fbpx
Connect with us

In Sala

Un’estate in Provenza

La sottile malinconia della stagione provenzale è il vento d’autenticità di una pellicola pulita che riesce a emozionare, anche se si è consci che di lei, ben presto, ci resterà poco. Come in un pomeriggio d’estate in cui la pigrizia ci spinge a non alzarci dalla sedia e ad ascoltare la natura, così il film di Rose Bosch regala sensazioni forse passeggere, ma assolutamente godibili

Pubblicato

il

Sinossi: Nella campagna provenzale accarezzata dal maestrale giungono in vacanza dai nonni Léa, Adrien e il fratellino Théo, sordo dalla nascita. Non è la vacanza dei loro sogni e in meno di ventiquattro ore è scontro generazionale con il nonno Paul, un olivicoltore rigido e burbero che non hanno mai conosciuto a causa di un vecchio conflitto familiare con la madre. Ben presto però il passato tempestoso di Paul si riaffaccia e i trasgressivi anni Settanta fanno ritorno sullo sfondo incantevole della Provenza mettendo in luce il suo lato più umano e affettuoso. Ecco che le differenze tra la vita di città e di campagna si annullano e le due generazioni possono finalmente incontrarsi dando vita a una vacanza indimenticabile

Recensione: Simon & Garfunkel accompagnano i sussulti di un treno diretto in Provenza. Scorrono i titoli di testa e un bambino è semi addormentato con la testa reclinata in avanti, poi appoggiata al finestrino, mentre il paesaggio scorre e lo scompartimento dà l’idea di essere affollato. La canzone è The Sound of Silence e il giovane assopito si chiama Théo, non sente né parla e il suo sguardo sin da subito sembra indicare quello che sarà il ritmo della narrazione, semplice, pacata, a tratti persino sospesa. Il rumore del silenzio ci accompagna nel viaggio, quando ancora non sappiamo chi, e che cosa, troveremo ad aspettarci. Di certo però sappiamo che con Théo (Lukas Pélissier, sordomuto anche nella vita) ci sono i fratelli Léa (Chloé Jouannet) e Adrien (Hugo Dessioux), adolescenti irrequieti e irritanti come solo la soglia pre maturità permette di essere. Ad accompagnarli la nonna Iréne (Anna Galiena), conciliante signora dal fascino elegante e la voce composta di chi sa sempre qual è la cosa giusta da fare. Sono loro a rompere quel silenzio ovattato che improvvisamente diventerà secondario per tutto il resto della pellicola; le voci parzialmente si accalcano, le lamentele per il passaggio da Parigi alla provincia si fanno insistenti, l’idea di vivere in un posto col telefono isolato fa montare l’isteria. A peggiorare la situazione interviene il nonno (Jean Reno), quel Paul tagliato fuori da ogni dinamica familiare che proprio ora deve ospitare per un’estate intera tre nipoti con cui per anni non ha avuto rapporti. È lui l’incognita in attesa sulla banchina del treno, la variante non prevista e neppure contemplata in anni di inquieta adolescenza cittadina.

La convivenza bucolica in un casale che ricorda la toscana di Io ballo da sola, si svolge all’insegna del classico cliché dello scontro generazionale, qui declinato dalla regista Rose Bosch in chiave nonni-nipoti per allontanare lo spettro dello schema narrativo usurato. Da un lato un nonno ovicultore in stile Ebenezer Scrooge, dall’altra due giovani ribelli dell’era 2.0, Facebook dipendenti e inseriti nelle mode del momento. Nel mezzo una nonna che sembra fatta di pan di zucchero e un terzo nipote a cui spetta – scontatamente, in virtù della giovanissima età e della condizione di handicap – il ruolo di trasformare pian piano il terreno di scontro in un campo da far rifiorire con i buoni sentimenti. Operazione apparentemente arcinota, se non fosse che Un’estate in Provenza conserva il pregio essenziale della non esagerazione. Sia chiaro, i luoghi comuni su adolescenti, provenzali e anziani ex figli dei fiori ci sono tutti, ma la narrazione scorre talmente leggera da permettersi il lusso persino di far arricciare piuttosto che storcere il naso allo spettatore. È così che sopportiamo la cavalcata sul cavallo bianco di Léa e del bel tenebroso ragazzo della pizza (poi scopertosi spacciatore, eh vabbè) che, più che ispirata alle favole che hanno segnato la nostra infanzia, sembra uscita dai videoclip musicali di una Miley Cyrus pre svolta erotica. Così accettiamo i tamburelli e le bevute in goliardia della gente del luogo, al pari delle conquiste svedesi di Adrien tutte bionde, sexy e disponibili.

Perché se il film non scandaglia abbastanza le personalità dei protagonisti ci pensano gli interpreti a riempire i vuoti e con innata naturalezza rendono meno stucchevoli le tante ingenuità del racconto; Chloé Jouannet sembra aver preso dalla mamma Alexandra Lamy la capacità di passare dall’irritante saccenza alla dolcissima fragilità mentre Hugo Dessioux sfodera le doti di youtuber acclamato in patria e restituisce l’immagine di un giovane insicuro alle prese con le pulsioni e le passioni della vita. Poi c’è Jean Reno, il cui solo nome, ancora e a ragione, vale la visione del film; completo, mai sopra le righe, è il pilastro essenziale su cui si regge la pellicola e lo sviluppo del rapporto familiare. Quasi diveniamo nostalgici a vederlo cantare con gli amici hippie Knockin’ On Heaven’s Door, ridiamo di gusto quando imbraccia il fucile per salvare la nipote dal seduttore spacciatore. Il momento in cui si avvicina ai suoi ulivi diviene quasi poesia e il dolce approcciarsi al piccolo Théo mostra tutte le doti camaleontiche di un genio attoriale che non smette di regalare emozioni.

La sottile malinconia di questa stagione provenzale è il vento d’autenticità di una pellicola pulita che riesce a emozionare, anche se si è consci che di lei, ben presto, ci resterà poco. Come in un pomeriggio d’estate in cui la pigrizia ci spinge a non alzarci dalla sedia e ad ascoltare la natura, così il film di Rose Bosch regala sensazioni forse passeggere, ma assolutamente godibili. E a chi lamenta la previdibilità di un finale che sembra gridare “l’amore vince sempre” si può ribattere che a volte, almeno nella finzione, abbiamo forse bisogno di veder i pezzi combaciare, in barba agli isterismi e alle nevrosi quotidiane.

Ginevra Amadio

Scrivere in una rivista di cinema. Il tuo momento é adesso!
Candidati per provare a entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi drivers

  • Anno: 2014
  • Durata: 105'
  • Distribuzione: Nomad Film
  • Genere: Commedia
  • Nazionalita: Francia
  • Regia: Rose Bosch
  • Data di uscita: 13-April-2016