Dopo Moonlight Barry Jankins torna alla Festa del Cinema di Roma per presentare il suo nuovo lungometraggio, Se la strada potesse parlare, primo adattamento di un romanzo di James Baldwin: “Lessi Baldwin per la prima volta quando mi lasciò la mia ragazza, fu lei a dirmi di leggere uno dei suoi libri. Mi innamorai subito della sua scrittura”.
Se la strada potesse parlare è ambientato nella Manhattan degli anni ’70. Fonny e Tish sono due giovani innamorati cresciuti ad Harlem. Quando Fonny viene arrestato per un crimine che non ha commesso, la ragazza, che ha da poco scoperto di essere incinta, decide di ingaggiare una dura battaglia contro il sistema legale americano facendosi carico di tutte le responsabilità, sostenuta soltanto dall’affetto della famiglia e dalla propria forza interiore. “Se la strada potesse parlare è il romanzo che meglio racconta le due anime di Baldwin – spiega il regista – da una parte il lato romantico e sensuale delle sue storie, dall’altra la critica verso la società e le ingiustizie del sistema giudiziario americano”. Dopo il tema dell’omosessualità, raccontato attraverso la toccante intimità di Moonlight, nel suo nuovo film la passione e l’amore sono una risposta alla feroce battaglia ingaggiata dai protagonisti contro il razzismo della società statunitense degli anni ’70. In entrambe le pellicole la struttura sociale americana è l’ostacolo, o il nemico, che impedisce ai protagonisti di coronare l’amore; ma il sesso, la tenerezza, il prendersi cura l’uno dell’altra e l’amore della famiglia sono gli antidoti che il regista (e sceneggiatore) esplora nei suoi lungometraggi.
Se la strada potesse parlare ha una struttura più asciutta e lineare del precedente film, con una voce narrante di raccordo che a tratti sembra ricordare lo stile di Spike Lee (nel descrivere e raccontare foto e scene di vita quotidiana dei quartieri americani). Sui costumi e sulla scenografia Jenkins lavora sul dettaglio, creando ora evidenti, ora più sottili rimandi all’atmosfera del film. Maneggia con cura la macchina da presa e, con una fotografia viva e luminosa, mostra con delicata precisione una storia d’amore così semplice e pura che sorprende per la sfrontata vitalità con cui riesce a cambiare continuamente registro: ora romantico, ora drammatico, ora ironico. L’autore con notevole originalità esplora un aspetto così comune, ma anche così ampio e urgente quando messo in scena nei suoi film, da sintetizzare in poche e semplice inquadrature una risposta che a parole sarebbe fin troppo complicata da spiegare. L’amore e il sesso in Jenkins non sono solo semplici atti umani, ma un vero e proprio movimento rivoluzionario contro lo status quo.