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In Sala

Ti stimo fratello

Un tentativo mal riuscito quello di cercare di coniugare satira irriverente, comicità demenziale e un elogio dell’infantilismo: il bersaglio viene mancato di molto. Si sorride a singhiozzo e questo non basta a strappare nemmeno la sufficienza.

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Anno: 2012

Distribuzione: Warner Bros

Durata: 93′

Genere: Commedia

Nazionalità: Italia

Regia: Paolo Uzzi/Giovanni Vernia

 

Se qualche decennio fa il cinema nostrano per far ridere attingeva a piene mani dal prolifico pozzo del cabaret, avvalendosi del travolgente humour dei suoi più conosciuti esponenti, adesso la nuova ondata della commedia made in Italy, sulla scia dei successi stratosferici ottenuti al box office, è ritornata a rifornirsi di quel tipo di comicità per sfornare senza soluzione di continuità prodotti per il grande schermo con l’unico scopo di andare a rimpinguare le tasche delle produzioni e delle distribuzioni. Stavolta, però, si è deciso di andare a pescare direttamente dalle trasmissioni televisive di moda e non da qualche locale o teatrino di periferia sparpagliati qua e là nello stivale, quasi a voler ripercorrere per altre vie le tracce lasciate negli anni Ottanta da Drive In. Tracce che in alcuni casi andrebbero cancellate se si pensa a titoli beceri come i due capitoli di Yuppies, che, portando nelle sale gli stessi interpreti visti attraverso il tubo catodico, poco onore hanno fatto alla tradizione della grande commedia all’italiana, perché figli ingrati di una comicità a ruota libera, di una volgarità intellettuale di fondo e di una scurrilità linguistica senza freno.

Fortunatamente non siamo ritornati a quei livelli, anche se il filone del Cinepanettone dimostra di conservare nel proprio dna evidenti residui. I pozzi dai quali si va ad attingere in questi anni sono presenti soprattutto in casa Mediaset, che attraverso i suoi canali generalisti ha portato nelle case degli italiani show molto graditi al pubblico casalingo come Le Iene, Colorado o Zelig. Allontanati in gran parte gli spettri dello stile alla Drive In, il modello di riferimento è diventato quello del Saturday Night Live, infarcito da una comicità quasi esclusivamente verbale affidata al gergo giovanile, ma anche gestualmente molto agitata, alla quale si va ad aggiungere un pizzico abbondante di satira e ironia sofisticata. Proprio dal modello nordamericano, che dal piccolo schermo ha finito con il contaminare la commedia a stelle e strisce cinematografica, si è dunque deciso di lasciarsi ispirare. Da Zalone a Laqualunque, passando per le tante coppie comiche che via via si sono succedute nel tempo, tutti prima o poi hanno e stanno trovando spazio nel lungometraggio. Ultimo in ordine di tempo Jonny Groove, alias Giovanni Vernia, che dal palco dello Zelig approda dal 9 marzo nelle sale nostrane con Ti stimo fratello.

Il titolo del suo esordio, co-diretto con Paolo Uzzi, viene proprio dalla battuta cult del suo celebre personaggio, ma purtroppo a differenza del successo solitamente riscosso nella popolare trasmissione serale presentata dal duo Bisio-Cortellesi, nel passaggio al grande schermo Vernia e il suo Groove finiscono con il rompersi le ossa. Vernia attira senza alcun dubbio il pubblico giovanile, ma non ha la potenza comica devastante di uno Zalone, in grado come pochi di calamitare a sé masse indistinte di pubblico da Nord a Sud. Il film è basato sullo sketch, intorno al quale la squadra di autori ha tentato maldestramente di imbastire una specie di trama che a conti fatti ha l’inconfondibile sapore della minestra riscaldata. Vernia si sdoppia in due (tre se si conta anche la regia), per vestire contemporaneamente i panni del fratello buono, creativo in un’agenzia pubblicitaria gestita dal padre della fidanzata milanese, e, ovviamente, in quelli di Jonny, re indiscusso della discoteca e della movida, che dal paesino del meridione sale nella metropoli lombarda per tentare un disperato ingresso nella Finanza. Plot alla mano, le assonanze con lo Zalone di Cado dalle nubi parlano da sole, mostrando di fatto la mancanza di originalità nell’operazione, a conferma del fatto che la riuscita non è poi così scontata. Lo sdoppiamento di Vernia, invece di attutire il colpo, al contrario accentua i limiti già espressi dallo script, che nella sua messa in scena appaiono ancora più evidenti. Sulla regia e sulla maggior parte degli effetti di post-produzione che consentono ai due personaggi di interagire preferiamo stendere un velo pietoso (vedere gli sguardi strabici che si scambiano i due nelle inquadrature frontali come ad esempio in quella del taxi), tanto da far rimpiangere persino quelli del recente Jack e Jill.

Il risultato è che si ride veramente poco rispetto alle aspettative. Il tentativo mal riuscito è quello di cercare di coniugare satira irriverente, comicità demenziale e un elogio dell’infantilismo, ma il bersaglio viene mancato di molto. Si sorride a singhiozzo e questo non basta a strappare nemmeno la sufficienza.

Francesco Del Grosso         

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