È da sempre che lo fa e, come è apparso chiaro anche a Berlino, non ha alcuna intenzione di smettere. Il cinema di Philippe Garrell è di quelli da prendere o lasciare per il radicalismo con cui il regista francese continua a inseguire i fantasmi dell’amore, nel caso specifico incarnati irrequieta gioventù di Luc, incapace di fermarsi al primo fiore e in maniera ossessiva impegnato a trovare la donna in grado di conquistarne il cuore.
Le sel des larmes è il nuovo capitolo di un discorso che Garrel porta avanti sfidando mode e anacronismi, rifacendosi a un cinema, quello libero e indipendente della Nouvelle Vague
Attraversato come al solito dalla sensualità genuina di corpi belli e tutt’altro che impossibili – vista la facilità con cui il protagonista riesce a conquistarne le grazie -, Le sel des larmes è il nuovo capitolo di un discorso che Garrel porta avanti sfidando mode e anacronismi, rifacendosi a un cinema, quello libero e indipendente della Nouvelle Vague, che se ne infischia di presentarci donne virago, in linea con il modello dominate. Perché quelle di Le sel des larmes, interpretate con sublime leggerezza da una serie di attrici in fiore, sono disposte a soffrire struggimenti di ogni genere senza battere ciglio, sottoponendosi stoicamente agli umori del Don Giovanni di provincia. Il quale, nel tormento delle sue contraddizioni sentimentali, mette il film nella condizione di essere criticato per banalità e incongruenze capaci di stimolare un riso solo in apparenza involontario.
Garrel persegue a tutti i costi una coerenza, fino al punto di dispiacere a pubblico e addetti ai lavori
Perché il ridicolo che spesso si affaccia sul Le sel des larmes, e di cui Luc è titolare, altro non è che uno dei lati, quello meno romantico e affascinante, della medesima medaglia. In questo senso, l’interpretazione che ne dà Garrel altro non è che il risultato di una coerenza perseguita a tutti i costi e fino al punto di dispiacere a pubblico e addetti ai lavori.