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Kat, Bianca e una poesia: l’eredità di ‘Le 10 cose che odio di te’

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Cosa rende davvero iconico un teen movie? È solo la storia d’amore? Le frasi diventate cult? O la capacità di parlare di adolescenza senza edulcorarla? Le 10 cose che odio di te (1999) di Gil Junger possiede un po’ di tutto. Una trama che intreccia Shakespeare e high school drama, personaggi che sembrano cliché ma vanno oltre, e una protagonista che ancora oggi divide e al contempo affascina.

La storia la conosciamo: Cameron (Joseph Gordon-Levitt) si innamora della dolce Bianca (Larisa Romanovna Oleynik), ma per uscire con lei deve prima trovare qualcuno disposto a frequentare la sorella maggiore Kat (Julia Stiles), ribelle e allergica alle regole. Entra così in scena Patrick Verona (Heath Ledger), con il suo sorriso da cattivo ragazzo e una missione segreta. A fare da cornice ci sono Joey, il belloccio piatto e arrogante, Walter, il padre iperprotettivo che vieta alle figlie ogni appuntamento e infine Michael, la spalla di Cameron. Una commedia degli equivoci che in superficie risulta leggera, eppure scava su identità, popolarità e aspettative sociali.

Kat Stratford: ribelle, archetipo e contraddizione vivente

È la ragazza che legge Sylvia Plath, che non si piega alle mode, che sembra immune al giudizio. È l’archetipo della ribelle femminista? In parte sì. Ma Kat è molto più complessa: è un personaggio che racchiude un conflitto junghiano tra Persona e Ombra. La Persona rappresenta ciò che mostriamo al mondo, è l’armatura sarcastica, l’indipendenza ostentata, il rifiuto delle regole. Mentre l’Ombra è la paura di farsi ferire, il trauma non detto, la vulnerabilità che si intravede solo a tratti, soprattutto verso l’atto finale.

“Perché dovrei vivere secondo le aspettative degli altri invece che con le mie?”

È con questa frase che Kat chiude il suo primo cerchio, per poi entrare in quello più fragile. Abbandona dunque in parte la persona che aveva creato, per abbracciare la sua paura più grande.

Gil Junger, il regista, la raccontava così:

“Non potevo accettare Kat solo come arrogante. Dovevo capire perché era così. È lì che il personaggio è diventato vero.”

Julia Stiles aggiungeva:

“Kat non è un modello perfetto. È arrabbiata, spaventata e per questo reale.”

Ed è in questa contraddizione che Kat funziona. È una giovane donna che prova a costruirsi un’identità in un mondo che la vuole definire. È l’archetipo dell’eroina che implode: non quella che salva tutti, ma quella che impara a permettersi la fragilità. Nel celebre monologo finale, quando legge la poesia delle “dieci cose”, l’armatura cade. E quel pianto non è solo per Patrick: è per sé stessa. È il momento in cui Persona e Ombra si toccano, in cui il controllo cede all’autenticità.

Un liceo come laboratorio emotivo tra divieti, desideri e specchi familiari

Quanto conta davvero essere popolare quando non hai nemmeno la possibilità di scegliere? Bianca Stratford è la reginetta della scuola, ma una reginetta sotto vetro: il padre non le permette di uscire, di frequentare ragazzi, di vivere. È proprio questo divieto che alimenta la curiosità del proibito. Quante volte, nella dinamica tra genitori e figli, il non puoi diventa più potente di qualsiasi desiderio naturale? E quando finalmente quella porta si apre, quando l’impedimento cade, cosa scopri? Che forse non era poi così luccicante come l’avevi immaginato.

Bianca corre verso Joey, il classico donnaiolo, non perché non veda chi è davvero, ma perché rappresenta il sogno vietato, l’oggetto simbolico di libertà. Cameron, invece, è l’opposto: il bravo ragazzo che crede in lei, che la vede per ciò che è e non per l’immagine che deve mantenere. È un triangolo che sembra un cliché, ma dentro ci mette una dinamica molto reale: quanto scegliamo davvero ciò che vogliamo e quanto, invece, inseguiamo solo ciò che ci è stato negato?

E poi c’è Kat. Lei che non vuole essere come il padre, e invece, ne diventa un riflesso. Per paura, per rabbia, per voler proteggere Bianca finisce per imprigionarla nello stesso modo. È davvero protezione privare qualcuno delle esperienze? O è solo un modo per non confrontarsi con le proprie paure? Il film mette in scena questa catena invisibile: un padre che, per eccesso di zelo, chiude due figlie in una gabbia. Una sorella che, per difendere, costruisce un’altra gabbia ancora. E una Bianca che può crescere solo quando riesce finalmente a uscire, a sbagliare per poi imparare. È lì che smette di inseguire l’apparenza e scopre cosa conta davvero.

Curiosità e cult fuori dallo schermo

Il set di Le 10 cose che odio di te fu descritto dal regista Gil Junger come un campo estivo. Il cast giovane viveva nello stesso hotel durante le riprese a Washington e, tra una scena e l’altra, usciva insieme ogni sera. Julia Stiles ha girato la scena del famoso ballo sul tavolo in un’unica settimana: nei momenti di pausa, cast e troupe andavano a fare sci d’acqua nella baia dietro la villa delle riprese.

E se Larisa Oleynik è diventata indimenticabile come Bianca, inizialmente aveva fatto il provino per Kat. Alla fine fu scelta per la sorella minore perché, come disse il regista.

“era perfetta per incarnare quell’innocenza che poi deve crescere”

C’è anche una piccola curiosità che ha alimentato la leggenda: Andrew Keegan, l’attore che interpreta Joey, anni dopo è finito in titoli che lo definivano “leader di una setta”. La realtà? Molto meno sensazionale: un gruppo spirituale che gestiva un ex tempio.

“Era una community, non un culto. È stata una bella esperienza.”

Shakespeare e l’adolescenza: dalla “bisbetica” all’icona

Le 10 cose che odio di te è un adattamento libero de La bisbetica domata. Ma è molto più di una traduzione in chiave high school: è una reinvenzione che prende la commedia di Shakespeare e la trasforma in un rito di passaggio adolescenziale. Non a caso molte frasi del film sono diventate cult, come inni generazionali. La scena del poema di Julia Stiles resta una delle più potenti del teen cinema. Gil Junger ricordava:

“Era il primo take. Non l’ho mai più girato. È uno dei momenti più magici della mia carriera.”

Il film ha avuto un impatto culturale enorme: ha lanciato Heath Ledger e Julia Stiles, ha ridefinito i teen movie anni ’90 e ancora oggi è studiato per il suo equilibrio tra commedia e introspezione.

Il film è presente su Disney+.

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