Connect with us

Giornate della Luce

‘Hot Flush’: il calore del turbamento

'Hot Flush', cortometraggio della regista slovacca Hana Hancinova, già presentato al Ca' Foscari Short Film Festival, è in concorso alle Giornate della Luce

Pubblicato

il

È un linguaggio e una visione, di colori e luci, del mondo e della vita, sensibile e unica, quello proposto dalla Festival Le Giornate della Luce, che, quest’anno, per la sua decima edizione, torna a Spilimbergo con un rassegna di film e cortometraggi selezionati, tra gli altri, da Egitto, Francia, Germania, India e Slovacchia. Per dare un’attenzione speciale a chi, dall’altra parte della macchina da presa, punta i riflettori, e sottolinea l’importanza, appunto, della luce, della fotografia e dell’estetica visiva dell’opera in sé. Dal concorso principale a quello dedicato a studenti e registi di cortometraggi, scelti tra quelli che, già, hanno preso parte al Sedicicorto International Film Festival di Forlì e il Ca’ Foscari Short Film Festival: tutti, caratterizzati da un uso distintivo, e funzionale al messaggio insito nell’opera, dell’illuminazione.

Come è il caso di Hot Flush, della regista slovacca Hana Hancinova che, dopo una laurea in matematica conseguita, è passata, dallo studio dei numeri, a quello delle immagini, affinando una regia precisa e diretta, come la stessa scienza da cui proviene. 

Hot Flush: un turbamento che brucia

È una regia che unisce, alla narrazione precisa e strutturata, una profondità e sensibilità emotiva capace di esplorare le stesse sfumature, emotive, dei personaggi che racconta. Come quello di Elena, la protagonista di Hot Flush: una cinquantenne, assistente sociale, che, dopo un rapporto sessuale con un ragazzo minorenne, di cui si occupa, si ritrova a fare i conti con la propria interiorità, i propri demoni, i propri sensi di colpa e le proprie responsabilità. E Hana Hancinova segue, attraversa e racconta il turbamento, la vergogna e il desiderio, con fermezza e sincerità, e con una regia, priva di moralismi, che ne è il riflesso. Utilizza movimenti lenti, calibrati, primi piani e dettagli che analizzano, con una fotografia a tratti monocromatica in cui la luce stessa si fa strumento di tensione tra chiarezza e buio del disagio, i non detti e i silenzi, più rumorosi delle parole stesse.

Una regia che non condanna né giustifica

La macchina indugia sul volto della protagonista, scavando negli sguardi e nei movimenti a tratti affannosi di Elena, percorsa da colpi di calori, espressi anche nel titolo, che, sì, possono riferirsi ai sintomi della menopausa, ma divengono metafora più ampia e potente del turbamento emotivo che la sconvolge. Un turbamento che brucia, sospinto da inquadrature mosse e incalzanti, certezze e sicurezze. E che rompe, come quella sbarra, che delimita il parcheggio degli uffici, metafora dello stesso spazio chiuso e soffocante in cui si sente di vivere Helena, freni e inibizioni, lasciando spazio, solo nel finale, a una libertà ribelle e più consapevole. Solo suggerita da un sorriso e, come nell’intero film, dalla regia di Hana Hancinova sensibile e insieme rigorosa che, appunto, solo suggerisce, senza cercare risposte, giustificazioni, o condanne. 

Hot Flush