Alì ha gli occhi azzurri, un film del 2012 diretto da Claudio Giovannesi. Il film si ispira alla poetica di Pier Paolo Pasolini e racconta la dura vita di due adolescenti, Stefano e Nader, in una borgata romana. Il secondo lungometraggio del regista romano ha vinto il Premio Speciale della Giuria e il Premio alla Miglior opera prima e seconda al Festival Internazionale del Film di Roma, il Premio FICE, il Premio Mario Verdone, è stato candidato ai Nastri d’argento come miglior film ed è stato presentato in concorso al Tribeca Film Festival. Scritto da Filippo Gravino e Claudio Giovannesi e con la fotografia di Daniele Ciprì, Alì ha gli occhi azzurri è interpretato da Nader Sarhan, Stefano Rabatti, Brigitte Apruzzesi, Marian Valenti Adrian, Cesare Hosny Sarhan, Fatima Mouhaseb, Francesco Panetta.
Sinossi
Stefano e Nader condividono ogni momento della loro esistenza. Entrambi adolescenti della periferia romana invischiati in loschi giri, uno italiano e l’altro egiziano, passano dalle rapine al supermercato alle mattinate in discoteca senza che nulla intacchi il loro rapporto. Anche Brigitte, la fidanzata di Nader, è italiana ma i genitori del giovane si oppongono a un amore che considerano contrario ai loro valori culturali. Dopo l’ennesimo scontro in famiglia, Nader decide di scappare di casa per andare incontro a una settimana in cui cercherà di scoprire la propria identità. Diviso tra l’essere italiano e le radici egiziane, sopporterà freddo, fame, paura, solitudine e perdita dell’amicizia per di capire chi è.
Alì dagli Occhi Azzurri
uno dei tanti figli di figli,
scenderà da Algeri, su navi
a vela e a remi. Saranno
con lui migliaia di uomini
coi corpicini e gli occhi
di poveri cani dei padri
sulle barche varate nei Regni della Fame.
(da Profezia di Pier Paolo Pasolini)
Alì ha gli occhi azzurri è un film innanzitutto importante, oltre che commovente, capace di raggiungere le alte vette di un certo lirismo tipico della poesia di Pier Paolo Pasolini, cui è appunto ispirato. E come non poteva essere così, se lo stesso regista, scrittore e giornalista che tanto manca a questo paese, nel lontano 1964, attraverso la poesia Profezia raccontò le vicende del mondo contemporaneo, con tanto di avvento di una società multiculturale. Claudio Giovannesi è bravo a cogliere il realismo più esasperato, quello che fa male, ai suoi stessi personaggi e a chi pensa di essere sempre e comunque dall’altra parte. A chi pensa che il mondo, mistificandolo con altri colori, possa sembrare meno disgustoso e cattivo. La macchina da presa sempre in movimento, nervosa e mobile, che pedina i personaggi, e il realismo cromatico della fotografia di un grandissimo Daniele Ciprì riescono a scandagliare i tempi, feriale e festivo, in cui tutti, stranieri e non, ci si riconosce come barconi alla deriva, vagabondi. È in questo riconoscersi che il film può essere senza’altro considerato un vero e proprio viaggio di formazione, per chi va ma anche per chi rimane, nella convinzione di non potersi mai smuovere dalla ricerca di sé, non privandosi dello smarrimento, specie di fronte a culture diverse. A tal proposito, è interessante il continuo stringere della cinepresa sui volti, con inquadrature ravvicinate, anziché le scene d’insieme, quasi inesistenti. C’è molto dei fratelli Dardenne, insieme alle tante storie pasoliniane di borgata. Una vera e propria denuncia dell’incapacità del nostro paese di fare fronte a un quotidiano ormai multietnico e multiculturale, in cui a lacerare le nostre teste, cariche di dubbi, non solo religiosi, sono le stesse tante contraddizioni che caratterizzano Nader. Perciò, Alì ha gli occhi azzurri, assolutamente politico, e della miglior politica, rende giustizia a una condizione esistenziale che non è solo degli stranieri. Anzi, non è affatto extra, al di fuori del nostro quotidiano presente. A prescindere dal punto di vista e dal colore in cui ci appaiono le cose, la possibilità di vivere in fuga diventa indispensabile per chi non si sente unico e solo abitante di un mondo che ha tante sfumature.