I quattrocento colpi (Les Quatre Cents Coups) è un film del 1959 diretto da François Truffaut, al suo primo lungometraggio.
Un film che segnò un’epoca
Il titolo italiano, traduzione letterale dal francese, fa perdere il senso che ha nella lingua originale, in cui si riferisce all’espressione faire les quatre cents coups, corrispondente più o meno al modo di dire italiano “fare il diavolo a quattro”, meglio ancora, in questo caso, “combinarne di tutti i colori”, “esser turbolento, ribelle”.
Venne proiettato in pubblico la prima volta il 4 maggio 1959 al 12º Festival di Cannes, dove vinse il Premio per la migliore regia e il premio dell’OCIC (Office Catholique International du Cinéma). È il primo di una serie con protagonista Antoine Doinel, alter ego del regista, interpretato da Jean-Pierre Léaud, ripreso in diverse fasi della vita, dall’adolescenza alla maturità.
I film successivi del “ciclo di Doinel” sono: Antoine e Colette (1962, episodio del film collettivo L’amore a vent’anni), Baci rubati (1968), Non drammatizziamo… è solo questione di corna (1970), L’amore fugge (1978). Il 25 settembre 2014 è uscita nelle sale cinematografiche italiane la versione restaurata da Mk2 e distribuita dalla Cineteca di Bologna in collaborazione con BIM. Viene così ricordato, a trent’anni dalla morte del regista, uno dei manifesti e dei pilastri della Nouvelle Vague.
Antoine Doinel (alter ego del regista in questo e in molti altri film) è ragazzo solo, indesiderato e incompreso. Per ribellarsi marina la scuola e rubacchia qua e là. Quando con l’amico René sottrae una macchina da scrivere per pagarsi una gita al mare, lo beccano e lo mettono al riformatorio.
La storia dietro al film
I quattrocento colpi è dedicato alla memoria di André Bazin, morto la sera del giorno di inizio delle riprese e che fu una figura fondamentale per il regista e uomo Truffaut. L’idea nacque al regista per un cortometraggio di venti minuti, ambientato durante l’occupazione nazista di Parigi che doveva intitolarsi “La fugue d’Antoine”.
La storia, secondo l’idea iniziale, sarebbe stata quella di un ragazzo che marina la scuola e non trovando il coraggio di tornare a casa passa la notte per le strade di Parigi. Il progetto si modificò e divenne, come il regista lo definì, “una specie di cronaca dei tredici anni”.
Venne abbandonata l’idea di ambientarlo durante l’occupazione, per motivi economici e non solo: lo stesso regista ha a suo tempo dichiarato:
“.. anche estetici, perché si cade facilmente nel ridicolo rievocando la moda di quei tempi”
Dovettero passare ventun anni per un suo film, L’ultimo metrò, ambientato nella Parigi occupata.
Il regista e Marcel Moussy scrissero la sceneggiatura. Le riprese si svolsero dal 10 novembre 1958 al 3 gennaio 1959 a Parigi con un budget di 35 milioni di vecchi franchi.