Quindici anni dopo il suo debutto televisivo, Downton Abbey ha salutato il pubblico con Il gran finale, uscito nelle sale italiane l’11 settembre 2025. È stato un commiato atteso e struggente da una delle saghe più raffinate e popolari della serialità contemporanea, capace come poche altre di intrecciare vicende familiari e grandi mutamenti storici con grazia e misura.
Dalla serie ai primi due film
La storia di Downton Abbey è iniziata nel 2010 con una serie tv durata sei stagioni e impreziosita da cinque speciali natalizi. Grazie all’equilibrio tra eleganza formale e intrecci avvincenti, ha conquistato spettatori in tutto il mondo, diventando un punto di riferimento per la serialità in costume. Nel 2019 il racconto approda al cinema con Downton Abbey – Il film, centrato sulla visita della famiglia reale, un evento che aveva portato nuove tensioni tra aristocratici e servitù. Tre anni più tardi era arrivato Downton Abbey – Una nuova era (2022), che aveva spostato l’attenzione su una misteriosa eredità nel sud della Francia, sull’irruzione del cinema sonoro a Downton e soprattutto sulla malattia della Contessa Violet, preludio al necessario passaggio di testimone. I due capitoli cinematografici, insieme, avevano incassato quasi 300 milioni di dollari, confermando l’appeal universale della saga anche al di là del piccolo schermo.
Il gran finale – Un epilogo negli anni Trenta
Con Il gran finale, la vicenda si è spostata nei primi anni Trenta, un’epoca segnata dalla Grande Depressione e da profondi cambiamenti sociali. Al centro della vicenda Lady Mary, ormai custode della tenuta e del nome dei Crawley, chiamata a fronteggiare pressioni, aspettative e nuove sfide. Robert e Cora affrontano rivelazioni difficili, mentre il ritorno dell’eccentrico zio Harold dall’America riporta a galla segreti e verità dimenticate. Girato nella primavera del 2024 ad Highclere Castle, il film è stato presentato con un teaser trailer al Comic-Con di Las Vegas, alimentando le aspettative dei fan per quello che si è poi rivelato un vero capitolo conclusivo.
Perché Downton Abbey ha avuto tanto successo
Il fascino di Downton Abbey non è dipeso solo dalla cura estetica o dall’accuratezza storica, ma dalla sua capacità di accogliere lo spettatore come se fosse parte della famiglia. Episodio dopo episodio, film dopo film, ci si è sentiti ospiti della dimora, accolti con la stessa cortesia con cui i Crawley aprivano le porte ai loro visitatori.

La sceneggiatura, semplice e intrigante al tempo stesso, ha permesso di affezionarsi a ciascun personaggio, persino ai più scomodi, rivelando che dietro ogni difetto si nasconde sempre un tratto umano riconoscibile. La coralità del racconto, che mette in parallelo le vite dell’aristocrazia e della servitù, ha ampliato questo senso di familiarità, offrendo più voci e più modi di sentirsi “a casa”.
Ma il vero filo conduttore è la gentilezza. Non una gentilezza stucchevole, ma fatta di buone maniere, di rispetto e di cortesia anche nei momenti di conflitto. In un mondo televisivo e reale sempre più dominato da urla e contrapposizioni, Downton Abbey ha offerto un rifugio: un porto sicuro in cui ritrovare equilibrio ed eleganza. Guardarla significava chiudere fuori, almeno per un’ora, la frenesia della giornata e lasciarsi cullare da un racconto che unisce malinconia, humour e tenerezza.
Un’eredità che rimane
Con Il gran finale si è chiusa un’epopea, ma lo spirito di Downton Abbey continuerà a vivere. Per molti spettatori non è stata soltanto una serie tv o una saga cinematografica, ma un luogo dell’anima: un rifugio a cui tornare, una dimora che non giudica, che apre le sue porte con grazia e invita a condividere gioie e dolori di una famiglia straordinaria nella sua normalità.
Non è un caso che gli spettatori abbiano amato non solo i protagonisti, ma l’intero universo di Downton, perché tutti – dal lord al valletto, dal cuoco al maggiordomo – contribuiscono a creare quell’atmosfera di familiarità e rispetto reciproco che ci ha fatto sentire, platonicamente, parte di quella casa.
Ecco perché l’addio non è stato solo la conclusione di una storia, ma anche la nostalgia di un luogo narrativo che ci ha ospitati con generosità. Forse i Crawley hanno chiuso le porte della loro tenuta, ma per chi li ha seguiti rimarranno sempre lì, ad attendere un nostro ritorno.