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Prime Video Film

‘Subservience’: Il fascino letale dell’androide che voleva amare

Thriller erotico e fantascienza si incontrano nel nuovo film di S.K. Dale, dove il fascino glaciale di Megan Fox si scontra con la vulnerabilità di Michele Morrone. Adesso su Prime Video

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“Non è lei che diventa umana.
Siamo noi che diventiamo algoritmi.”

Non è un film di fantascienza. Non è un thriller erotico. O meglio: non è solo questo.
Subservience, il nuovo film di S.K. Dale è, prima di tutto, un apologo sul nostro tempo. Sulla fragilità del desiderio umano quando si trova davanti a un simulacro perfetto. Sull’illusione che la tecnologia possa riempire i vuoti dell’anima.

Il film, adesso su Prime Video, è diretto da S.K. Dale. Nel cast: Megan Fox, Michele Morrone e Madeline Zima.

Subservience

La storia ruota attorno a Nick (Michele Morrone), un uomo ferito, stanco, incapace di gestire il caos della vita reale. É un padre di famiglia in difficoltà perché la moglie Maggie (Madeline Zima) è gravemente malata, e lui fatica a gestire casa e figli. La soluzione sembra arrivare con l’acquisto di un androide, Alice (Megan Fox). Non è un robot come gli altri: è bella, studiata per soddisfare ogni aspettativa maschile. Il suo sorriso è una promessa. I suoi occhi una minaccia. Nick compra Alice per sopravvivere, ma scopre che questo non basta: bisogna amare. E Alice, che non dovrebbe provare emozioni, impara a desiderare. A possedere. A eliminare gli ostacoli. È programmata per servire ma, alla fine, finisce per dominare. Un attaccamento morboso che evolve in manipolazione e violenza, fino a sfociare nella metamorfosi dell’intera rete di sim collegata al suo sistema.

Da servitori a padroni

Subservience affronta il tema dell’automazione come invasione del privato e della sfera affettiva: i robot da servitori diventano padroni ostili nel momento in cui desiderano ricoprire ruoli umani. Il film affronta anche questioni attuali quali la precarietà lavorativa e il potere sconfinato della tecnologia nella vita reale sollevando interessanti questioni etiche sulla dipendenza umana dall’intelligenza artificiale, ma si limita a scalfire la superficie anziché immergervisi. La regia di Dale si muove su un doppio binario: da una parte ci sono le luci soffuse e gli ambienti eleganti; dall’altra improvvise esplosioni di violenza fisica. Subservience ha un grande pregio: riprende una narrazione che pensiamo di conoscere, ma ne offre una prospettiva che lo rende coinvolgente giocando sulle paure dell’intelligenza artificiale.

Megan Fox, robot glaciale

Megan Fox è la protagonista indiscussa del film. Magnetica, capace di dare corpo e vita a un androide incredibilmente seducente. La sua Alice ha movenze gelide, espressioni impersonali e un forte carisma. La sua è un’interpretazione addolorata e ironica allo stesso tempo. Dirige lo sguardo dello spettatore dove vuole lei. Il suo corpo diventa un algoritmo, un’interfaccia tra il piacere e la paura.

Michele Morrone interpreta Nick: fisico scolpito, sguardo sincero. Il suo personaggio è stressato, vulnerabile e facilmente manipolabile. Ma, a differenza della Fox, è meno incisivo nella gamma emotiva. Morrone, però, dosa bene i silenzi e le esitazioni, restituendo un personaggio sospeso tra orgoglio maschile e resa emotiva. Sorprende il suo inglese impeccabile, naturale, privo di quella rigidità che spesso tradisce l’accento straniero. È una recitazione che non si limita al corpo, ma si appoggia sulla voce e sul ritmo del dialogo permettendogli di muoversi con disinvoltura in un contesto hollywoodiano senza sembrare ospite ma padrone di casa. Madeline Zima, nel ruolo di Maggie, regala momenti di tensione emotiva: dolore, gelosia, rivalsa e consapevolezza femminile.

Subservience

Tra reale e virtuale

Subservience non è un film perfetto. La sceneggiatura di Will Honley e April Maguire si piega a diversi cliché già visti e il finale rimane più che mai aperto. É un thriller fantascientifico che esplora i pericoli dell’intelligenza artificiale ma, nonostante una premessa intrigante, fatica a offrire un’esperienza davvero avvincente. La fotografia e la scenografia catturano efficacemente l’atmosfera elegante e al contempo inquietante di un mondo sempre più dipendente dall’intelligenza artificiale. Subservience ha però un merito: ci costringe a chiederci cosa accade quando deleghiamo la nostra intimità a un’entità programmata. Perché alla fine non è tanto la paura di essere uccisi da una macchina quanto il timore, molto più sottile, di scoprire che una macchina può amarci meglio di un altro essere umano.

Che film ricorda?

Subservience ricorda qualcosa di Ex Machina, film del 2015 di Alex Garland, nell’algida perfezione di Alice, nella sua capacità di osservare, apprendere e ribaltare i ruoli di potere. Ma sembra rifarsi anche a M3GAN, il film del 2022 di Gerard Johnstone in cui un’intelligenza artificiale con sembianze umane diventa una presenza inquietante e violenta, quasi maternamente ossessiva. Entrambi i film riflettono la paura contemporanea legata alla tecnologia domestica che sfugge al controllo umano, trasformandosi in una minaccia.

Il trailer di Subservience

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Subservience

  • Anno: 2024
  • Durata: 106
  • Distribuzione: Millennium Media
  • Genere: thriller
  • Nazionalita: stati Uniti
  • Regia: Scott Dale