Cosa succede quando l’estinzione diventa una questione di scelta personale? È la domanda al centro di Humane, horror-thriller distopico e claustrofobico diretto da Caitlin Cronenberg – figlia del maestro del body horror David Cronenberg – al suo debutto nel lungometraggio.
Dietro il film c’è la casa statunitense A24, distribuito in Italia da Sky è ora disponibile in streaming su NOW dal 30 luglio.
Uscito nell’estate 2024, Humane si inserisce nel filone dell’elevated horror, dove il terrore nasce più dalle dinamiche sociali e morali che dai mostri.
Humane Distopia familiare: ridurre per sopravvivere
In un futuro imminente, il pianeta è al collasso ecologico. Per evitare l’estinzione, i governi mondiali adottano una misura estrema: la riduzione controllata del 20% della popolazione globale. In questo contesto si svolge Humane, che utilizza il dispositivo narrativo di un pranzo borghese per raccontare un’umanità al capolinea.
Il protagonista, Charles York (Peter Gallagher), è un ex giornalista televisivo che riunisce i suoi quattro figli per annunciare la sua adesione volontaria a un programma di eutanasia di Stato. Ma quando la moglie, anch’essa designata alla “fine umanitaria”, scompare improvvisamente, la famiglia deve decidere chi tra i presenti prenderà il suo posto. La tensione si fa subito insostenibile.
Il vero orrore è la normalità
La forza di Humane sta nel modo in cui trasforma la quotidianità in incubo. La villa borghese, i sorrisi forzati, le stoviglie eleganti: tutto contribuisce a una messa in scena opprimente, in cui il vero terrore non è soprannaturale, ma profondamente umano. La regista lavora sul dettaglio e sull’ambiguità morale, rendendo la casa una prigione e la famiglia un teatro dell’orrore.
Il tono è glaciale, chirurgico, a tratti teatrale. Il sangue arriva, ma solo dopo un logoramento psicologico lento e crudele. Il film non cerca lo shock, ma il disagio: chi è sacrificabile? E chi può decidere?
Caitlin Cronenberg: una regia visiva e controllata
Dopo una carriera come fotografa di moda e ritrattista per importanti testate internazionali, Caitlin Cronenberg porta nel cinema la sua sensibilità visiva. L’esperienza si riflette in ogni inquadratura: la composizione è studiata, la luce è essenziale, i volti parlano più delle parole.
Pur figlia d’arte, Cronenberg costruisce una voce stilistica personale, distante dal body horror del padre, ma altrettanto inquietante. In Humane gioca sul contrasto tra atmosfera horror e momenti di umorismo nero che, pur rarefatti, spezzano la tensione con precisione chirurgica.
Elevated horror : tra ambizione e misura
Humane si inserisce nel solco dell’elevated horror, un genere che mescola estetica autoriale e contenuti disturbanti. La casa di produzione americana ha già portato al successo titoli come Hereditary (2018), Midsommar (Ari Aster, 2019) e The Whale (Darren Aronofsky, 2022), costruendo un’identità forte fatta di traumi, rituali e disgregazione familiare.
Humane, pur condividendo alcune coordinate visive e tematiche – l’isolamento, la famiglia, il corpo come bersaglio – non raggiunge la stessa profondità emotiva e simbolica delle opere appena citate. È un’opera ben costruita, ma meno incisiva. Più cerebrale che viscerale, lascia un senso di distacco che, pur voluto, può risultare freddo.
Volti umani, anime spente
Nel cast si distinguono Jay Baruchel (L’apprendista stregone, 2010), nei panni del figlio intellettuale e manipolatore Jared, ed Enrico Colantoni (Veronica Mars, 2014) nel ruolo di Bob, glaciale funzionario del programma D.O.C.S., incaricato di far rispettare le regole del sacrificio. Bob incarna l’efficienza disumanizzata dello Stato: implacabile, educato, impenetrabile. Il suo orrore non sta nella crudeltà, ma nella calma con cui applica protocolli letali.
Eppure, proprio Bob si concede un raro momento di ironia – un lampo quasi umano in una maschera altrimenti imperturbabile – quando si rivolge alla giovane Mia (Sirena Gulamgaus), con un sorriso sornione:
«Sai, ti chiederei di giocare a carte con me, ma non mi farebbe piacere che tua madre mi tirasse un pugno in faccia».
«L’ho apprezzato», replica lei. Un intermezzo minimo, ma che sottolinea quanto il confine tra umano e inumano sia sottile, e spesso solo questione di tono.
Humane. Una realtà troppo vicina alla distopia
Il mondo di Humane non è fantascientifico: sembra il nostro tra cinque anni. Le divise grigie, le case eleganti, la burocrazia disumanizzata… tutto è riconoscibile. Ed è proprio questa prossimità a rendere il film inquietante. L’eutanasia diventa una scelta razionale. La morte, un dovere civile. La famiglia, un campo di battaglia ideologico.
Le atmosfere ricordano Vivarium (2019) o The Invitation (2015): thriller psicologici in spazi chiusi, dove il nemico è interno, non esterno.
Satira e allegoria: un equilibrio imperfetto
Humane tenta un’allegoria ecologista e una critica feroce alla classe media, ma non sempre riesce ad andare in profondità. La satira a volte è troppo esplicita, l’allegoria troppo didascalica. Il film inquieta, ma non traumatizza; lascia pensieri, ma poche ferite.
Il tono controllato e la compostezza visiva, se da un lato ne sono i punti di forza, dall’altro limitano la forza d’impatto. Si ha la sensazione che il film si trattenga proprio nel momento in cui dovrebbe colpire più duro.
Conclusione: l’inizio di una voce da tenere d’occhio
Con Humane, Caitlin Cronenberg firma un esordio solido, raffinato e promettente, seppur non ancora pienamente maturo. Mostra padronanza del mezzo, sa gestire tensione e ritmo, e ha una visione chiara, seppur trattenuta.
Non è un horror per chi cerca brividi facili, ma per chi ama storie dove il male si annida nei rapporti umani e nelle decisioni morali. Un film che non urla, ma morde sottopelle. E conferma che, quando il mondo finisce, spesso lo fa a tavola, tra sorrisi forzati e coltelli invisibili.