La proiezione triestina ci ha lasciato anche questa certezza: una saga cinematografica così scanzonata non poteva che uscir fuori da un omone come Timo Vuorensola, folle(ggiante) cineasta finnico dalla statura rapportabile soltanto alla straripante goliardia, alla genuina irriverenza: un soggetto di tal fatta o lo creava un Padreterno più ispirato del solito direttamente dall’argilla delle paludi scandinave o lo creava il “dio del cinema” Aki Kaurismäki direttamente dalla pellicola o lo creava la Natura stessa, come pensiamo che sia in effetti avvenuto.
Fatto sta che all’attesissima premiere di Science + Fiction lo abbiamo visto arringare la folla come un troll di montagna sceso per sbaglio al Politeama Rossetti, tra gorgheggi improvvisati e stentoree battute in inglese, tra il ricordo di ispirazioni cinefile maturate durante qualche sauna con amici non meno balordi di lui e l’inevitabile corollario alcolico di tali incontri. Lo spettacolo prima dello spettacolo. E date le premesse, non poteva che uscirne fuori un’altra demenziale, fottuta genialata.
Prima di proseguire, però, occorre fare “tre passi indietro con tanti auguri”, come recita anche la nota carta del Monopoli. Perché in principio (ovvero nel 2012) fu Iron Sky: ammirevole compenetrazione di toni epici, parodia, appeal fumettistico e intenzioni satiriche che, dal punto di vista (geo)politico, figuravano forse tra le intuizioni più sottili e lungimiranti.
Ad ogni modo il cinema contemporaneo, nel fare i conti con l’eredità dei grandi totalitarismi di Destra sbocciati (e periti) nel Novecento, pare rapportarsi all’astronomia in termini alquanto curiosi: per la fervida oltreché malata fantasia del nostro Timo Vuorensola i Nazisti al termine della Seconda Guerra Mondiale avrebbero lasciato il pianeta su qualche astronave mettendo su casa (o meglio, un’avveniristica base spaziale) sul Lato Oscuro della Luna, mentre l’altro goliardo Corrado Guzzanti si era divertito addirittura ad immaginare Fascisti su Marte!
Tornando in ogni caso a The Nazi Side of the Moon, così come il cineasta finlandese lo aveva pensato e raffigurato nel primo lungometraggio, i militari germanici miracolosamente fuggiti sul vicino satellite in 70 anni di segretissimi progetti spaziali erano riusciti a completare un’enorme fortezza lunare, base di lancio per quell’armata di dischi volanti ormai prossima ad attaccare la Terra, così da invaderla ed imporvi un non meno agguerrito, per quanto iperbolico, Quarto Reich. La trama di Iron Sky si sviluppava inglobando alcune notevoli intuizioni narrative, a partire dallo sfortunato allunaggio dei due astronauti americani, caduti nelle grinfie dei nazisti espatriati sulla Luna durante una missione voluta dalla nuova Presidentessa degli Stati Uniti, donna particolarmente cinica, opportunista e rapace. Se infatti la traslitterazione iconografica del nazismo dominava l’intero impianto visivo e concettuale del film, ammiccante era poi il legame creatosi nel modo più naturale possibile tra esso e l’insieme di tattiche e blindature propagandistiche di un imperialismo americano non così difforme, in quanto ad aggressività e istinti guerrafondai, da quello che vediamo attualmente all’opera, per quanto gli eventi siano collocati in un immaginifico futuro.
Dalla conclusione dell’ormai inevitabile conflitto tra potenze terrestri e lunari e dal quasi totale annientamento della vita sul nostro pianeta, tragedia raccontata comunque con toni beffardi e parodici, si è ripartiti per dar vita al sequel, Iron Sky: The Coming Race: un’operazione dal budget ben più elevato i cui preparativi sono andati avanti per anni, sfociando ora in una nuova avventura Sci-Fi dal timbro ironico e grottesco che, pur non potendo cogliere di sorpresa lo spettatore come era avvenuto con il fortunato prototipo, lo porta a spasso dalla Terra alla Luna (pure Verne sarebbe stato contento) regalandogli alcuni momenti di satira e di demenziale umorismo a dir poco felici.
“Complottismi” di ieri e di oggi fanno da sfondo alla picaresca epopea: da un lato il revival totalitarista si colora, con l’ingresso dei nostri eroi nei tunnel che conducono al cuore della “terra cava”, di buffe rivisitazioni del nazismo esoterico e di altre fantasiose teorie del secolo scorso. E per il resto sono i potenti della Terra descritti qui come astuti e feroci “rettiliani”, alieni Vril presenti nel Sistema Solare sin dalla Preistoria, a dominare la scena; da Stalin alla Thatcher, dai capi delle grandi religioni monoteiste all’alter ego di Putin, dalla rediviva Presidentessa degli Stati Uniti allo stesso Adolf Hitler. E vedere Udo Kier cavalcare, proprio nei panni del Führer, un infuriato tirannosauro, resta tra le trovate più spassose ed iconiche dell’intero lungometraggio.
Sebbene, da parte nostra, una punta di preferenza vada all’irresistibile parodia di Steve Jobs, reso persino oggetto di un improbabile culto lunare. L’indiavolata sarabanda con cui si conclude Iron Sky: The Coming Race va quindi interpretata come l’atto finale? Pare proprio di no. Una delle ultime inquadrature ci regala l’immagine di Marte, “pianeta rosso bolscevico e traditor”, con l’inequivocabile presenza di una base filosovietica sulla sua superficie: evidentemente l’incorreggibile Timo Vuorensola ha ancora qualche cartuccia da sparare. Non resta perciò che attendere al varco la prossima burla galattica, che il finlandese ha in serbo per il suo pubblico di adorabili buontemponi. Heil, sauna!