Qua la zampa

Tratto da un successo letterario, il nuovo film di Lasse Hallström racconta la favola di Bailey, un cane alla ricerca del senso della vita. Doppiato in Italia da Gerry Scotti, questo tenero protagonista supera il velo sottile che separa animali ed esseri umani, stringendo un legame indissolubile con il suo padrone.

Sinossi: Ethan ha otto anni quando insieme a sua madre salva un cucciolo di Golden Retriever da morte certa. Nonostante le iniziali riserve del padre, la famiglia adotta il piccolo animale e lo chiama Bailey. Durante l’adolescenza e i primi passi nel mondo adulto, Ethan e il cane sono inseparabili. Dopo una lunga vita insieme al ragazzo, il viaggio di Bailey non si interrompe e la sua anima continua a rinascere. Prima è un cane poliziotto di Chicago, poi un fedele Corgi di nome Tino e infine un San Bernardo che finirà per essere abbandonato sul ciglio di una strada. Ma Bailey ricorda tutte le sue vite passate, e ricorda soprattutto del suo primo padrone Ethan, l’unico con cui scoprirà finalmente lo scopo del suo lungo viaggio.

Recensione: Protagonista e voce narrante di Qua la zampa è Bailey, un cane che, a differenza di molti film sugli animali, non comprende la lingua dell’uomo. Solo con l’esperienza e l’attenzione riesce ad interpretare le voci e le espressioni umane. Deciso a cercare un significato a questo suo lungo viaggio, esplora le vite dei suoi padroni e cerca in tutti i modi di trovare in loro la felicità che lui non riesce a trovare.

Il cane è un protagonista ricorrente nei film di Lasse Hallström, come lo stile favolistico e i toni ovattati della sua regia. Se con Hachiko – Il tuo migliore amico il rapporto uomo animale si ispira ad una storia vera diventata ormai leggenda in Giappone, in Qua la zampa il regista svedese cede completamente il passo alla fiaba. Questo gli permette di sfruttare i temi come la reincarnazione, senza perdere credibilità nel raccontare il rapporto cane-padrone. Così, nel frattempo, inserisce elementi come l’alcolismo, la solitudine, l’abbandono, l’amore, con la capacità di passare oltre, quando il film rischia di diventare troppo complicato, perché tutto è visto con gli occhi di un cane, la cui innocenza lava tutti gli errori umani.

Forse perché lo reputava un film troppo fiabesco, il regista di Chocolat decide di asciugare gli elementi favolistici alla sola reincarnazione dell’animale, portando sullo schermo una pellicola che non accontenta nessuno. Per questo rimane una favola che non riesce ad incantare, e una storia che non aggiunge nulla al rapporto uomo animale già descritto nel suo precedente film sopra citato.

Superati gli attimi più toccanti, il regista sembra puntare soprattutto sulla carineria e simpatia dei protagonisti animali. Il tutto, unito alla durata non troppo agevole della pellicola, che rischia di annoiare anche gli spettatori più piccoli.

Alessio Paolesse