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‘Mangiaterra’ – L’oscurità della periferia

Un mistery-drama sobrio ma impattante

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Mangiaterra

Mangiaterra, adattamento del romanzo di Dolores Reyes, è un mystery-drama messicano che abbraccia l’immaginario del realismo magico per trasformarlo in un grido politico e umano. Creata da Daniel Burman e interpretata da Lilith Curiel, Gerardo Taracena, Harold Torres e Roberto Aguilar, la serie disponibile su Prime Video è un racconto di formazione capace di parlare agli adolescenti, ma allo stesso tempo di affondare le mani – letteralmente – in una materia cruda, adulta e soprattutto senza compromessi.

Il luogo come personaggio

Il focus verte sin da subito su Aylín, una ragazza della periferia di Città del Messico che scopre di poter comunicare con la terra dopo un episodio di violenza scolastica, un potere che nel lungo termine tenderà a somigliare più a una maledizione che a un talento. Tale percorso narrativo, nel seguire le tappe classiche del coming-of-age – scoperta, rifiuto, accettazione – traspone la propria linfa vitale all’interno di un contesto che di adolescenziale ha ben poco: nessuna scena teen, nessun conforto artificiale, solo polvere, violenza e un mondo che all’unisono inspira dolore.

Lontana dai thriller più convenzionali, la serie Mangiaterra sceglie una narrazione sobria e osservativa. Burman (insieme a Cris Gris e Martín Hodara) preferisce muoversi sul set con silenzio e rispetto nei confronti della propria creatura, la quale decora con campi lunghi capaci di lasciar emergere la consistenza dei luoghi e dei volti, sospesi e colti nell’attimo immediatamente prima di esplodere in vere e proprie emozioni.

In quest’ottica, Città del Messico è ben più di uno sfondo: è una presenza viva, fatta di strade polverose, neon intermittenti, zone marginali difficili da romanticizzare, ma anche facili da fotografare nella loro materialità. Evitando estetizzazioni e indignazioni facili, il regista sceglie con maturità di mantenersi sulla scia di un realismo che dialoga con suggestioni più oniriche: in tal senso a emergere in maniera più o meno chiara sono i richiami a Stranger Things (fenomeno globale dei fratelli Duffer a cui il suddetto mese di dicembre guarda con esplicito e legittimo affetto), su cui si trascinano le visioni della protagonista, mentre alcuni passaggi sembrano provenire da un cinema vecchia scuola del soprannaturale.

Il dolore come infrastruttura

Femminicidi, sparizioni, impunità istituzionale: tutto convive in un ecosistema narrativo che non offre soluzioni, bensì svela ferite in ogni dove, fungendo da deliberato riflesso ad una realtà diffusa in molte zone dell’America Latina, ove la violenza non veste i panni dell’eccezione, bensì è radice di linguaggio ereditato.

Aylín assume in quest’ottica le fattezze di un vero e proprio canale tra vivi e morti, senza però mai trasformarsi in eroina. È una ragazza che porta addosso un peso più grande di lei, sostenuta da una piccola rete di affetti: Walter, Vero e Miseria. È grazie a loro che la serie trova una dimensione collettiva, politica, radicata nella comunità.

In tal senso, Mangiaterra si presenta come una serie molto personale, poco adatta al pubblico mainstream. Rifiuta il ritmo serrato, preferisce pause, silenzi, rituali quotidiani. Non intrattiene: osserva. Non consola: testimonia.
In questo ricorda Jodie, il Prescelto, serie a cui la stessa Curiel aveva partecipato, oppure I diari della motocicletta, pellicola di Walter Salles che tra i produttori vide nell’oggi lontano 2004 proprio il nome di Burman.

La terra è il simbolo che tutto unifica: origine, destino, sepoltura e rivelazione. Mangiare terra significa fare memoria, restituire un nome a chi è stato cancellato. Per questo il finale non chiude nulla: suggerisce che la lotta continua, che la memoria non si esaurisce e che ogni storia sommersa attende ancora qualcuno disposto ad ascoltarla.

Mangiaterra: il verdetto finale

Mangiaterra è una serie godibile e coerente, costruita con un’identità forte e una voce che rifiuta compromessi e risulta meno interessata a raccontare un mistero che a mostrare come la violenza strutturale attraversi i corpi e le comunità. Non perfetta né particolarmente accessibile, la serie di Daniel Burman possiede un valore raro: la volontà di guardare in faccia una ferita sociale e trasformarla in un racconto rituale, intimo, necessario.

Mangiaterra

  • Anno: 2025
  • Durata: 7 episodi
  • Distribuzione: Prime Video
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Messico
  • Regia: Daniel Burman
  • Data di uscita: 31-October-2025