‘Bú’ di Inés Benito, gli orrori in casa propria

Bú di Inés Benito è un’opera drammatica breve di esordio, magistralmente interpretata da Jana San Antonio e Yala Romero e in concorso al Festival Internazionale Le Giornate della Luce.

Il film breve racconta di una ragazzina che considera di darsi alla prostituzione per uscire dall’influenza dei genitori e fargli “un dispetto”. Ma incontra Lola, che da lungo tempo così si guadagna da vivere, che cerca di farla ragionare. Quando Lola capisce che Greta ha bisogno di protezione da qualcosa che succede proprio a casa, la riaccompagna. Così di fronte alla porta di questo luogo misterioso e minaccioso, realizza una terribile verità, che la regista Ines Benito rappresenta con una allegoria appuntata di disturbanti dissonanze.

Bú di Inés Benito

Bú di Inés Benito: la forza del linguaggio breve

I piani di lettura di Bú sono diversi, ma tra tutti Benito riesce bene nel disegnare il dualismo tra femminilità violata e mascolinità perversa. Contrappone infatti l’alchimia, la solidarietà e la sorellanza tra le due protagoniste alla allegoria metafisica finale, inquietante e gelida malgrado i colori caldi.

Reduci dalle tremende notizie che ci sono arrivate dalla Francia con il caso di Gisèle Pelicot, non si fatica ad immaginare che la regista volesse denunciare quel mondo perverso. E usare il potere della traslitterazione artistica del mezzo cinematografico, affondando in profondità narrativa con tagli di luce critici, sebbene ci risparmi dall’avvicinarci al soggetto. Non è un caso quindi che il film continui il suo tour italiano in un festival dedicato alla fotografia, dove il duo Jonathan J. Rodrigues Matías e Marina Illade Escandell evidenziano il valore dei chiaro scuri nella lettura semantica di un tema troppo delicato per poter essere raccontato a luci diffuse.