Esiste una selva alle pendici del monte Fuji, nata dall’aggrovigliamento di alberi, sterpi e animali selvatici, che viene scelta come scenario della propria morte. La foresta di Aokighara, infatti, che dall’alto possiede la forma di un vero e proprio mare di alberi, ha il primato per il maggior numero di suicidi in tutto il Giappone. Le persone infelici si avventurano nella sua radura, abbandonano il sentiero principale, si confrontano con le proprie paure e preferiscono la morte a una vita di dannazione. L’ affascinante realtà nipponica aveva già portato nel 2015 l’americano Gus Van Sant (già autore di Will Hunting – Genio ribelle) a trarne ispirazione per creare La foresta dei sogni, una pellicola drammatica e sentimentale che raccontava la disperazione di un uomo per il suo matrimonio fallito.
L’esordiente Jason Zada, invece, preferisce sfruttare i colpi di scena che la scenografia naturale offre e realizzare un prodotto dell’orrore che possa ostentare il senso di dannazione e tristezza che precede gli istinti suicidi. Firma così Jukai – La foresta dei suicidi e incentra la narrazione intorno a Natalie Dormer (famosa soprattutto per la sua partecipazione alla serie televisiva de Il trono di spade), una ragazza giovane e brillante che raggiunge il Giappone per cercare la sua gemella scomparsa all’interno della foresta.
Nell’antichità, Aokighara era il luogo in cui gli anziani, i malati e i poveri venivano lasciati a morire, trasformandosi così in yurei, spiriti assetati di vendetta che si cibano della tristezza del cuore dei visitatori e li inducono ad uccidersi. Nelle ore di luce, infatti, il bosco gioca con i raggi del sole, proiettando allucinazioni, mostri a scomparsa e spettri. La notte, invece, esso diviene un vero e proprio labirinto in cui i fantasmi del passato, i mostri della mente e gli spiriti indemoniati si nascondono in ogni angolo, pronti a stritolare le prede nella propria morsa omicida. Supportati dalle musiche di Bear McCreary, (il compositore della colonna sonora della serie televisiva The Walking Dead), gli yurei assumono sembianze inquietanti e stridule che intorpidiscono i sensi e la mente degli umani, portando la selva ad apparire come una sorta di casa degli specchi in cui il riflesso non corrisponde mai alla realtà.
Sin dai primi fotogrammi, Jukai – La foresta dei suicidi fonde realtà e immaginazione, desideri e paure, sogni e incubi, facendo dimenticare il confine che separa gli uni dagli altri. Attribuendo alla vicenda un’aurea onirica e allucinogena, amplificata sia dalle tonalità fredde della fotografia che dai rumori di sottofondo, la pellicola si rivela un prodotto piuttosto riuscito che regala allo spettatore anche colpi di scena completamente inaspettati.