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‘Fleabag’ e lo sguardo in camera: quando l’interiorità diventa visibile

La serie di Phoebe Waller-Bridge che ha ridefinito il linguaggio televisivo attraverso ironia, trauma e un uso unico della quarta parete

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Fleabag recensione

Fleabag è una serie televisiva britannica creata, scritta e interpretata da Phoebe Waller-Bridge, che ha adattato il suo monologo teatrale nato da una sfida con un amico per uno sketch di stand-up. La serie ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui quattro Emmy Awards — miglior serie commedia, miglior attrice protagonista, miglior regia e miglior sceneggiatura — e due Golden Globe per miglior serie commedia o musical e miglior attrice protagonista.

La serie è prodotta da Two Brothers Pictures per BBC Three in co-produzione con Amazon Studios. È andata in onda dal luglio 2016 all’aprile 2019 per un totale di due stagioni da sei episodi ciascuna. Dal Telegraph è stata inserita al 61° posto tra gli «80 migliori spettacoli della BBC di tutti i tempi».

Fleabag è una serie divertentissima ma allo stesso tempo ci spezza per frugarci dentro.

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Fleabag

La serie segue la vita di Fleabag (Phoebe Waller-Bridge). Non è il suo vero nome ma una sorta di soprannome che in italiano significa “sacco di pulci”, nel senso di sfigata ma anche l’equivalente della pecora nera. Fleabag è una millenial senza nessuna attitudine particolare che cerca di destreggiarsi tra una famiglia disfunzionale, le difficoltà economiche legate al caffè a tema porcellini d’india aperto con la sua migliore amica Boo (Jenny Rainsford) scomparsa da poco, e una vita sentimentale e sessuale piuttosto caotica. I personaggi sono tutti sopra le righe ma per loro soltanto lei è fuori luogo. Ha una sorella (Sian Clifford) completamente diversa, una manager con uno studio enorme e un marito volgare e prepotente (Brett Gelman). Il padre (Bill Paterson) di Fleabag ha fatto della pacatezza il suo stile di vita, e sta per risposarsi con la migliore amica della madre (Olivia Colman): un’artista di nudo, che non sopporta – ricambiata – Fleabag.

Anatomia di un dolore che rompe la quarta parete

A volte sembra paradossale ma c’è poco da fare. Nulla racconta bene la sofferenza e la solitudine come il sarcasmo, l’ironia e la sfrontatezza. La sfrontatezza con cui la protagonista rompe la prima regola cinematografica e guarda in camera. Per Fleabag siamo i suoi complici, sostituiamo la sua parte mancante alla quale rivolgere uno sguardo compiaciuto, triste, dubbioso oppure furbo. Alla quale dire cose che si direbbero solamente alla propria migliore amica. La parte che, nella prima stagione, muore investita da un camion mentre attraversa la strada, intenzionalmente, senza guardare.

Lo sguardo in macchina funziona in Fleabag anche come un raffinato strumento di lettura interna: un termometro emotivo che ci permette di cogliere la distanza che separa Fleabag dal mondo. Nessuno sembra accorgersi di questa sua fuga nello sguardo dello spettatore, finché nella seconda e ultima stagione non arriva il Prete chiamato a celebrare le nozze del padre con la matrigna. Interpretato da uno straordinario Andrew Scott – candidato per questo ruolo al Golden Globe, allo Screen Actors Guild Award e all’Emmy – il Prete diventa lentamente l’amore di Fleabag, e Fleabag il suo. Lo capiamo davvero quando lui stesso riesce a vedere che lei “parla” con qualcuno fuori campo. E le chiede: “Dove sei andata? Eri altrove!“. Un’intuizione che culmina  – durante la quarta puntata – nel Prete che ‘ci scopre’ e ‘ci guarda’, dimostrando di vedere oltre la corazza ironica con cui Fleabag si protegge dal resto del mondo. Il suo meccanismo di difesa è finalmente riconosciuto, corporeo, restituito alla realtà.

“Le persone commettono errori, per questo mettono le gomme sulle matite.”

Fleabag

Come rendere visibile l’invisibile?

Fleabag risponde a questa domanda con un’intuizione formale che è insieme narrativa, psicologica e corporea. La quarta parete diventa un sintomo. Phoebe Waller-Bridge usa lo sguardo in camera anche come la manifestazione fisica — dunque visibile — di una frattura interiore che Fleabag non sa nominare. Lei evade dal quadro, si rifugia in un altrove che esiste solo per lei.

Nel cinema e nelle serie, ciò che è invisibile deve trovare un modo per iscriversi nel corpo, nel volto, nel gesto. Ogni volta che Fleabag guarda in macchina quel movimento, le parole che pronuncia rivelano ciò che non può dire ad alta voce: la vergogna, la paura dell’intimità, la disperata ricerca di un testimone che non la giudichi.

Ecco il miracolo della serie: Phoebe Waller-Bridge trasforma un gesto metacinematografico in un segno psicosomatico. In quell’atto, il suo mondo interiore — normalmente inafferrabile — si materializza con una chiarezza devastante.

Fleabag

Fleabag: l’amore, la perdita e tutto ciò che non sappiamo dire

Durante il funerale della madre, Fleabag confessa a Boo: “Non so cosa farci con l’amore che provo per lei. Non so dove metterlo adesso.”. Boo, con la sua dolcezza istintiva, decide allora di farsene carico: “Lo prendo io! Deve andare da qualche parte”. Così diventa lo scrigno in cui Fleabag può riporre quell’amore materno che non ha più un destinatario. Boo diventa la persona che trasforma il dolore in qualcosa di gestibile, condivisibile.

Ma quando Boo muore, lo scrigno dell’amore si spezza. Fleabag resta sola con un sentimento immenso e un senso di colpa che la soffoca e la sabota. Non c’è più nessuno che si prenda cura di lei, nessuno che la veda davvero, nessuno che trasformi la sua vulnerabilità in intimità. È il punto di frattura che dà origine al personaggio che conosciamo: sarcastico, brillante, autodistruttivo, sempre in fuga da un dolore che non sa dove mettere.

Il saluto finale

In tutto questo marasma di eventi e aggettivi, il tema della fede emerge in modo sottile ma decisivo: il Prete incarna una forma di spiritualità che Fleabag osserva e alla quale si avvicina per conquistarlo. Ma anche lui, inevitabilmente, non può essere lo scrigno che Boo era stata. L’amore è doloroso, è fatto per chi ha speranza e non può essere portato da soli, dice il Prete.

La scelta finale di Fleabag — abbandonare lo spettatore e tornare alla vita — è il gesto con cui lei decide che quell’amore potrà finalmente restare con lei, senza bisogno di un custode, di un contenitore, di un altro corpo in cui depositarlo. Non è più una mancanza: diventa una forza. E il suo ultimo sorriso, la sua richiesta di non seguirla, è la prova che ha finalmente trovato un posto per tutto quell’amore: se stessa.

Fleabag

  • Anno: 2020
  • Durata: 20'-30'x 12 episodi
  • Distribuzione: BBC Three, BBC One Prime Video
  • Genere: Commedia, Dramma
  • Nazionalita: UK
  • Regia: Tim Kirkby, Harry Bradbeer