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Stranger Things e Harry Potter : universi paralleli

Vecna, Will, Harry e Voldermort.

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La serie-evento di Netflix, tornata con la prima parte della sua quinta e ultima stagione, offre nei quattro nuovi episodi un’epica chiaramente debitrice dello sconfinato citazionismo dei suoi autori. Ma è proprio in ciò, nella volontà esplicita dei fratelli Duffer di spingere lo spettatore a riconoscere i continui richiami cinematografici, che diventa possibile accostare gli adolescenti di Hawkins a quelli di Hogwarts. In un paragone tutt’altro che improprio.

Stranger Things e Harry Potter sviluppano universi narrativi incentrati su un rapporto profondo ed embrionale tra un giovane protagonista e “il Signore Oscuro”, due entità collegate e costrette a specchiarsi reciprocamente. Se il mondo di J. K. Rowling si colloca nel fantasy letterario, l’operazione di Stranger Things è diretta a far conoscere e a ridare rilevanza ad un certo cinema horror e fantascientifico degli anni ’80.

È difficile contate le innumerevoli citazioni usate dai Duffers nel corso delle cinque stagioni: Stand by Me, I Goonies, Alien, Terminator, Stargate, It, E.T., Star Wars e si potrebbe continuare ancora con una lista molto lunga. Nonostante, però, la distanza di genere e linguaggio, entrambe le opere costruiscono il trauma adolescenziale su un rapporto di dualità tra il cattivo e l’eroe-bambino.

Ciò che l’eroe teme di diventare

I parallelismi tra Stranger Things e Harry Potter parlano chiaro. Le visioni condivise tra Harry e Voldemort, quelle analoghe di Will con Vecna, non incarnano altro che un meccanismo tipico nel cinema basato sul viaggio dell’eroe, iper abusato da cinecomics vari e romanzi di formazione sci-fi.

Eroe e villain sono una nemesi fondamentale ed essenziale per la buona riuscita della storia e la fidelizzazione del pubblico. Senza Joker non ci sarebbe Batman, senza Dart Fener, Luke Skywalker. I due archetipi, il male contro il bene, sono nutriti da un’opposizione e da una stessa fascinazione per l’oscurità, nella quale l’eroe è attratto proprio per la rivalità adrenalinica con il cattivo della storia.

Questo binomio tra protagonista e antagonista emerge in precise scene di contatto psichico presenti in Stranger Thing e Harry Potter; nella seconda stagione Will disegna compulsivamente il sottosopra incapace di distinguere le sue percezioni da quelle del Mind Flayer, ne L’Ordine della Fenice Harry osserva l’attacco al signor Weasley attraverso gli occhi di Voldemort. Questi precisi momenti non sono “turning points” narrativi, ma rivelazioni intrecciate tra i due archetipi: eroe e villain.

Will e Vecna: trauma e ricongiungimento oscuro

Nell’ultimo capitolo della saga uscita dalla penna della Rowling, I Doni della Morte, Harry affronta Voldemort nella battaglia e nel Limbo di King’s Cross, osservando il residuo dell’anima del Signore Oscuro. Questo climax finale trova eco nella quinta stagione di Stranger Things, dove il legame tra Vecna e Will viene esplorato come parte decisiva del conflitto finale: da personaggio manipolato e sottomesso, il giovane protagonista assorbe il potere di Vecna diventando parte dell’oscurità del sottosopra che per cinque stagioni ha visto da spettatore inerme. Quindi il legame tra Will e il sottosopra si fonda su un imprinting traumatico; in Stranger Things 2 Will ha una crisi epilettica nel cortile della scuola, equivalente delle conseguenze ripetute della cicatrice di Harry Potter. Un marchio che funziona come “ponte psichico” analogo al residuo di Voldemort nell’anima dell’alterego di Daniel Radcliffe.

Il collegamento tra i due cult

In più la serie Netflix, così come la saga sul celebre mago, si occupa di indagare il passato e le origini piscologiche del villain. Le sequenze di Henry/Vecna bambino nella casa di Hawkins, riecheggiano le scene di Tom Riddle orfano nel collegio di Wool’s Orphanage. Due antagonisti cresciuti nell’isolamento, due ombre formate dal rifiuto. E il capitolo conclusivo di Stranger Things, nella sua prima parte, sembra proprio direzionarsi su un collegamento viscerale tra Will e Vecna proprio come accadeva da Harry e Voldemort.

Un centro emotivo che probabilmente ne sarà anche il cuore del conflitto finale della serie. Difatti, più che un semplice scontro tra eroe e antagonista, Stranger Things sembra orientarsi verso la rivelazione del legame psichico tra i due, proprio come è avvenuto nel finale di Harry Potter. Se quindi il mago di Hogwarts deve coabitare psicologicamente con la parte più oscura di Lord Voldermort, Will deve fare altrettanto con il rapporto contrapposto con Vecna. Un percorso di insidie e battaglie finali ma anche di maturazione che trasforma il trauma adolescenziale in forza consapevole.

