Sinossi: The Dressmaker è ambientato nel 1951. Tilly Dunnage, affascinante e talentuosa stilista, dopo aver lavorato per anni per i più grandi atelier parigini di haute couture, decide di far ritorno a Dungatar, un piccolo paesino nel sud est dell’Australia. Dopo quasi 20 anni di assenza, Tilly, che, ancora bambina, ha dovuto abbandonare la città natale in seguito a un tragico evento, torna per stare accanto all’eccentrica madre, Molly, e affrontare un passato scomodo e doloroso. Nel cuore di Tilly matura un desiderio di vendetta. A Dungatar tutti conoscono Tilly. Ottusi, curiosi, scontrosi e poco socievoli, gli abitanti di Dungatar difendono un equilibrio precario, consapevoli che nessun segreto è davvero al sicuro. Il ritorno di Tilly in città fa vacillare questo labile equilibrio. La minaccia si veste di strane ed esotiche stoffe, giunte dalla Francia fino a Dungatar a bordo di cassapanche cariche di tessuti. Nel frattempo Tilly si innamora di Teddy, uomo dall’animo puro e sincero e, armata di ago, filo e grande esperienza, trasforma le donne di Dungatar, l’angusta città natale, infliggendo una sottile vendetta ai suoi detrattori.
Recensione: Innanzitutto bisogna rendere merito alla fonte letteraria di The Dressmaker, il romanzo omonimo di Rosalie Ham, che elabora personaggi assai interessanti, a cominciare dalla protagonista, qui interpretata da una magnifica, bravissima e bella (una bellezza anni cinquanta, forme generose e curve mozzafiato, opportunamente celate dalla grazia di abiti squisiti) Kate Winslet, che possiede parecchie sfumature caratteriali: è determinata, fredda, sentimentale, contenuta, instancabile e all’occorrenza molto dolce, capace di far innamorare un vecchio amico che non vedeva da più di vent’anni; però su di essa grava, forse per il fatale danno subito quand’era ragazzina – venne accusata ingiustamente di un delitto che non aveva commesso, e per tale ragione fu allontanata dal piccolo villaggio in cui viveva – un destino crudele, che, nonostante gli sforzi di tornare a una vita normale, la perseguita, condannandola ad un isolamento che alla fine prevarrà sull’esito della vicenda narrata.
La bellezza del lungometraggio diretto da Jocelyn Moorhouse risiede proprio nel continuo spiazzamento che provoca nello spettatore e nell’ironia dello sguardo che informa tutta la messa in scena, dato che i momenti drammatici vengono repentinamente neutralizzati da un umorismo irriverente che riequilibra il tenore emotivo del film. Funziona altresì egregiamente il duetto madre-figlia, laddove la veterana Judy Davis fornisce un contrappunto perfetto, col suo (apparente) cinismo e il suo disincanto, alla speciale missione che Tilly (Winslet) è pronta a portare a compimento, costi quel costi. Ci si può dimenticare di aver commesso un omicidio? Disorienta in questo senso la purezza d’animo di Tilly che per troppo tempo ha dovuto convivere con un atroce dubbio, complice l’omertà e la mancanza di scrupoli di un’intera cittadina che non ha esitato ad addossarle la responsabilità di un grave misfatto, pur non avendo prove certe circa la dinamica dei fatti. Tornata nel suo paesino, la giovane donna vuole fare chiarezza, ma a intervallare lo svolgimento della vendetta che ha in cuore di compiere c’è la parentesi sartoriale, giacché la protagonista nel frattempo è divenuta un’abilissima modellista, e i suoi abiti vanno a ruba presso le svampite signore che abbondano nel piccolo villaggio. Spicca il contrasto tra il paesaggio sabbioso, desertico che fa da sfondo all’azione e lo scintillio, la brillantezza dei colori, dei drappeggi dei sontuosi vestiti cuciti dalle abili mani di Tilly (tra l’altro per entrare meglio nel personaggio Winslet si è esercitata per più di un mese nell’utilizzo di una vecchia macchina da cucire, riuscendo ad esaudire un suo vecchio desiderio), che portano una ventata di aria nuova nell’atmosfera stantia, mortifera di Dungatar, in Australia.
I vari personaggi – il film è corale – possiedono ciascuno caratteristiche ben definite, che denotano l’amore della regista per ogni ruolo, e l’insieme, dunque, risulta assai armonioso, capace di catturare l’attenzione dello spettatore, evitando di esporlo a tempi morti. La vendetta, che viene annunciata all’inizio del film, quando Tilly, scesa dal treno, dichiara: “Sono tornata, bastardi!”, alla fine si compie davvero, anche se durante lo svolgimento della storia sembrerebbe prendere corpo una conclusione più buonista e rassicurante; ma la fredda stella che incombe sul destino della protagonista non smette di brillare, e nell’ultima scena la vediamo procedere verso la macchina da presa, con alle spalle i fuochi di un incendio che divampa e brucia le catapecchie della squallida cittadina.
Pur non esente da difetti, The Dressmaker esercita un indiscutibile fascino che non mancherà di catturare la vostra attenzione, catapultandovi all’interno di un’abile narrazione, impreziosita dalle ottime performance degli interpreti. Un film non già visto, spiazzante, avvincente.
Distribuito da Eagle Pictures, The Dressmaker – Il diavolo è tornato è disponibile in dvd, in formato 2.35:1, con audio originale e in italiano (DD 5.1) e sottotitoli opzionabili.
Luca Biscontini