Wasp Network di Olivier Assayas su Netflix. La recensione
Olivier Assayas basa il suo ultimo lavoro su una storia realmente accaduta: come già aveva fatto nel 2010 con la serie televisiva Carlos, premiata ai Golden Globe del 2011 come miglior miniserie, e in cui ricompare come attore protagonista il bellone - ma anche bravo - Édgar Ramírez
Wasp Network è un film del 2019 scritto e diretto da Olivier Assayas ed é visibile da qualche giorno su Netflix
Trama
Basato sul libro Os últimos soldados da Guerra Fría del giornalista Fernando Morais, il film è incentrato sulla vicenda storica di cinque membri della Red Avispa (in inglese Wasp Network), una rete di spionaggio stabilita dal governo cubano nella Miami degli anni novanta con l’obiettivo di infiltrare le organizzazioni terroristiche anti-castriste lì presenti.
Recensione
L’Avana, 1990. René González, pilota cubano, ruba un aereo e fugge dall’isola, lasciandosi dietro l’amata moglie Olga e sua figlia Irma per cominciare una nuova vita a Miami. Successivamente, altri uomini seguono l’esempio di González e avviano una rete di spionaggio. La loro missione è quella di infiltrarsi nelle organizzazioni anti-Castro, responsabili di diversi attacchi terroristici su Cuba.
Olivier Assayas basa il suo ultimo lavoro su una storia realmente accaduta: come già aveva fatto nel 2010 con la serie televisiva Carlos, premiata ai Golden Globe del 2011 come miglior miniserie, e in cui ricompare come attore protagonista il bellone – ma anche bravo – Édgar Ramírez.
Il regista francese in Wasp Network, però, si limita al compitino pettinato (la sceneggiatura, scritta dallo stesso Assayas, si basa sul romanzo Last Soldiers of the Cold War del giornalista brasiliano Fernando Morais) senza quell’aura ammiccante (Sils Maria), sensuale (Personal Shopper), caustica (Il gioco delle coppie) che poteva essere un segno distintivo. Certo, essendo una storia contemporanea (i fatti raccontati vanno dal 1990 al 1998) non si può alterare la veridicità delle esistenze intrecciate all’amore comune che le unisce per Cuba, ma Assayas non osa, non spinge, non graffia, non ha quello “zing” che fino a questo momento ha contraddistinto i suoi titoli (comunque non esente da altri scivoloni, ricordate Boarding Gate?). E per quanto gli attori siano diretti in maniera pulita, il complesso resta anonimo e vagamente asettico. Qualche riversa per Penélope Cruz, nonostante rimanga un volto che non fa sconti sulle sfumature di cuore rispetto a quelle di testa – e va bene così.
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