Su Paramount+, il ritorno del killer più amato della TV. Più che rinascere, Dexter si disseziona. Nessuna redenzione, solo fantasmi. Il padre uccide, il figlio lo imita. Un dramma edipico travestito da crime: inquieto, imperfetto, ma necessario. Dexter è più vivo che mai.
«L’orrore, stavolta, è nella consapevolezza che ogni eredità può essere una catena, se non si sceglie di spezzarla.»
Certe icone non muoiono mai. Semplicemente scompaiono in un bosco innevato per poi riemergere, anni dopo, in una Manhattan cupa e alienata. E così, Dexter Morgan torna. E lo fa con la nuova miniserie Dexter Resurrection, targata Paramount+, con un obiettivo ambizioso: chiudere il cerchio, ma anche rilanciarlo. E nel farlo, finisce per essere il perfetto sequel che aspettavamo da tempo: discontinuo, torbido, autoreferenziale, eppure ipnotico.
Dexter Resurrection : Da New Blood a Resurrection
Il precedente Dexter: New Blood aveva lasciato una ferita. Un figlio con la pistola, un padre che implora di morire, e uno spettatore inerme che assiste. La nuova serie non ignora questo trauma, anzi, ci si tuffa dentro.
La prima immagine è infatti quella di Dexter in coma. Dieci settimane dopo il colpo che avrebbe potuto spegnere il suo cuore oscuro, e con esso l’oscuro passeggero, Dexter Morgan riprende vita in un letto d’ospedale. Ma il vero risveglio comincia già dentro di lui: è una danza onirica dove emergono figure del suo passato– Trinity Killer, Arthur Mitchell, Miguel Prado, Harry Morgan e Doakes – pronte a tormentarlo con la domanda più semplice e devastante: “Tuo figlio ti ha sparato. Chi sei diventato ora?”.
Sono proprio loro a ricordargli che la resurrezione è anche una condanna morale. E l’ormai ex analista forense rimane inerme, in quel letto, mentre il giovane Harrison Morgan, già preda di istinti oscuri e in fuga da Miami, trova rifugio a New York come concierge d’albergo. Apparentemente stabile ed empatico, cova dentro una violenza inespressa. E quando assiste all’aggressione di una cliente, agisce. E lo fa seguendo il vecchio codice paterno. Emerge così una verità brutale: l’eredità del padre bussa. E l’oscillazione tra luce e ombra diventa il vero cuore pulsante della nuova serie.
Dexter si avvicina al suo ventesimo anno riportando in vita il suo omonimo antieroe. Più che un sequel, Dexter Resurrection appare subito un’evoluzione. Non si tratta più solo di nascondere cadaveri, ma di comprendere se il male si eredita, si apprende, o si sceglie. Il tema cruciale è infatti il confronto tra padre e figlio: da una parte un Dexter respinto e in cerca di comprensione, dall’altra il figlio Harrison spaventato ma deciso a diventare qualcosa di diverso. Sullo sfondo di una New York che diventa palco urbano di redenzione, il disegno si infittisce e rivela il grande dilemma: è meglio proteggere o liberare?
Tra vecchi e nuovi personaggi
La serie introduce subito nuovi personaggi: Charley, una meravigliosa Uma Thurman che ricorda tanto la spitata assassina di Kill Bill, guardiana di un oscuro miliardario interpretato da Peter Dinklage; la detective Claudette Wallace (Kadia Saraf) che darà del filo da torcere ai Morgan, e una comunità di immigrati che porta la storia oltre Miami. Ma ci sono anche personaggi del passato. David Zayas torna nei panni di Angel Batista, vecchio collega di Dexter al dipartimento di polizia di Miami. Adesso guardingo e meno cordiale, probabilmente perché ha capito che il suo amico potrebbe aver avuto una buona ragione per inscenare la propria morte. E non può mancare James Remar, di nuovo nelle vesti di Harry, il padre defunto di Morgan, sempre pronto a dispensare consigli sul Codice.
E poi c’è Dexter: Michael C. Hall che torna in scena con una fisicità spettrale, consumata. È meno brillante, più afflitto. Ma è proprio questo a renderlo straordinario: interpreta non il personaggio, ma la memoria del personaggio. Incarna un uomo che ha perso la centralità narrativa: la voce fuori campo è più flebile, la presenza fisica più solida. Ne emerge una figura che sopravvive a se stessa, più spettro che carne. Non è più Dexter. È ciò che resta di Dexter dopo l’agonia del mito. La sua è una performance piena di ambiguità.
Nostalgia, silenzi e nuovi serial killer
Dexter Resurrection fa il pieno di nostalgia riformulando la propria mitologia e spostando il baricentro narrativo. Ci sono idee splendide, sequenze visionarie (come il dialogo tra Dexter di oggi e quello del passato), e nuovi assassini. Nei primi due episodi, la serie costruisce un doppio filo narrativo: Dexter segue Harrison e lo anticipa, ma gli resta distante; Harrison porta dentro il codice non ancora metabolizzato. E poi i sensi di colpa, le promesse non mantenute, gli omicidi: c’è tutto questo nei flashback con Harry, nei riflessi degli specchi nei corridoi dell’hotel, nelle scene in cui Harrison si guarda allo specchio collassando. Il codice è ormai il vero rapporto padre-figlio.
In definitiva, Dexter: Resurrection non cambia il gioco ma lo riaccende: un revival che non reinventa il personaggio ma gli dà un nuovo paesaggio in cui combattere. È avvincente, solido, folgorante. É un ritorno carico di emozione.