The milky way: oggi come ieri
Una stupenda animazione in bianco e nero apre The milky way, catturando l’attenzione dello spettatore curioso, che vuole da subito capire che tipo di storia si vuole raccontare.
In mezzo alle montagne, mentre scende copiosamente la neve, un gruppetto di persone mal coperte, con povere valigie e poco altro, cerca di varcare la frontiera tra Italia e Francia, illegalmente.
La voce narrante è quella di un uomo che parla con accento calabrese e racconta di come, negli anni Cinquanta, dopo tante lotte sostenute per il lavoro e per i diritti nella propria regione natia, la fame spingesse comunque le persone a emigrare.
I protagonisti degli incisi animati, che accompagnano la narrazione del documentario, decidono di emigrare in Belgio per lavorare in miniera, un lavoro duro che rovinava i polmoni ma per il quale prendevano il giusto e consentiva una vita decente.
Una storia da raccontare
Dopo questa premessa, che richiama la ‘nostra’ storia di emigrazione, compare il colore e l’attualità si svela nella città di Bardonecchia, luogo di confine e di transito verso la Francia.
E’ proprio qui, alla stazione, che il regista di The Milky way, Luigi D’Alife ha preso contatto per la prima volta con i migranti in attesa e al contempo ha preso coscienza di dover fare qualcosa, sia dal punto di vista degli aiuti materiali, sia da quello del racconto audiovisivo.
“La prima volta che ho messo piede dentro la sala d’aspetto della stazione di Bardonecchia era quasi Natale – racconta il regista – C’era un via vai frenetico visto il periodo di vacanza. Mentre tutto intorno scorreva, una mezza dozzina di ragazzi attendeva: il loro obiettivo era passare il confine, andare in Francia o ancora oltre. In quel primo contatto, quello in cui superi l’impasse e dici “tutto bene? Hai bisogno di qualcosa?”, in quel momento è nata questa storia. O almeno la necessità di raccontarla.”
La via lattea
Tra interviste, immagini suggestive di una natura incontaminata e di luoghi montani, inserti animati e racconti dei protagonisti, si dipana una matassa complessa che vede le Alpi Occidentali, per 200 anni luogo di fuga per gli italiani che riparavano in Francia, diventare oggi percorso clandestino anche per i migranti di origine africana.
Proprio accanto agli impianti sciistici chiamati “La via Lattea”, 400 km di piste, infatti, che ospitano di giorno turisti e autoctoni decisi a divertirsi e fare sport, migranti disperati e mal equipaggiati si avventurano di notte rischiando la vita, con la speranza di eludere la polizia di frontiera e raggiungere la Francia (tra Claviere e Monginevro).
Una storia di solidarietà
The milky way racconta di come, da sempre, ci sia solidarietà sulle montagne e molte persone, su entrambi i lati del confine, diano aiuto a chi passa di là per cercare una vita migliore. Racconta una donna di non poter dormire in un letto caldo pensando che, alla stazione, c’erano persone che gelavano, affamate e senza niente: questo tipo di solidarietà si trova ancora nelle comunità montane e dovrebbe animare a non lasciare gli altri in balia del proprio funesto destino.
“Ho scelto di partire dalle storie degli abitanti delle montagne – prosegue il regista – di chi oggi come ieri crede che nessuno si lascia indietro, che non c’è colore della pelle, pezzo di carta, lingua straniera, che possa determinare chi va soccorso e chi no.
Lo sa bene chi ogni sera calpesta la neve dei sentieri in cerca di qualcuno di mai conosciuto, di cui non si sa neanche il nome, ma che di fronte all’ennesimo viaggio pericoloso non deve essere lasciato solo, dimostrando così che il più virtuoso dei sentimenti umani, quello di chi mette a disposizione la propria vita per gli altri, non è seppellito in un passato nostalgico e lontano, ma vive oggi, qui e ora.
In questo senso, il recupero della memoria intrapreso nel percorso del film non vuole essere un esercizio retorico (“quando gli immigrati eravamo noi”), bensì una sua riattualizzazione, attraverso i gesti e le pratiche che sono pervenuti fino a noi e vivono ancora”.
Luoghi di incontro
Dunque le Alpi, così come il Mediterraneo, non dovrebbero essere considerate barriere, ma luoghi ‘di passaggio e di incontro’, frontiere naturali a disposizione dei popoli, capaci di unire e avvicinare anziché dividere e allontanare, perché di muri, sembra dire il regista, ce ne sono già abbastanza e tutti gli esseri umani hanno diritto a vivere e ad essere rispettati ed accolti. La ‘Via Lattea’ dovrebbe diventare un luogo che, come nella volta celeste, illumina il cammino e non una via oscura per molti, né tanto meno una tomba.
Distribuito da OpenDDB, il documentario segue un calendario di proiezioni personalizzato a livello nazionale e reperibile al seguente link.