Sembra quasi un saggio in digitale sul cinema di Quentin Tarantino, regista di certo molto apprezzato dal giovane aretino Lorenzo Lombardi, qui al suo secondo lungo dopo “Life’s but – La vita non è altro che…”(2006). “In the market”, infatti, è in sintesi una nostalgica operazione di ritorno ai fasti del cinema di genere italico, soprattutto quello ispirato a registi come Deodato, Fulci e Bava, grazie anche al contributo speciale per gli effetti da parte del maestro Sergio Stivaletti
Sembra quasi un saggio in digitale sul cinema di Quentin Tarantino, regista di certo molto apprezzato dal giovane aretino Lorenzo Lombardi, qui al suo secondo lungo dopo Life’s but – La vita non è altro che… (2006).
In the market, infatti, è in sintesi una nostalgica operazione di ritorno ai fasti del cinema di genere italico, soprattutto quello ispirato a registi come Deodato, Fulci e Bava, grazie anche al contributo speciale per gli effetti da parte del maestro Sergio Stivaletti. Ma alla fine sono proprio gli effetti speciali e i venti minuti conclusivi in compagnia del personaggio più antipatico di tutto il film, il macellaio proprietario del market, a rendere l’esordio di Lombardi un’interessante esperienza di restyling horror italiano, con pochi soldi e tanta energia. Le idee latitano un po’ e la recitazione non è sempre impeccabile, ma per ora ci si può accontentare.
La storia è quella solita del cinema horror anni Ottanta: tre amici in viaggio per un concerto, in seguito ad una rapina subita in una stazione di servizio, decidono che la soluzione migliore per trascorrere la notte con un tetto sopra la testa e cibo a volontà è di nascondersi in un market di provincia dove nessuno dovrebbe creare problemi. Ma il pericolo è in agguato.
Giacomo Ioannisci
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