Si tratta della sua terza regia nell’universo di Predator, dopo Prey e lo spinoff animato Predator: Killer of Killers. Siamo anche al terzo capitolo dopo l’acquisizione di 20th Centuy Fox da parte di Disney ed è prodotto dalla stessa con Lawrence Gordon Productions, Davis Entertainment e Toberoff Entertainment.
Nel cast l’unico volto “umano” noto è di Elle Fanning a supporto del giovane protagonista Dimitrius Schuster-Koloamatangi (sotto strati di trucco da alieno yautja).
Predator: Badlands – la trama
Futuro imprecisato, ma sicuramente Duemila e un po’. Il giovane alieno yautja Dek ( Dimitrius Schuster-Koloamatangi) si allena duramente insieme al fratello Kwei per essere accettato dal suo clan. Il suo fisico esile impedisce il suo ingresso in società e si rende necessaria la caccia al kalisk, una micidiale creatura che abita le foreste dell’inospitale pianeta Genna. In questa avventura avrà l’inatteso supporto di Thia (Elle Fanning), un’androide della multinazionale terrestre Weiland-Yutani (quella della saga di Alien, recentemente vista in Alien: Pianeta Terra). L’insolita coppia dovrò farsi strada tra le insidie di Genna, ma non saranno soli…
Predator: Badlands – il trailer
E anche Predator è diventato disneyano, e non c’è niente di male
Un fenomeno che sta interessando tutte le IP assorbite da Disney nel corso degli anni è un ammorbimento delle loro asperità per adeguarle a un ecosistema di prodotti per famiglie. Per quanto riguarda la saga di Predator, tuttavia, lo sfruttamento Disney è cominciato con Prey, un film vietato ai minori ma con una storia di emancipazione femminile. L’armonizzazione di un tema progressista con gli elementi tipici della saga del conflitto tra prede e cacciatore. L’operazione fu decisamente ben accolta, nonostante un’uscita in streaming che ha limitato le potenzialità spettacolari del film. Anche in Predator: Badlandstroviamo temi insoliti per la saga, come l’accettazione di sé, l’antispecismo e la costruzione di un nucleo familiare non convenzionale. Cose da far storcere il naso ai puristi più miopi, per i quali il primo film era una parata di palestrati coi mitra e non il funerale dell’edonismo reaganiano. Per chi si aspettava il solito spartito, si troverà di fronte a un film fiero di essere un racconto d’avventura per ragazzi.
Una variazione sul tema rinfrescante e ben accetta.
Gli occhi non mentono. Sin dalle prime scene di Predator: Badlands si nota come per la prima volta venga conferita espressività allo sguardo degli yautja, che nelle uscite precedenti erano monocordi. Qui il focus non è più quello della preda ma del predatore, e inevitabilmente si cerca la tridimensionalità del cacciatore. A tratti, però, la società yautja sembra ricalcata su quella dei mandaloriani di Star Wars, in particolare nella ritualità legata all’equipaggiamento. E anche la strana coppia Dek e Thia non va distante da Mando e Grogu di The Mandalorian. Queste interferenze tra IP diverse di mamma Disney però fanno riflettere su come certi canovacci siano trapiantabili da fantascienze apparentemente lontanissime. Tuttavia, questo ingentilimento costituisce comunque una variazione sul tema ben accetta e coerente con la saga. La caratterizzazione del predator finora era sempre passata per la sua “sportività”, per cui gli scontri dovevano sempre avvenire ad armi pari o con prede in salute. Questa volta il cacciatore è decostruito e pronto a mettere in discussione sè stesso e il suo ruolo nell’universo. Predator: Badlands farà esplodere il fegato agli integralisti che vogliono sempre la stessa minestra e non un bel piatto cucinato nel wok-e.