In una recente intervista a Variety il direttore artistico Alberto Barbera ha ricevuto una domanda scomoda, motivata dalla crescente attenzione che da qualche anno a questa parte viene coltivata verso la parità di genere nel panorama festivaliero, e forse un po’ anche dal successo di Vermiglio nella passata edizione.
“Come mai non ci sono registe italiane in competizione quest’anno?”
Il direttore ovviamente non si è fatto trovare impreparato, e noi siamo qui a parlare di uno dei titoli che avrebbero potuto finire in concorso, ma che il comitato di selezione ha preferito tenere al sicuro dalle aspettative che porta con sé questa responsabilità (e diciamolo, anche dagli agguati della stampa), permettendogli di sbocciare nei giusti tempi.
Il cinema femminile non manca quindi a Venezia, nemmeno se restringiamo il campo al nostro patrimonio locale, e per giunta è in ottima forma. Basta solo sapere dove guardare. Nella sezione Orizzonti, concorso secondario della Mostra del Cinema di Venezia dove i titoli selezionati non si battono per il prestigioso Leone d’Oro, si nascondono due titoli italiani entrambi diretti da donne straordinariamente dotate. Uno di questi è Un Anno di Scuola, secondo lungometraggio della regista triestina Laura Samani, che nel 2021 avevamo visto debuttare alla Semaine de la Critique di Cannes con Piccolo Corpo.
Un progetto personale
Un Anno di Scuola è il libero adattamento dell’omonimo romanzo di Gianni Stuparich, che la stessa regista afferma di aver letto nel corso della sua adolescenza e di esserne rimasta profondamente colpita:
“Da adolescente, ho trascorso la maggior parte del tempo con un gruppo di tre maschi. Essere l’unica femmina mi sembrava un privilegio, ma comportava anche pressioni invisibili: loro potevano dire tutto ciò che volevano, mentre i miei desideri venivano percepiti come una minaccia. Mi trovavo di fronte a una scelta difficile: esprimere ciò che sentivo, rischiando l’esclusione, oppure tacere per essere accettata. Desideriamo le stesse cose a prescindere dal nostro genere, ma non ci è permesso vivere questa necessità allo stesso modo. Questo film racconta le sfide che comporta il crescere come giovane donna in un mondo dominato dagli uomini, dove il corpo e i desideri possono facilmente diventare armi rivolte contro di te.” – Laura Samani
Quando un elemento estraneo sconvolge un ecosistema

Ci troviamo in una Trieste diversa da quella del libro, che è ambientato agli inizi del ‘900. Laura Samani fa la scelta consapevole di traslare gli avvenimenti al 2007, calibrandoli sulla sua esperienza personale e aumentando la risonanza della storia per il pubblico di oggi.
Una diciottenne svedese esuberante e motivata, visibilmente matura per la sua età, si trasferisce in città per frequentare l’ultimo anno di un Istituto Tecnico. Fred si ritrova però ad essere l’unica ragazza in una classe di soli maschi, catalizzando immediatamente la curiosità e le attenzioni morbose dei compagni. In particolare, il suo arrivo sconvolge la vita di tre amici per la pelle: Antero, gentile e riservato; Pasini, sfacciato e popolare; Mitis, ingenuo e protettivo. Il loro consolidato equilibrio vacillerà con l’ingresso della ragazza nel loro gruppo, regolamentato da regole ferree quali il divieto di avere relazioni l’uno con l’altro, e la loro amicizia messa a dura prova dal nascere di complicati sentimenti. Mentre amore, infatuazione e gelosia costringeranno i ragazzi a crescere rapidamente, a Fred sarà concesso uno scorcio di quello che la aspetta nel mondo.
Un Anno di Scuola è un film brillante e appassionato sulla transizione, tanto repentina quanto impercettibile, dall’adolescenza alla maturità, raccontato tramite emozioni così sincere e vivide che risulterà rinfrescante e nostalgico ai cinefili di qualsiasi età.
Uno spaccato veritiero che non scende a compromessi
Una delle maggiori critiche mosse alla pellicola riguarda la rappresentazione di comportamenti sistematicamente molesti nei confronti delle ragazze, una norma anche prima dell’arrivo di Fred. Per quanto ovviamente sbagliati, si tratta di una realtà con cui tutti ci siamo scontrati a scuola, una conseguenza inevitabile del fatto che il risveglio ormonale avvenga tra le mura scolastiche. Il nostro storcere il naso è la prova che siamo passati oltre e che guardiamo con occhi onniscienti a questa età instabile, dotati della maturità necessaria per biasimarli. Siamo consapevoli (o speranzosi, per meglio dire) che il film andrà nella direzione giusta, e che ci permetterà di ritrovare un po’ di stima nel processo di invecchiamento.
Fred è attraente e risponde a tono, incarnando la sana terapia d’urto che mette in moto precocemente la crescita che, presto o tardi, i ragazzi sarebbero stati costretti ad attraversare. il nostro osservare le conseguenze di questi moti ci introduce a un racconto che parla di educazione affettiva, di amicizie sfaccettate e di come costruirsi i propri spazi in contesti ostili senza soccombere allo sconforto, ma soprattutto evidenzia l’importanza di lasciare andare al momento giusto, senza serbare rancore.
Il trionfo degli attori emergenti

I titoli di testa lo annunciano fin da subito con orgoglio: tutti i protagonisti sono alla loro prima prova attoriale. Aldilà del meritato premio di Giacomo Covi, miglior interpretazione maschile secondo la giuria Orizzonti capitanata da Julia Ducornau, tutti i ragazzi si dimostrano all’altezza della prova. La protagonista, Stella Wendick, è semplicemente sensazionale, e su questa base le probabilità che in futuro non godremo ancora del suo magnetismo sono estremamente basse.
Poi diciamolo, possiamo considerare una vittoria il fatto che, per una volta, gli attori che si cimentano in questi ruoli giovani non dimostrino in media trent’anni.
L’asimmetria tra maschile e femminile, nell’età più instabile
Laura Samani costruisce una storia che tocca tutti gli scenari più comuni ai classici film scolastici, ma nel frattempo si preoccupa di articolare approfonditamente un atipico e delicato scontro di sessi che avviene nell’età più instabile di tutte. Con altrettanta consapevolezza, non scade nell’odio per i comportamenti peggiori dei ragazzi, riuscendo nell’impresa di descriverli come umani e fragili allo spettatore, che non potrà fare a meno di compatire la loro immaturità e affezionarsi a loro ugualmente.
L’adolescenza è un tripudio di emozioni, ma è anche vulnerabilità da comprendere, ed è grazie a questa nozione che riesce a risvegliare la sensazione di innamoramento tipica di quell’età e ad aprirsi simultaneamente a momenti di ironia e disperazione.
La strepitosa sequenza finale, girata in piano sequenza e accompagnata da una scelta musicale impeccabile, è uno dei momenti più alti di questa Venezia 2025.