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Autumn adagio (Festival di Roma 2010)

«”Autumn adagio” di Tsuki Inoue, giovane regista giapponese, è un film delicato, dalle atmosfere rarefatte, sobrio e poetico, girato con una sensibilità rara».

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Chi lo frequenta da un po’ sa che il Festival di Roma, spesso, propone le cose migliori nella sezione “Extra” che, quest’anno, dedica un interessante focus al cinema giapponese.

Autumn adagio di Tsuki Inoue, giovane regista al suo primo lungometraggio, è un film delicato, dalle atmosfere rarefatte, sobrio e poetico, girato con una sensibilità rara.

Mariko è una suora che ha superato la soglia dei quarant’anni e, dopo tanto tempo passato in un grigiore che le ha velato il volto, sente la gioventù scivolarle dalle mani, esattamente come le foglie che d’autunno cadono dagli alberi, annunciando la fine dell’estate. La sua anima si è intorpidita in una quotidianità in cui la ripetizione dei gesti ha soffocato la fiamma vitale che fa ardere lo spirito e, all’improvviso, è colta da un’urgenza che non può più ignorare. Non è esattamente il desiderio a scuoterla, piuttosto il rimpianto di aver rinunciato alla procreazione, avendo regalato la propria fertilità a Dio. Il rapporto complicato tra una madre, in fin di vita, e un figlio, che non ne vuol sapere più nulla, costituisce quell’elemento dirompente che desta Mariko, portandola a violare il vincolo della castità, e facendo, in tal modo, scorrere tutta quella vita negata o, meglio, donata.

Commovente davvero la sequenza in cui la suora, timida e maldestra, consegna, come se fossero biglietti, delle foglie rosse ad una bambina, spiegandole la grandiosità della fertilità, dono che il signore fa ogni mese a una donna, esortandola a farne uso prima che sia troppo tardi. Un passaggio di consegne.

La macchina da presa è spesso immobile, e i movimenti, rari, intervengono a sottolineare i passaggi emotivi intensissimi e, al tempo stesso silenziosi, che attraversano la pellicola. È un cinema, questo, essenziale ma efficacissimo, che vorremo vedere più spesso.

A fine proiezione la regista è stata salutata da intensi applausi, e i suoi inchini così gentili  e ossequiosi verso il pubblico e il suo volto pudico e commosso parevano proprio quelli di Mariko.

Luca Biscontini

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