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64. Festival di Berlino: “Boyhood” di Richard Linklater (Concorso)

Alcuni film commuovono, altri divertono. Alcuni raccontano avventure fantastiche, altri piccole storie vere. Altri si chiudono in due ore di proiezione, altri si estendono in saghe e capitoli. E poi c’è “Boyhood”, un film che non si dimentica

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boyhood

Anno: 2013

Durata: 163′

Genere: Drammatico

Nazionalità: USA

Regia: Richard Linklater

Alcuni film commuovono, altri divertono. Alcuni raccontano avventure fantastiche, altri piccole storie vere. Altri si chiudono in due ore di proiezione, altri si estendono in saghe e capitoli. E poi c’è Boyhood, un film che non si dimentica. La progettualità di Richard Linklater è sorprendente: dal 2002 ha riunito gli stessi attori una volta l’anno per dare continuità al vissuto quotidiano di una famiglia vista con gli occhi del piccolo Mason (Ellar Coltrane), che intanto cresce. Mason Junior ha alle spalle due giovani genitori separati (Patricia Arquette ed Ethan Hawke) e una sorella più grande con cui non sempre le cose filano lisce. Dall’infanzia all’ingresso al college di Mason, la macchina da presa di Linklater sviscera in un lasso temporale di circa 10 anni gioie e dolori di quel percorso chiamato vita. Fedele a un’idea e a una conclusione visualizzata chiaramente sin dal principio, Linklater ha custodito con cura scritti e girato e con dedizione ogni anno ha riaperto il caso confrontandosi con difficoltà produttive e temuti imprevisti (un plausibile abbandono del film da parte di uno dei suoi attori nel corso degli anni, ad esempio, avrebbe fatto saltare l’intero lavoro) per definire le minuzie di una sceneggiatura amata con pazienza.

Ad altezza di bambino e con una spiccata sensibilità narrativa, Linklater scrive un commovente romanzo sulle tribolazioni emotive dell’essere figli e genitori, sul conflitto dilaniante e costante fra sano egoismo e l’altruismo più disinteressato. Il mondo adulto osservato con gli occhi di Mason/Linklater è alla ricerca dell’equilibrio tra responsabilità e desideri, si barcamena non sempre con successo tra il dovere verso l’altro e quello verso se stessi. Nel corso degli anni Mason cambia città, casa, scuola, amici, ‘padri’, perché nel frattempo la madre ha ripreso a studiare, poi a lavorare, incontrando solo uomini sbagliati. Mason vorrebbe restare aggrappato alla stessa condizione stabilmente ma intanto il flusso degli eventi e le scelte dei ‘grandi’ lo trasportano verso nuovi approdi e nuovi inizi a cui adattarsi. Mentre il tempo scorre Mason cresce, cambia con riluttanza e con dolore, perché il cambiamento implica la perdita di una parte di sé e l’accoglienza più o meno forzata di nuove condizioni da interpretare e assimilare. In questa giostra che gira senza riposare mai, posizioni di genitori e figli si arroccano attorno al senso di responsabilità, evocato verbalmente dai primi poiché investiti del ruolo di educatori e dai secondi con sguardi supplichevoli che vorrebbero urlare quanto sia gravoso subire le scelte degli adulti.

Linklater si era cimentato in un progetto di lungo respiro con i tre appuntamenti ‘Before…’ girati puntualmente ogni nove anni insieme a Ethan Hawke e Julie Delpie. L’invecchiamento reale degli attori coincideva con una nuova fase del loro amore e un altro stadio di maturità raggiunto, proprio come succede in Boyhood a Mason che crescendo diventa sempre più riflessivo e saggio, sebbene l’ingenuità di Before… non regga il confronto con la levatura emozionale di Boyhood.

Questo linguaggio ibrido di verità temporale e finzione narrativa e la sensibilità e accuratezza del regista texano nel piegarsi psicologicamente all’altezza di bambino commuovono senza riserve, ci trascinano in un pathos soverchiante. Dalla sfumatura di un tono di voce, dal corrucciarsi della fronte e da sorrisi silenziosamente loquaci cogliamo il vasto spettro di emozioni che si scatenano in questa famiglia imperfetta. Si sbaglia, si ferisce, si soffre, si gioisce, ci si ama nonostante tutto e senza drammi stucchevoli. È la vita, ciò che Linklater ci racconta con zelo e onestà tremendi.

Francesca Vantaggiato

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