capitan America, proprio sotto le sceneggiature del citato Englehart-.

E se sopra si accennava alla divisione tra uomo e maschera, ecco che così come nella pagina stampata, anche su grande schermo quella crasi diventa quanto più possibile palese: adesso Capitan America non è più l’ariano Rogers, ma l’afroamericano Wilson, con una portata teorica e metaforica non indifferente, soprattutto di questi tempi.

Il 17 marzo 2021, appena terminato il fenomeno WandaVision, su Disney Plus arriva Falcon & The Winter Soldier, serial che approfondirà le avventure dei due sidekick di Cap, dove quasi sicuramente proprio Falcon porterà lo scudo e tutto quello che ne consegue.

 

 

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