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Picciridda, una storia di Paolo Licata, tra poesia e realismo

Picciridda affronta il tema del passato, l’emigrazione passiva, ma anche del nostro doloroso presente

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Aveva ragione Sciascia quando diceva che “La Sicilia è cinema”! tanta ce n’è di Sicilia, e di cinema, in questo primo lungometraggio di Paolo Licata, Picciridda. Il film ha un bellissimo sottotitolo: Con i piedi nella sabbia, e con i piedi nella sabbia la piccola Lucia (Marta Castiglia), a picciridda, affida tutte le sue angosce al mare.

La Sicilia e i personaggi

In Sicilia ci sono tante spiagge più belle di questa, ma Licata ha voluto ambientare la narrazione qui, a Favignana, nell’asprezza della sua terra che conosce molto bene. Per sfondo, la tonnara e le scogliere dorate con un susseguirsi di anfratti, a suggerire il desiderio di nascondersi. Lo spettacolo del mare quello di aprirsi. Paesaggio estremamente mimetico che rende gli stati d’animo della preadolescente Lucia, abbandonata dai genitori per cercare un futuro in Francia. Consegnata alla nonna Maria, una Lucia Sardo bravissima come sempre, forse di più.

Dura, severa, e senza tradire la minima debolezza, vestita di scuro per una vedovanza ormai lontana o per mortificazione, donna Maria è rispettata da tutti. Forte e indipendente, sa però vestire i morti con una pietà che la rende unica. Lei è donna Maria, perché l’appellativo donna non lo si dà a chiunque, solo a chi merita una particolare considerazione. “Io quannu sugnu ranni, puri così voglio essere chiamata: ronna Lucia”: dice la ragazzina, ingenua. E se ne vanno, nonna e nipote, mano nella mano, in un dialogo ridotto all’essenziale. “Una vecchia e una bambina: il respiro di due vite affancendate”. Così le descrive Catena Fiorello, autrice dell’omonimo romanzo da cui è tratto il film, che ambienta la sua storia a Letojanni, Taormina. E allo scorso Festival di Taormina tornano Lucia e Maria, e Picciridda ottiene un grande successo.

Realismo e poesia

Nel film sono seguite dalla macchina a spalla per rendere ogni scena con un realismo vicino al documentario. Eppure, questo loro incedere, così come i momenti nella casa che abitano, spoglia, povera ma a suo modo dignitosa, sanno essere incredibilmente poetici. Così come i loro silenzi, Maria che segue chissà quali fantasmi, Lucia fragile solo in apparenza, ma solidissima per la sua età: età così lontane, di donne ugualmente forti. A richiamare le “Donne che corrono coi lupi” di Clarissa Pinkola Estés: “Ci siamo lasciate crescere i capelli e li abbiamo usati per nascondere i sentimenti”.

Poche le inquadrature a effetto, come quelle della nonna che fuma il sigaro, lei e l’amica, simmetricamente di spalle, mentre guardano le belle stellate estive. Per il resto, la quotidianità meridionale degli anni Sessanta, con una buona ricostruzione di ambienti, costumi, atmosfere. Meno colorata di come appare in Respiro di Emanuele Crialese (soprattutto nelle riprese di interni), ma non meno realistica. La lingua è un dialetto che ha bisogno dei sottotitoli. Incisiva, in dialoghi efficaci.

Ottima la rielaborazione personale del romanzo di Catena Fiorello

Paolo Licata ci risparmia tutte le tumpuliate, gli schiaffi frequenti che la nonna elargisce a Lucia nel romanzo. Meglio così, perché il personaggio di Maria ne guadagna molto in spessore. S’intuisce che la sua scontrosità possa risalire a qualche dramma del passato, ma la rabbia che Catena Fiorello fa sfogare sulla nipote non ce la rendono vicina, come nel film. Dove appare ruvida, ombrosa, ma non per questo intrattabile. Il regista evita anche la messa in scena di ben due tragedie che danno cupezza alla storia, senza aggiungere motivi di crescita. Ne basta una sola, di catastrofe, indicibile, per dare una svolta a tutta la vita di Lucia. Che da grande torna nei luoghi dell’infanzia a scoprire altri segreti, pure questi non raccontabili. Utili però a chiudere, se non a risolvere del tutto, il vero dramma esistenziale e a riappacificarsi in parte con le origini.

Il primo grande merito di Picciridda è la sceneggiatura dello stesso Paolo Licata, che della storia ha saputo utilizzare gli spunti migliori, le suggestioni di personaggi e ambienti, e ha sostituito ad alcune rigidità del testo, caratterizzazioni personali, sfumature lievi. Un dialetto, infine, che aderisce perfettamente al resto, e sa dare più verità, più armonia, alla narrazione tutta.

Un film utile, non solo poetico

Altro merito: dar voce a chi non ne ha avuta in passato, a chi non ne ha in questo doloroso presente: cioè, le vittime dell’emigrazione passiva, i figli di coloro che li lasciano per un futuro migliore. Bambini costretti a subire la separazione dai genitori, come succede a Lucia, da noi, nei lontani anni Sessanta; lo stesso distacco che vivono oggi i figli degli immigrati verso l’Europa. “E’ una tematica importante che non deve mai smettere di trovare il proprio spazio nel mondo dell’informazione, con qualsiasi mezzo”, dichiara il regista e noi siamo d’accordo con lui.

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  • Anno: 2019
  • Durata: 95'
  • Distribuzione: Satine film
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Paolo Licata
  • Data di uscita: 05-March-2020