fbpx
Connect with us

Approfondimenti

La malinconia nei film di Matteo Garrone

Il cinema di Matteo Garrone è archetipicamente legato all’immaginario delle maschere carnascialesche della tradizione filmica italiana, interessato alle derive simboliche del nostro sociale, alle periferie dei centri della nostra vita culturale più dinamica e civicamente progressista, e improntato altresì a un sentimento sempre più riconoscibile di pietà umana per le generazioni che hanno pagato (e stanno pagando) in prima persona quelle storie grottesche, marginali e consumistiche di fallimenti e rovine dell’Ego, senza aver avuto il privilegio di averle viste tradotte in drammi e narrazioni simbolicamente assimilabili

Pubblicato

il

Generosità del cinema italiano

Il nostro cinema grottesco degli anni ’60 e ’70 ci pare da tempo un cinema generosamente interessato a negoziare, in tutta la sua cifra di ambiguità ideologica, semantica e concettuale, fra fermenti, ferite, contraddizioni e memorie della cultura e della società italiane di quell’epoca febbrile di scontri politico-ideologici e di affermazione del primo benessere consumistico, attingendo a un patrimonio estetico già di per sé virtualmente “inclusivo” della più multiforme e variegata platea di destinatari, poiché ricco di maschere comiche e di forme carnevalesche, puntualmente attualizzate: dai “mostri” voraci e fraudolenti della commedia del boom, forti di una vocazione eroicomica all’insuccesso e all’auto-smascheramento ingloriosi[1], alle ribalte caotiche, promiscue e seduttive, già profeticamente e riflessivamente “neotelevisive”, del cinema di Federico Fellini[2], all’urgenza delle pulsioni ferine della “carne” coniugata alla derealizzazione dei nuovi contenitori della socialità nell’universo poetico di tanta filmografia di Marco Ferreri[3], al topos della decostruzione grottesca dei discorsi del nostro Sessantotto, trasposti su una scena segnatamente intrapsichica e pulsionale, nei film di Elio Petri, tra senso di prigionia delle istituzioni e maschere sociali, da una parte, e idolatria nefasta e suicidaria dei fantasmi della “rivoluzione”, dall’altra[4], etc.

Successivamente agli anni ’70, larga parte del cinema italiano d’autore pare aver rarefatto questa carica di interesse e di generosità “partecipativi”.

Sintomatica e icastica, a riguardo, la tensione a un’assoluta integrità (politico-)morale del protagonista insofferente e intransigente di Bianca (1984), drammatizzata riflessivamente e paradigmaticamente come simbolo di un’incipiente impasse culturale nel film di Nanni Moretti, ma di fatto coniugabile quale cliché sdoganato in diversi centri della coeva e successiva ribalta artistico-espressiva, e cinematografica, nazionale; il cliché della morte della vita culturale di una società infettata dal neoconsumismo della TV commerciale (una società considerata ora complice, ora vittima dolente), con conseguente rifiuto ascetico, da parte di buona parte dei fermenti e degli autori più creativi dell’audiovisivo, di seminare nell’immaginario collettivo alternative estetiche che si potessero misurare congiuntamente, con schietta curiosità antropologica, con lo spaesamento delle culture espressive e carnascialesche tradizionali e con l’impatto diretto dello strapotere televisivo sulle periferie e sui margini del Paese reale, maggiormente sprovvisti di argini e tutele simboliche per affrontare una dilagante e incontrollata postmodernità.

Di qui anche il frequente assorbimento, da un punto di vista ideologico, della nostra contemporanea cultura estetica più florida e vivace in ambito cinematografico e televisivo (dai film di Paolo Sorrentino a quelli di Pietro Marcello, dai programmi di Corrado Guzzanti alla serie TV “di culto” Boris) nel principio discriminante di un atto di “scelta di parte”, politica, etica o culturale, drasticamente non negoziale, nell’attuale congiuntura storica.

È all’interno di questo contesto espressivo che riteniamo intimamente elegiaco e residuale il cinema di Matteo Garrone.

Un cinema archetipicamente legato all’immaginario delle maschere carnascialesche della tradizione filmica italiana[5], interessato alle derive simboliche del nostro sociale, alle periferie dei centri della nostra vita culturale più dinamica e civicamente progressista, e improntato altresì a un sentimento sempre più riconoscibile di pietà umana per le generazioni che hanno pagato (e stanno pagando) in prima persona quelle storie grottesche, marginali e consumistiche di fallimenti e rovine dell’Ego, senza aver avuto il privilegio di averle viste tradotte in drammi e narrazioni simbolicamente assimilabili.

Francesco Di Benedetto

 

[1] Cfr. a riguardo i saggi dedicati da Maurizio Grande alla commedia all’italiana, raccolti ora in Maurizio Grande, La commedia all’italiana, Bulzoni, Roma 2003.

[2] Cfr. le trattazioni dedicate ai temi della postmodernità e della società dello spettacolo nel cinema di Fellini da Andrea Minuz in Viaggio al termine dell’Italia. Fellini politico, Rubbettino, Soveria Mannelli 2012, capp. 3 e 7.

[3] Cfr. la trattazione dedicata a questi due temi ferreriani, reciprocamente e strettamente interconnessi, in Simone Ghelli, La tradizione grottesca nel cinema italiano, L’Orecchio di Van Gogh, Falconara Marittima 2009, pp. 69-78.

[4] Per un approfondimento di questa lettura del cinema di Elio Petri, cfr. Maurizio Grande, Eros e politica, Protagon Editori Toscani, Siena 1995, e Roberto De Gaetano, Il corpo e la maschera. Il grottesco nel cinema italiano, Bulzoni, Roma 1999 (pp. 87-97).

[5] Si veda a riguardo la trattazione dedicata al cinema garroniano in Roy Menarini, Generi nascosti ed espliciti nel recente cinema italiano, in Riccardo Guerrini, Giacomo Tagliani e Francesco Zucconi (a cura di), Lo spazio del reale nel cinema italiano contemporaneo, Le Mani, Recco 2009; quanto a Reality (2012), cfr. Pier Maria Bocchi, La grande estasi del pescivendolo Luciano, in «Cineforum» n. 518, ottobre 2012.

 

Filmografia essenziale

La dolce vita (1960) di Federico Fellini

I mostri (1963) di Dino Risi

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) di Elio Petri

Fantozzi (1975) di Luciano Salce

Il Casanova di Federico Fellini (1976)

Un borghese piccolo piccolo (1977) di Mario Monicelli

Ciao maschio (1978) di Marco Ferreri

La città delle donne (1979) di Federico Fellini

Bianca (1984) di Nanni Moretti

Diario di un vizio (1993) di Marco Ferreri

Le conseguenze dell’amore (2004) di Paolo Sorrentino

Primo amore (2004) di Matteo Garrone

Gomorra (2008) di Matteo Garrone

Bella e perduta (2015) di Pietro Marcello

Scrivere in una rivista di cinema. Il tuo momento é adesso!
Candidati per provare a entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi drivers