Uno degli 80 documentari selezionati per la 62esima rassegna del Festival dei Popoli, qui il programma completo.
Metok: La trama
Metok è una giovane monaca tibetana che studia medicina in India. Il suo viaggio è iniziato quando la madre le chiede di tornare a casa per aiutare una donna a partorire. Tra problemi climatici e soldati lungo il confine, il suo sarà un difficile percorso di scoperta e riscoperta di sé stessa. Questa la premessa di Martin Solà, regista ed insegnante argentino, qui alle prese con un documentario non facile. Una pellicola spirituale e ambiziosa, in proiezione al Festival dei Popoli 2021.
Ritmo austero e meditativo
Il film inizia a schermo nero, con il rumore del vento. Arriva la protagonista, e poi si ritorna allo schermo nero. Fin dai primi minuti comprendiamo che questa è una scelta stilistica che durerà fino alla fine della pellicola. Il nero divide le sequenze del film, scandisce il ritmo e valorizza i dialoghi, i suoni.
Il film è lento, molto lento e non sempre cattura abbastanza per farci godere di questi tempi.
I dialoghi, quei pochi presenti, hanno sempre un nonsoché di artificioso: incredibilmente didascalici e discorsivi, ci fanno dubitare se siano veramente frutto della realtà o dell’invenzione del regista.

Immagini che catturano
La fotografia e le scelte registiche sono di tutto rispetto. Nulla di eccezionalmente ardito, ma funzionano e rendono la visione piacevole. Il regista lavora sempre con pochi funzionali soggetti; quanto basta per farci immergere nell’atmosfera delle diverse situazioni. Il nostro sguardo è quasi sempre fisso sulla protagonista o pochi altri selezionati personaggi e sta a noi ricostruire l’ambiente attorno a loro. É un film che lavora di sottrazione e che ricerca la contemplazione. Una poesia nello sguardo della protagonista, nei paesaggi fotografati a camera fissa o nelle lunghe sequenze di viaggio.
E il contenuto?
Il documentario vuole inserirsi nella categoria di quegli ormai sempre più rari film “poetici”. E in Metok la poesia, come abbiamo detto, c’è. Questo però forse non basta, perché lo spettatore in un film del genere si aspetta tendenzialmente che venga detto qualcosa di filosoficamente rilevante o che succeda qualcosa. Né uno né l’altro purtroppo: in Metok non si va oltre la premessa narrativa del film. É un viaggio verso una meta e, una volta raggiunta, il film finisce, lasciandoci ben poco su cui riflettere.
Metok , che non è un film per tutti, si perde facilmente. Il suo pregio principale è l’ambizione di voler ancora credere in un cinema fatto di poesia, ritmi lenti e immagini che cercano altro, una dimensione spirituale maggiore.
Questo e altri documentari sono presenti al Festival dei Popoli, qui la nostra intervista al direttore.