Sole Luna Doc Film Festival

‘Ciao bambina’, un’intima testimonianza sulla transizione di genere

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Più di 242mila spettatori, 150 workshop per filmmakers, 15mila documentari in archivio.

Sono questi i numeri eccezionali che accompagnano l’apertura della nuova edizione del Sole Luna Doc Film Festival, in programma a Palermo dal 15 al 21 settembre 2025. Numeri che testimoniano il successo di una manifestazione ormai giunta al ventesimo anno grazie all’impegno di ‘Sole Luna – Un ponte tra culture’, associazione nata con lo scopo di dar vita a processi di amicizia e interscambio tra popoli “nella profonda convinzione che la conoscenza reciproca sia il naturale ponte di trasmissione di valori positivi”.

Un nobile intento, questo, che trova il suo plastico conseguimento con la presenza alla kermesse siciliana di Ciao bambina (2023), corto documentario spagnolo della durata di 18 minuti. L’opera, prodotta da Potenza Producciones in collaborazione con Apoyo Positivo, si inserisce in un progetto più ampio che comprende anche il lungometraggio This body of mine (Este cuerpo mio). Entrambi i lavori portano la firma di Afioco Gnecco e Carolina Yuste.

Un delicato racconto sulla transizione di genere

Ciao bambina, candidato ai Premi Goya 2025 e vincitore della Biznaga de Plata al 27º Festival di Malaga, racconta del percorso di transizione di genere affrontato dallo stesso Gnecco.

Si tratta di un passaggio per nulla semplice, costellato di dolori, paure e speranze, in cui è fondamentale la presenza di Yuste, qui non soltanto nei panni di co-regista (nonché di co-sceneggiatrice assieme a Raquel Zas), ma anche e soprattutto in quelli di amica, confidente e punto di sostegno.

È lei, con una piccola camera a mano, a raccogliere la testimonianza del nostro protagonista durante questo suo delicato, intimo processo di cambiamento. Un processo in cui passato, presente e futuro tornano a dialogare all’insegna di una riconciliazione con sé, con quella Raffaela “Rafi” che era il nome che definiva la passata identità esteriore di Afioco.

È in un’affettuosa, pacificatoria e immaginaria lettera rivolta a quest’ultima che Gnecco ripercorre il suo faticoso cammino. Una parabola fatta non soltanto di conflitti interiori, incomprensioni e frustrazioni, ma anche di tanta forza e coraggio per affermare se stesso, per conquistare quell’agognato “metro quadrato di felicità” a cui ognuno ha diritto. Uno spazio piccolo ma vitale, un punto di arrivo e ripartenza da dove tuffarsi per rinascere in quel mare dinanzi al quale il racconto si apre e si chiude, come in un abbraccio. Lo stesso con cui l’intera troupe, assieme alla stessa Yuste, si stringe intorno al nostro protagonista in un momento di sconforto.

L’importanza dell’amicizia e della solidarietà

È dunque in tal senso che Ciao bambina finisce per assumere i contorni di un racconto sul valore dell’amicizia e della solidarietà; sull’importanza di non lasciare soli coloro che affrontano momenti delicati, ma di sostenerli nel loro tragitto.

Perché – citando il poeta John Donne – “nessun uomo è un’isola”.

Ed è proprio in ciò che consiste il valore aggiunto di un intenso cortometraggio che, incrociando realismo e poesia, empatia e ironia, rifiuta decisamente di scivolare nel dramma tout-court per aprirsi a un orizzonte intriso d’ottimismo.

Un’opera necessaria 

Un orizzonte grazie al quale Ciao bambina, rispondendo felicemente all’esigenza di superare una volta per tutte ogni forma di pregiudizio sulle persone transgender, si pone, non soltanto sotto l’aspetto puramente cinematografico, ma anche sotto quello socio-culturale, come opera necessaria.

“A te che sei perfetto.”

“A quelli che cercano il proprio metro quadrato di pace.”

“A coloro che aprono la strada e sostengono.”

 

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