Il promettente regista, romanziere Dito Montiel, dopo il disperato e premiato esordio Guida Per Riconoscere i Tuoi Santi (2006) e il violento Fighting (2008), si cimenta con una prova ambiziosa che cerca di armonizzare il genere thriller con quello dell’introspezione psicologica e della denuncia sociale, rielaborando il tema del post “11 settembre” dal punto di vista di chi non è più avvertito come eroe. Il film è su Prime e si intitola The Son of No One.
Il cast
Purtroppo la sceneggiatura è lacunosa: il passato del padre poliziotto, i terribili effetti di un’inchiesta che non sembra davvero interessare nessuno, sono solo frettolosamente abbozzati. Di tutto rispetto il cast: il vecchio poliziotto che aveva oscurato il caso è Al Pacino (anche se nei 15 anni passati resta invecchiato allo stesso modo) a cui basta increspare il viso per comunicare; l’attuale capo della polizia nel presente, figlio del vecchio poliziotto (perché la polizia a New York è anche un mondo ereditario) è Ray Liotta, altro ottimo interprete soprattutto nei ruoli da poliziotto-canaglia; la giornalista è Juliette Binoche brava quanto relegata a poco più di due camei; e infine, nota infelice del cast c’è il protagonista Jonathan, Channing Tatum, (attore feticcio di Montiel) un armadio di muscoli un po’ imbarazzante nei ruoli di tormento interiore e di situazioni sentimentali.

Ma di cosa parla The Son of No One
Jonathan è un giovane poliziotto del Queens, vive con moglie e figlia ma non è sereno, c’è qualcosa di torbido che si porta dentro. Circa quindici anni prima Jonathan si faceva chiamare Milk, viveva con la nonna nello stesso quartiere dove poi lavorerà. Il Queens all’epoca era un quartiere completamente degradato, in mano ai delinquenti. Tra passato e presente New York ha vissuto la terapia Rudolph Giuliani, il sindaco energico che ha dato nuova luce alla città, aiutato oltre i limiti della legalità dalle forze dell’ordine.
Ancora minorenne ed esasperato, Milk uccide due loschi spacciatori-approfittatori. Questi eventi vengono seppelliti dalla giustizia ma Jonathan si porta ancora dolorosamente dentro il trauma. Nel presente lettere anonime, che promettono di raccontare la verità su quei due omicidi rimasti impuniti, giungono a una ideologica giornalista. Jonathan sa di essere colpevole quanto lo è la polizia di aver coperto i casi. All’epoca quest’ultima oscurò la vicenda per omaggio al padre di Milk, poliziotto morto in servizio, sicura che di questi due morti nessuno avrebbe mai sentito la mancanza. L’emergere di una nuova verità peggiorerebbe la credibilità della Polizia già in crisi d’immagine, oltre ad avviare provvedimenti verso poliziotti ormai in pensione.
Da chi provengono le lettere anonime? Chi vuole davvero fare giustizia? Il protagonista è un eroe positivo o negativo? Questi i temi di sviluppo di The Son of No One. Un thriller poliziesco che costruisce sul rimorso e sul senso dell’onore il nucleo portante del film.
Un delicato equilibrio tra thriller e introspezione
Un film con pretese autoriali oltre che sociologiche talvolta presumibili che finiscono per interferire con la tensione necessaria del thriller e in questo caso con il disvelamento del mistero delle lettere anonime.