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Prime Video Film

Dillo al mare di Riccardo Sesani arriva su Prime. La recensione

Il film, diretto da Riccardo Sesani è liberamente ispirato all'omonimo racconto breve di Margot Sesani. Nel cast Gianluca Potenziani, Giulia Todaro, Daniela Poggi, Anna Ravazzoni, David Carifi, Melania Contaldi, Anne Garia e Francesca Barletta.

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dillo al mare

Prodotto da Alberto De Venezia e della durata di 86 minuti, Dillo al mare narra la vicenda di Salina e Delfo, una giovane coppia con un passato in orfanotrofio che, col sostegno di una suora di quell’istituto va a vivere in una casa al mare, ospite di Emma, una matura signora la cui mente apparentemente malferma si nutre dei ricordi di una brillante carriera da pianista.

Sullo sfondo di alcuni fatti strani che accadono in quella casa, come il furto della chitarra di Salina, ai due è subito chiara la natura morbosa del rapporto che l’eccentrica Emma cerca di instaurare con loro.

Mentre Salina, più curiosa, riesce ad avvicinarsi a lei e diventarle persino amica nella condivisione della passione per la musica, Delfo, scultore dal carattere un po’ ombroso, reagisce indirizzando su Salina una forse inutile aggressività che catalizza un’altrettanto inutile dialettica vittima-carnefice tra i due.

Il risultato è l’improvviso e apparentemente inspiegabile abbandono della casa da parte di Salina che, come per seguire un istinto naturale, risale la corrente dal mare al paesino sul lago della sua infanzia alla ricerca dell’identità della madre naturale.

Sarà da un lato la cara suor Adriana dall’altro una lettera testamento di Emma a rivelare una prevedibile verità che, per quanto ampiamente anticipata dai sospetti dello spettatore, deflagra negli ultimi fotogrammi del film. Devastando la vita diventata improvvisamente oscena dei protagonisti e lasciando nello spettatore un consolatorio sentimento di compassione in uno scenario umano altrimenti piuttosto piatto.

I ricordi sono un paradiso dal quale nessuno ti può cacciare

„I ricordi sono un paradiso dal quale nessuno ti può cacciare” afferma Emma citando, forse ignara, un aforisma di Jean Paul. E i ricordi di Emma hanno bisogno della vastità di uno spazio scenico come il mare per essere da lei rievocati senza venirne schiacciata. Perché oltre al rimpianto per una carriera gloriosa quanto effimera Emma ha due peccati di gioventù che la tormentano.

Uno l’aver fiancheggiato la lotta armata (“segreto” che ella rivela con eccessiva disinvoltura agli sconosciuti giovani ospiti) e l’altro, intimamente legato al primo, che costituisce il vero motore di tutta la storia e che ci porta all’agnizione finale. Emma è dunque in qualche modo la vera protagonista del film. È lei che muove le fila facendo in modo che i due arrivino a casa sua, è lei che determina gli accadimenti, perché è lei che ha un vero obiettivo che la muove: chiudere i conti con la vita prima che “il nemico abbia la meglio”.

Il peccato originale

I suoi giovani ospiti sono prima di tutto le vittime del suo peccato originale (E qui torna il tema del paradiso dal quale, questa volta, non si può essere cacciati). E poi sono vittime perché subiscono le conseguenze delle condotte vagamente scellerate della loro padrona di casa un po’ matta, senza avere la benché minima idea che la relazione che li lega è di grado assai più elevato.

Basti citare il disagio provocato dalle cene a cui Emma li invita ma alle quali lei stessa non si presenta. Lei è ed è sempre stata per loro un’Assenza.

O una rivelazione distruttrice nei panni della benefattrice. Ha l’urgenza di rimediare ai suoi errori Emma e lo fa cercando di “comprare” i due giovani.

L’amore di Emma per l’arte

Ama l’arte Emma, e vuole una scultura di Delfo, le due metá di una stella marina distrutta dallo stesso Delfo in un precedente e incomprensibile attacco d’ira verso la sua compagna e poi “benedette” nella stessa occasione da ugualmente incomprensibili baci, come quelli dati dai devoti alle reliquie dei Santi.

