Il cinema a Berlino non è solo Berlinale: durante tutto l’anno, infatti, ci sono numerosi piccoli festival che animano la città, spesso gestiti da privati, occasioni per dare spazio a produzioni indipendenti e di nicchia. Uno di questi è il Visionär Film Festival, la cui terza edizione si è svolta dal 3 al 7 Aprile presso l’Acud Kino a Prenzlauerberg. Il suo obiettivo è promuovere la creatività dei nuovi talenti, contribuendo al dialogo multiculturale della società di oggi. Il Visionär si autodefinisce una piattaforma interdisciplinare e transnazionale di contatto e scambio tra artisti nell’ambito visivo, cinematografico e musicale.
Dopo cinque serate di cinema, l’edizione di quest’anno si è conclusa con la premiazione di Cassandro, The Exotico! di Marie Losier, miglior film premio della giuria, di One Day di Zsófia Szilágyi, miglior film premio del pubblico, e di Happy Birthday di Savio Debernardis, miglior cortometraggio premio del pubblico. L’evento di chiusura del festival è stata la proiezione del film fuori concorso La Lucina di Fabio Badolato e Jonny Costantino, basato sull’omonimo romanzo di Antonio Moresco, a cui è seguita la discussione con il pubblico. Ho avuto il piacere di partecipare, ed è stato un piacere doppio, dato che ho letto il romanzo non molto tempo fa. Le coincidenze a volte esistono! La storia narrata è molto intima e priva di grandi eventi, ma segue un ritmo pacifico scandito dal lento susseguirsi delle stagioni nel bosco e dei pensieri del protagonista, interpretato dallo stesso Moresco, che i registi hanno ritenuto l’unico a poter incarnare l’intimità del racconto. Lo scrittore ha ammesso di essere cosciente delle sue limitazioni recitative, ma esse non hanno limitato il suo coinvolgimento emotivo. Neanche gli altri pochissimi attori che compaiono, tra cui spicca il bambino, sono dei professionisti. Eppure il film funziona, grazie anche alla natura che ha un ruolo da coprotagonista insieme al vecchio e al bambino. Vivendo e osservando la natura, l’uomo guarda più profondamente dentro se stesso.
La trama in breve è questa: un uomo anziano va a vivere in un borgo abbandonato in mezzo alle montagne, perché secondo le sue stesse parole vuole sparire. Nota che dall’altra parte della gola si accende una luce, la sera sempre alla stessa ora, e incuriosito va a vedere. Trova un bambino che vive da solo in una vecchia casa come la sua: chi è e perché vive da solo in mezzo alla foresta? L’intimità dell’incontro tra uomo e bambino, due facce della stessa medaglia, addolcisce il confine tra la vita reale e le altre dimensioni, lasciando allo spettatore un leggero senso di sperduta serenità.
Nel film mancano alcune scene presenti nel libro, e ne sono state aggiunte altre che invece nel libro non esistono: come spiegato dai registi e dall’autore, è un processo naturale di trasposizione dalle pagine allo schermo. Lo spirito però resta lo stesso. Le opposizioni natura-uomo, buio-luce, silenzio-rumore rimangono nel cuore della struttura narrativa tipica di Moresco. Perché come lui stesso ha detto al pubblico: “Se noi non abbiamo il coraggio di andare nel buio più profondo, non potremo vedere neanche la più piccola luce. Se non abbiamo il coraggio di sopportare il silenzio, non riusciremo a sentire neanche la più piccola voce”.
Valeria Lotti