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‘The Girlfriend’: non fidarti di tua madre, e neppure della tua ragazza

Una madre. Una fidanzata. Un figlio conteso. Sei episodi che costringono a scegliere da che parte stare, e subito dopo a cambiare idea. Robin Wright e Olivia Cooke guidano un gioco di specchi che brilla di lusso, ma profuma di veleno

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È una storia che sembra semplice. Una madre. Un figlio. Una nuova fidanzata che arriva e spezza l’equilibrio. E inizia il duello. Silenzioso, elegante, feroce. Stiamo parlando di The Girlfriend, la serie Prime Video in sei episodi ispirata al romanzo di Michelle Frances.

Robin Wright è Laura: elegante, glaciale, perfetta. E non solo attrice: anche regista. Olivia Cooke è Cherry: luminosa, fragile, pericolosa. Una contro l’altra. E non sai mai da che parte stare.

The Girlfriend: trama non originale ma piena di tensione

Laura (Robin Wright) è la madre che ha tutto: una carriera brillante, un marito devoto, un figlio adorato. Le cose vanno alla perfezione fino a quando non arriva Cherry (Olivia Cooke), la ragazza che il figlio Daniel (Laurie Davidson) porta a casa. Da quel momento la facciata perfetta inizia a incrinarsi. Laura sospetta che Cherry non sia chi afferma di essere. La tensione cresce e ribalta le prospettive.

Sin dal primo episodio si nota che l’intreccio non è originale: una madre possessiva che lotta contro la nuova fidanzata del figlio che sconvolge gli equilibri familiari. Tutto già visto. Eppure The Girlfriend cattura lo spettatore grazie al ritmo ben dosato e alle atmosfere lussuose che nascondono le crepe. Il vero motore del racconto è il gioco di prospettive: prima Laura, poi Cherry, poi di nuovo Laura. Episodio dopo episodio, la serie costringe a chiedersi: chi sta vedendo tutto distorto? È proprio questa scelta registica a distinguere The Girlfriend da tanti thriller: la tensione è il fine, non il mezzo.

Estetica curata e personaggi ambigui

La serie è patinata. Case immense, perfette, fredde. Gallerie d’arte e ville lussuose. Un’estetica che non cerca realismo, ma atmosfera. Luce e ombra convivono, come i personaggi. I contrasti sono molto efficaci: Cherry nei suoi mondi modesti, Laura nelle sue stanze perfette. Ogni episodio ribalta la prospettiva. Prima stai con Laura. Poi con Cherry. Poi di nuovo con Laura. È un gioco di specchi. Ti perdi. Ma è questo il punto. Robin Wright, meravigliosa e glaciale nei panni di Laura, è perfetta. Ogni suo gesto è calcolato, preciso, elegante. Olivia Cooke, invece, è piena di ambiguità: conquista e allo stesso tempo mette a disagio. Insieme creano una tensione che non esplode mai davvero. Resta lì, come una corda tirata troppo forte. Ed è proprio questo a rendere la serie accattivante.

Ci sono momenti in cui esagera. Scene forzate e qualche tensione che scivola nel melodramma. Ma non importa perché The Girlfriend non vuole realismo. Vuole solo far sentire in bilico. Così come il finale che non chiude. Non consola. Lascia sospesi, con il dubbio che non se ne andrà. Non si sa chi ha vinto. Chi ha perso. Solo che la perfezione non esiste e che l’amore, a volte, può diventare veleno.

Cosa ricorda?

Guardando The Girlfriend sembra di aver già visto qualcosa di simile. Probabilmente perché la serie si rifà ad altri thriller psicologici. C’è un po’ di Big Little Lies: le case immense, perfette, da rivista. L’alta borghesia che diventa una gabbia, lucida all’esterno ma piena di crepe all’interno. C’è molto di The Undoing. Anche qui, come nella serie con Nicole Kidman, lo spettatore oscilla: un momento è certo di sapere chi mente, un attimo dopo non è più sicuro di niente. E poi c’è Gone Girl: due donne, due maschere, due verità che si contraddicono. Olivia Cooke sembra perfetta per ereditare quell’ambiguità: fragile, luminosa, ma capace di diventare inquietante con un solo sguardo. Anche se la serie non raggiunge la cattiveria del film di David Fincher, vi si avvicina molto.

Il trailer della serie The Girlfriend

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