Ama l’arte Emma, e vuole per Salina una nuova chitarra. Ed è a questo punto della storia che l’autore ci mostra in una scena madre nel bel mezzo del film la distruzione della chitarra, appena comprata, da parte di due sconosciuti brutti ceffi. Il repentino passaggio di Salina dalla gioia per sentirsi per la prima volta coccolata come una figlia al dolore e alla disperazione per non comprendere un gesto che le mostra come il male sia spesso inspiegabile, gratuito e, permettetemi, banale, costituisce l’unico vero climax del film.

L’azione dei brutti ceffi, giustificata come una vendetta su Emma per antichi debiti, è solo uno dei molti sgangherati pretesti per portare avanti la storia. Ne cito un altro subito all’inizio del film.

Come ci spiega Delfo quando Salina ha un attacco di tosse il trasferimento dei giovani a casa di Emma è giustificato dall’aria salubre del mare come rimedio per curare l’asma di lei. La cura pare funzionare (non un singolo colpo di tosse da qui in avanti) ma i dialoghi del film un po’ meno. Le imboccature sono all’ordine del giorno e le spiegazioni orali di cose già evidenti un canale sempre aperto.

La musica come premessa (e promessa)

Questi, insieme ad altri elementi extradiegetici presenti forse per chiarire, rafforzare o abbellire una storia che è in sé già chiara, forte e credo anche bella-per-quanto-tremenda, appaiono a mio avviso superflui. La scelta di aprire citando una frase di Chaplin sulla musica ci fa pregustare il ruolo che la musica si supponga abbia nella storia.

Ma alla fine la musica, principalmente dal repertorio classico (una su tutte la Suite n. 1 per Violoncello di Bach che, per quanto sublime, è così abusata da risultare dozzinale anche in questo caso) si riduce ad anonima colonna sonora che esce dai ricordi di Emma per depositarsi in modo casuale in molti momenti del film.

Regia, recitazione, montaggio

Riccardo Sesani ha già scritto e diretto molti film, è troppo esperto per non ritenere che tutte le scelte siano fatte in seno ad una sua poetica consolidata. E tuttavia durante la visione di questo film saltano all’occhio una spontaneità d’espressione e una semplicità nelle soluzioni che fanno a volte storcere il naso.

I giovani interpreti Giulia Todaro e Gianluca Potenziani (ma il discorso può valere anche per la più navigata Daniela Poggi nei panni di Emma che comunque è un personaggio più complesso) danno corpo ai loro personaggi senza aggiungere nulla a quello che sembra un testo piuttosto blindato e dal sapore di romanzo d’altri tempi.

L’obiezione che nella vita reale i ragazzi non parlino così è poca cosa se il motivo risiede in una precisa scelta stilistica. Ma rimane il dubbio di una direzione attoriale non sufficientemente curata che, con la complicità di dialoghi non eccelsi, ci avvicinano pericolosamente agli scogli dell’incredulità dove rischia di sbattere l’intero film.

Il montaggio è pulito, ma non sempre funzionante alla perfezione. Le sovraimpressioni del mare nei momenti di rievocazione danno sì conto di quello che dicevo prima a proposito del mare come sfondo ai ricordi, ma stancano presto l’occhio specialmente con immagini in cui sono presenti movimenti di macchina. Le immagini di repertorio e altri contributi filmici non trovano quasi mai armonia col resto del materiale filmico. Appaiono piuttosto come grumi non tessuti nella trama.

Un colpo di scena non subito prevedibile

Questa, tratta da un racconto di Margot Sesani, è una di quelle storie che se te la raccontassero a voce in un momento qualsiasi della tua giornata non potresti non trovarla formidabile per farci un film. Ma poiché essa fonda la sua forza di seduzione quasi esclusivamente sulla risoluzione a colpo di scena, l’adattamento per un lungometraggio richiederebbe molta più cura ed attenzione ad altri elementi drammaturgici funzionali di cui in questo film non possiamo godere.

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Dillo al mare

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