Dualità iconografica e comunità

In entrambi gli ecosistemi universali di Stranger Things e Harry Potter, i simboli metafisici hanno una presenza quasi paradigmatica. La saga di Rowling usa serpenti, Horcrux, e specchi. La serie Netflix invece simboli corporei e atmosferici come la luce che si spegne, le lampadine che compulsano freneticamente, freddo improvviso, il tremore sulla nuca di Will.

Non solo analogie ma anche differenze. La comunità è il vero elemento di separazione tra Stranger Things e Harry Potter. Abbiamo la stessa “gang” tra i due cult ma con legami simili e dissimili. Il protagonista della saga cinematografica può sempre contare sul supporto di Ron e Hermione, ma davanti al pericolo e quindi a Voldemort, è da solo: l’eroe contro l’oscurità del villain e un destino amaro tendente al tragico che deve compiersi.

In Stranger Things Undici e Will, i veri contrasti ai cattivi stagionali, affrontano il pericolo assieme ai coetanei Mike, Dustin e Lucas, agli adulti Hopper e Joyce, e ai post-adolescenti Nancy, Jonathan, Steve e Robin. Una rete di supporto reale ed emotivo che in Harry Potter avviene raramente ad eccezione del finale della saga. Quindi mentre Harry deve difendere i legami, gli affetti che ha creato ad Hogwarts, nel cult di Netflix l’amicizia diventa protezione. Non solo supporto ma la vera arma per sconfiggere il male e salvare Hawkins.

L’eredità transmediale di Stranger Things e Harry Potter

Fin dalla fine del novecento, le industrie culturali hanno sempre visto franchise capaci di travalicare i confini del medium originario, dando vita ad universi transmediali con ricadute economiche e sociali a dir poco eccezionali. Ed entrambe le saghe, di Netflix e di Rowling, sono state capaci di creare mondi commercialmente possibili e infiniti, modellando logiche di mercato, strategie di distribuzione, modelli di engagement digitale, ed economie del fandom.

Il caso di Harry Potter, almeno dopo Star Wars di George Lucas, costituisce uno dei massimi esempi contemporanei in termini di espansione sistematica. Il passaggio dal romanzo al cinema e da quest’ultimo alla galassia del merchandise, ha ridefinito un modello di fruizione cinematografica della nuova era dei blockbusters, quella del periodo duemila. La saga del mago ha generato otto adattamenti cinematografici, uno spettacolo teatrale, parchi tematici, videogiochi, e un vastissimo merchandising derivante dai prodotti lifestyle e di collezionismo.

Il blockbuster moderno alla prova della galassia dei medium

Seguendo un processo analogo, Stranger Things ne rappresenta una novità; è il primo prodotto nato sulla piattaforma streaming a muoversi tra i diversi medium come un blockbuster a tutti gli effetti. Il successo della serie Netflix ha dimostrato almeno due cose. Lo streaming può generare fenomeni multimediali su scala globale, e creare innovative logiche di consumo (il binge-watching) che l’industria del cinema ha in parte replicato. E sebbene più giovane, la creatura dei Duffers è riuscita ad assumere un sistema transmediale più robusto dello stesso Harry Potter. L’immaginario anni ’80, su cui la serie Netflix si basa, ha alimentato un mastodontico effetto mediale; sono tornati in classifica artisti come Kate Bush e i Metallica, e create collaborazioni con aziende del calibro di H&M e Levi’s.

Un’espansione transmediale che ha toccato partnership con videogiochi come Fortnite ed esperienze immersive (Stranger Things : The Experience). Nel caso quindi del franchise seriale di Netflix, i mondi narrativi divengono molto più espandibili secondo logiche più rapide e cross-settoriali rispetto ai modelli novecenteschi. Stranger Things e Harry Potter non sono soltanto prodotti di intrattenimento ma vere e proprie infrastrutture culturali che hanno ridefinito il modo in cui le opere vengono create, distribuite, consumate e trasformate in miti contemporanei.

Will e Harry dimostrano come eroe e villain possano essere legati da un rapporto psicologico profondo, traumatico e speculare. Pur essendo diversi per linguaggi e riferimenti, Stranger Things e Harry Potter hanno da sempre costruito una profonda immedesimazione con il proprio pubblico, uno spettatore in continua formazione che cresce nel tempo assieme alle stagioni di Netflix e ai film della saga del mago di Hogwarts. Franchising transmediali entrati nel nostro immaginario pop, capaci di reimpostare il modo in cui le storie si espandono oltre il loro medium originario.

Stranger Things 5 Parte 1 – la nostra recensione

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